Gianfranco Miglio: “San Tommaso è senza eredi”

di Matteo Castagna

MIGLIO PARLAVA DELLA NECESSITÀ DI UNA COMUNITÀ INTERNAZIONALE CHE FOSSE IL PRODOTTO PIÙ ALTO DELLA CIVILTÀ GIURIDICA EUROPEA 

Il professor Gianfranco Miglio fu uno dei più grandi intellettuali del Novecento, che al realismo dell’accademico politico aggiungeva un pizzico di sogno utopistico, perché sperava di smuovere le coscienze e creare un modello cui le generazioni più giovani potessero riferirsi.

Ad oggi, probabilmente, l’oblio che circonda i suoi studi e le sue teorie geopolitiche è figlio del decadentismo moderno, che non ha tempo di cogliere le migliori intuizioni degli uomini migliori, perché fiaccato in un nichilismo che sfocia solo in distopia e volgarità, omologazione e sottopensiero di retroguardia.

Il 22 febbraio del 1991 Gianfranco Miglio scrisse un articolo su “Il Sole 24 Ore” (p.4) dal titolo: “San Tommaso senza eredi”. Dopo un sintetico excursus storico, Miglio parlava della necessità di una comunità internazionale che fosse il prodotto più alto della civiltà giuridica europea, mentre Carl Schmitt ne temeva fortemente la morte, e del Cristianesimo come “anima” dell’Occidente.

“Toccò a San Tommaso d’Aquino – proseguiva Miglio – fondare il moderno jus inter gentes (quelle mirabili “questioni” della Summa Theologica sulla guerra e sulla rappresaglia) e soprattutto disegnare la nuova comunità internazionale come organismo che si autoregola, servendosi soltanto delle norme giuridiche pattuite e accettate, senza attendere le sentenze (e le sanzioni) di un impossibile giudice supremo. Sono gli stessi membri della comunità che (sostenuti dalla prevalente opinione pubblica internazionale) diventano interpreti e restauratori dell’ordinamento violato”.

Quasi profeticamente, il politologo e costituzionalista comasco continuò la sua riflessione così: “L’ONU è senza dubbio una istituzione imperfetta e viziata da molte ingenuità […]. Quasi 33 anni fa incalzava, sul quotidiano di Confindustria: “Coloro i quali non amano gli Stati Uniti, possono consolarsi: l’egemonia di quelli, presto o tardi, tramonterà (…) perché l’assetto “multipolare” implica la rotazione di egemonie temporanee (come nella vita politica “interna”).

Osservava, acutamente, che il Cristianesimo di San Tommaso “è diventato universale soltanto quando, con Paolo di Tarso, (…) i credenti hanno acquisito, dentro le classi e i popoli più evoluti, udienza e ruolo: e solo poi di riflesso i “diseredati”. La Santa Sede fa benissimo ad ammonire: “Negoziate, non fatevi la guerra!”.

Ma se il negoziato non giunge a una conclusione, l’osservanza dei patti stipulati ha bisogno della forza che la garantisca: non può essere affidata agli eventuali buoni sentimenti. Il tratto più realistico del Cristianesimo sta nell’aver riconosciuto che l’uomo può essere peccatore e che chi protegge i giusti “non senza ragione porta la spada” (Paolo, Rom.13,4)”.

Effettivamente, S. Tommaso d’Aquino (1225-1274) sosteneva, nelle “Questioni disputate”, che fanno parte del suo insegnamento universitario a Parigi, che “non esiste un male che corrompa totalmente il bene; poiché almeno il soggetto in cui il male risiede è un bene”, rigettando completamente le convinzioni dei manichei. Il Prof. Umberto Galeazzi, ordinario di storia e filosofia all’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, riassume così la dottrina dell’aquinate:

“Le “Questioni disputate” affrontano il problema ineludibile dell’esistenza del male e il suo rapporto con l’esistenza di Dio. Come può convivere il male con Dio? Già S. Agostino aveva dato una risposta: Dio non è autore del male, ma ci vuole liberi di scegliere tra il bene e il male. S. Tommaso ritiene che il male sia una privazione del bene, ma l’uomo veramente libero è colui che si assume la responsabilità di discernere e di scegliere. E’ ciò che lo differenzia dall’animale”. Lo studio della realtà, mondata dalla propaganda, aiuta a comprendere e a schierarsi, nel solco della tradizione teorica e pratica della Scolastica, per poter giungere ad una conclusione cristiana, relativamente a dove si trovi, oggi, il maggior bene nella geopolitica che sta riequilibrando il mondo.

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