A sinistra il pensiero politico è “intrinsecamente perverso”

di Matteo Castagna

PERCHÉ LA VERITÀ STA SOLO A “DESTRA”?

Adriano Romualdi (1940-1973), che andrebbe studiato e rivalutato, ha fornito delle interessanti riflessioni in merito “ad una cultura per l’Europa”, titolo di uno dei suoi libri, edito da “Settimo Sigillo” (Roma, 2012). L’omologazione su alcuni principi fondamentali di certa “destra” con certa sinistra, in particolar modo sull’ egualitarismo, sullla verità oggettiva, sui temi etici, derivanti da una lunghissima tradizione di precetti religiosi cattolici, annulla il weltanshauung (visione del mondo) dell’uomo di destra, che diventa un’ibrida brutta copia dell’ideale, sottomessa all’avversario democratico, sovvertitore dell’ordine, del diritto naturale, dell’identità e della normalità, intesa come adeguamento alla consuetudine storica e morale della Nazione.

Julius Evola (1898-1974) stimava molto il giovane Romualdi, che lo andava a trovare a casa e si confrontava sulle idee. Entrambi avevano lo stesso approccio nel rispondere alla domanda: che cosa dignifica “essere di destra”?

Romualdi risponde in modo molto simile ad Evola: “…in primo luogo significa riconoscere il carattere sovvertitore dei movimenti scaturiti dalla rivoluzione francese, siano essi il liberalismo, o la democrazia (degenerata nella negazione della verità oggettiva, n.d.r.) o il socialismo”. E poi continua: “essere di destra significa, in secondo luogo, vedere la natura decadente dei miti razionalistici, progressistici, materialistici, che preparano l’avvento della civiltà plebea, il regno della quantità, la tirannia delle masse anonime e mostruose”.

“Esser di destra significa in terzo luogo concepire lo Stato come una totalità organica, dove i valori politici predominano sulle strutture economiche e dove il “detto” a ciascuno il “suo” non significa uguaglianza, ma equa disuguaglianza qualitativa”. “Infine, esser di destra significa accettare come propria quella spiritualità aristocratica, religiosa e guerriera che ha improntato di sé la civiltà europea, e – in nome di questa spiritualità e dei suoi valori – accettare la lotta contro la decadenza dell’Europa”.

Julius Evola amplia l’analisi nel testo: “Gli uomini e le rovine” (Ed. Mediterranee, Roma, 1967-2001, pag. 61-69) ove tratta di Rivoluzione, Controrivoluzione e Tradizione. Il male assoluto è radicato nella sovversione, determinata in Europa dalle rivoluzioni dell ’89 e del ’48. “Il male va riconosciuto in tutte le forme e i gradi (…) per cui il problema fondamentale è di stabilire se esistono ancora uomini capaci di respingere tutte le ideologie, tutte le formazioni politiche e partitiche che comunque, direttamente o indirettamente, derivano da quelle idee.Il che vale a dire tutto il mondo che va dal liberalismo al democraticismo, fino al marxismo e al comunismo. (…) Di rigore, la parola d’ordine potrebbe essere dunque “controrivoluzione” “. Ma la sovversione si è stabilita da molto tempo nella gran parte delle Istituzioni vigenti e, quindi, l’uomo di “destra” deve rappresentare la “reazione, che da tempo, gli ambienti di sinistra hanno fatto sinonimo di ogni nequizia e di ogni infamia ed essi non perdono nessuna occasione per stigmatizzare con questo termine tutti coloro che non si prestano al loro gioco, che non seguono la corrente, ciò che per loro sarebbe il “senso della storia””.

Evola prosegue l’analisi affermando che “se questo da parte loro è naturale, non lo è affatto il complesso di angoscia che spesso la parola (reazione, n.d.r.) suscita, a causa di una mancanza di coraggio politico, intellettuale e potremmo dire anche fisico, perfino negli esponenti di una presunta Destra o di una “opposizione nazionale”, i quali non appena si sentono tacciare di “reazionari” protestano, si scagionano, si mettono a dimostrare che le cose stanno altrimenti.

Perciò, secondo Evola, doveva “nascere un nuovo “schieramento radicale”, con frontiere rigorose fra l’amico e il nemico”. E, a questo punto, il ragionamento si fa, addirittura profetico: “Se la partita non è ancora chiusa, l’avvenire non sarà di chi indulge alle idee ibride e sfaldate oggi predominanti, negli stessi ambienti che non si dicono certo di sinistra, bensì di chi avrà, appunto, il coraggio del radicalismo – quello delle “negazioni assolute” o delle “affermazioni sovrane”, per usare le parole di Juan Donoso Cortès.

(…) Joseph “De Maistre” rilevò che ciò di cui si tratta, più che “controrivoluzione” in senso stretto e polemico, è “il contrario di una rivoluzione”, ossia un’azione positiva, che si rifà sempre alle origini”. Evola si riferisce alle tradizioni, per cui l’uomo che “riconosce l’esistenza di principi immutabili per ogni ordine vero, e fermo in essi, non si lascia trasportare dagli eventi, non crede alla “storia” e al “progresso” quali misteriose sovraordinate entità, s’intende a dominare le forze dell’ambiente e a ricondurle a forme superiori e stabili. Aderire alla realtà, per il tradizionalista significa questo”.

Poiché la realtà è verità, possiamo concludere con San Tommaso d’Aquino, il quale, ne “Le Quaestiones disputatae de veritate” sostiene che la verità è connessa all’essere, anzi coincide con l’essere stesso: l’ens e il verum sono reciprocamente convertibili; dalle questioni, condotte secondo il metodo dialettico del sic et non, emerge, quindi, la dottrina classica della verità come adeguazione della mente umana alla cosa conosciuta in quanto realmente esistente.

A sinistra, il pensiero è totalmente contrario, e “intrinsecamente perverso”, come ebbe a rilevare Papa Leone XIII. E’ l’uomo che crea la realtà e ciascuno è totalmente libero di credere a presunte verità soggettive, tanto quanto chiamare diritti i desideri e confondere il male col bene, negando il principio di non contraddizione e identità. In questa fluidità, tutto può essere e non essere, in stile distopico, senza bisogno, ogni volta, di realtà tangibili, che ciascuno può inventare come gli pare e piace, nella pseudo-felicità umanitarista, egualitarista, mondialista, globalista, materialista, tecnicista, violenta, intollerante, zeppa d’odio verso i “reazionari” e sessuomane, appiattita sugli interessi del grande Capitale, che, per i liberal di oggi non è più così brutto e cattivo, come insegnava Karl Marx…

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Gesù MiSE le pecore alla sua destra
e i capri alla sinistra.
È forse da allora, che si lamentano