Il digiuno per i Cattolici e gli Ortodossi
di Giuliva di Berardino
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PER I CATTOLICI DIGIUNO E ASTINENZA SONO STRUMENTI PER RINVIGORIRE LO SPIRITO, NON SONO FORME DI DISPREZZO DEL CORPO. NEL MONDO ORTODOSSO IL DIGIUNO È UN VALORE NECESSARIO PER LA VITA SPIRITUALE DELL’UOMO E LA SUA SALVEZZA
Per i cattolici digiuno e astinenza non sono forme di disprezzo del corpo, ma strumenti per rinvigorire lo spirito, rendendolo capace di esaltare, nel sincero dono di sé, la stessa corporeità della persona. Si distingue tra digiuno, inteso come obbligo a consumare un unico pasto durante la giornata, rendendo frugale l’altro, e l’astinenza, ossia la rinuncia alle carni. Secondo quanto chiarisce la CEI ne “Il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza”, il digiuno e l’astinenza, nel senso sopra precisato, devono essere osservati il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì santo; sono consigliati il Sabato Santo sino alla Veglia pasquale.
L’astinenza, invece, deve essere osservata in tutti i venerdì di Quaresima, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità (come il 19 festa di San Giuseppe o il 25 marzo, festa dell’Annunciazione). In tutti gli altri venerdì dell’anno, a meno che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità, si deve osservare l’astinenza nel senso detto oppure si deve compiere qualche altra opera di penitenza, di preghiera, di carità.
Il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo significato nuovo e originale in Gesù, che, in quanto Maestro, non impone in modo esplicito ai discepoli nessuna pratica particolare di digiuno e di astinenza, però col suo esempio ricorda la necessità del digiuno per lottare contro il maligno, oppure, come ci ha mostrato in alcuni momenti particolarmente significativi della sua vita, mette in luce con questa pratica l’importanza spirituale del digiuno. Quaranta giorni di digiuno precedono il combattimento spirituale delle “tentazioni”, che Gesù affronta nel deserto e che supera con la ferma adesione alla parola di Dio. Con il suo digiuno Gesù si prepara a compiere la sua missione di salvezza in obbedienza a Dio Padre e in servizio d’amore agli uomini. Inoltre, quando gli viene chiesto perché i suoi discepoli non praticano le forme di digiuno che erano in uso presso in alcuni ambienti del giudaismo del tempo, Gesù risponde: “Finché gli invitati alle nozze hanno lo sposo con loro, non possono digiunare. Verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno“.
Da queste parole la Chiesa trova il fondamento dell’invito al digiuno come segno di partecipazione dei discepoli all’evento doloroso della passione e della morte di Cristo, come forma di culto spirituale e di vigilante attesa, che si fa particolarmente intensa nella celebrazione dei giorni che precedono la santa Pasqua (i quaranta giorni della Quaresima). Il riferimento a Cristo e alla sua morte e risurrezione è essenziale e decisivo per definire il senso cristiano del digiuno e dell’astinenza, come di ogni altra forma di penitenza. Infatti il digiuno dei cristiani trova il suo modello e il suo significato nuovo e originale in Gesù. Questa à la sostanziale differenza rispetto al digiuno praticato nelle altre religioni. Il digiuno dei cristiani è sentire la mancanza di Cristo, è sentire il desiderio di Cristo, desiderando di mettersi alla Sua sequela nel suo mistero di morte e nella Sua resurrezione. Perciò il cristiano il tempo penitenziale tende sempre alla luce della Pasqua.
Per i cattolici in particolare, quindi, come ci ricorda spesso papa Francesco, il digiuno è soprattutto un esercizio spirituale, che ci è utile per coltivare il nostro cammino spirituale, perciò, nel mondo cattolico, non si digiuna solo astenendosi dal cibo, ma da tutte quelle cose che creano in noi una dipendenza, perché digiunare significa entrare in un vero e proprio combattimento contro i nostri egoismi e quindi anche contro lo spirito del male, come ha fatto Gesù. Ci ricorda Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est (25 dicembre 2005) che digiunare volontariamente ci aiuta a coltivare lo stile del Buon Samaritano, che si china e va in soccorso del fratello sofferente. Scegliendo liberamente di privarci di qualcosa per aiutare gli altri, mostriamo concretamente che il prossimo in difficoltà non ci è estraneo.
Nonostante, durante i primi secoli del Cristianesimo, l’ideale penitenziale e la pratica del digiuno si esprimesse nella vita dei pochi eletti, vergini e asceti, soprattutto nel tempo di Quaresima, intorno al IV secolo, il programma di digiuno si estese a tutta la Chiesa, con diverse osservanze locali. Ci sono segni che, molto presto, il venerdì veniva celebrato come un giorno di digiuno, in memoria della sofferenza e della morte del Signore in quel giorno. In epoca pre-nicea c’era un periodo dedicato al digiuno pre-pasquale, all’incirca parallelo alla Quaresima odierna, con variazioni locali di lunghezza e rigore. In alcuni luoghi è durato solo pochi giorni, con un pasto consumato a fine giornata; in altri posti era più lungo ma meno rigoroso. I penitenti antichi vestivano di sacco, già dai tempi biblici. Sia in Oriente che in Occidente c’erano gradi tra questi penitenti, a seconda della gravità delle loro penitenze: ad esempio, i “piangenti”, che accompagnavano le loro suppliche di preghiere con le lacrime, ei “prostrati”, che imploravano preghiere sdraiati sul terra. Inginocchiarsi durante le funzioni religiose iniziò come pratica penitenziale e un tempo non era permesso nei giorni di festa.
Il lavoro manuale, un tempo distintivo della schiavitù, aveva un aspetto penitenziale dai monaci del deserto e in seguito fu adottato dalle regole religiose. I monasteri, a tempo debito, divennero scuole di penitenza ciascuna con il proprio modello penitenziale. Nella storia è vero che i rigori degli eremiti egiziani e dei monaci irlandesi, sono passati rapidamente, ma la realtà della penitenza rimane. Ogni epoca, anche quella attuale, testimonia l’attrazione del cristiano a seguire il Maestro anche nella radicalità della penitenza, una via che, come abbiamo potuto descrivere, ci unisce all’umanità intera, nel suo slancio umano e spirituale, nel suo dialogo con Dio.
Nel mondo ortodosso il digiuno è un valore necessario per la vita spirituale dell’uomo e la sua salvezza, basandosi sulle fonti bibliche e apostoliche, e soprattutto sul suo significato cristologico. San Basilio afferma che il digiuno «è una istituzione antichissima stabilita sin dal paradiso» ed è anche «l’espressione migliore dell’ideale ascetico dell’ortodossia». Poiché questa pratica è legata alla preghiera, al pentimento e alla beneficenza, «Tutti i fedeli sono chiamati a conformarvisi, ognuno secondo le proprie forze e le proprie possibilità, senza però avere la libertà di ignorare questa istituzione sacra». Nel documento sul Digiuno, del giugno 2016, in occasione del Santo Concilio Ortodosso, vengono indicati i giorni di digiuno più importanti prescritti dalla Chiesa ortodossa: quelli che precedono le festività di Pasqua (Grande Quaresima), i giorni che precedono le feste dei santi apostoli Pietro e Paolo, quelli che precedono la Solennità del Natale, e anche la festa della Decollazione di san Giovanni il Precursore.
Concludo allora questo approfondimento sulla penitenza e sul digiuno con una preghiera che estraggo dalla rivista San Francesco: “Fa’ digiunare il nostro cuore: che sappia rinunciare a tutto quello che l’allontana dal tuo amore, Signore, e che si unisca a te più esclusivamente e più sinceramente. Fa’ digiunare il nostro orgoglio, tutte le nostre pretese, le nostre rivendicazioni, rendendoci più umili e infondendo in noi come unica ambizione, quella di servirti. Fa’ digiunare le nostre passioni, la nostra fame di piacere, la nostra sete di ricchezza, il possesso avido e l’azione violenta; che nostro solo desiderio sia di piacerti in tutto. Fa’ digiunare il nostro io, troppo centrato su se stesso, egoista indurito, che vuol trarre solo il suo vantaggio: che sappia dimenticarsi, nascondersi, donarsi. Fa’ digiunare la nostra lingua, spesso troppo agitata, troppo rapida nelle sue repliche, severa nei giudizi, offensiva o sprezzante: fa’ che esprima solo stima e bontà. Che il digiuno dell’anima, con tutti i nostri sforzi per migliorarci, possa salire verso di te come offerta gradita, meritarci una gioia più pura, più profonda. Amen”