Siamo chiamati alla Resurrezione
di don Ruggero Gorletti
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PASQUA DI RESURREZIONE
Dal vangelo secondo Giovanni 20,1-9
Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.
Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».
Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò.
Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte.
Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.
COMMENTO
Davanti alla resurrezione di Gesù possiamo chiederci due cose: che cosa è realmente successo e che cosa interessa alla mia vita il fatto che Gesù sia risorto dai morti.
«Se Cristo non è risorto, vuota è la nostra predicazione, vuota è anche la vostra fede» (1 Cor 15, 14). Con queste parole della Prima Lettera ai Corinzi, San Paolo ci mostra quale sia l’importanza della resurrezione di Gesù per il messaggio cristiano: ne è il fondamento. La fede cristiana dipende dalla fede nella resurrezione di Cristo dai morti. Senza questo evento la fede cristiana è completamente snaturata, sarebbe qualcosa di diverso da quello che è. Se si toglie questa verità, se pensiamo che Gesù sia stato un uomo buono, un uomo grande un uomo saggio del passato, ma che le sue ossa riposano in un cimitero della Palestina, la nostra fede non ha più senso: Egli rimane una persona che ha lasciato qualche valido insegnamento, qualche profonda riflessione, ma il suo messaggio, come i pensieri dei saggi dei tempi passati, sarebbe importante per noi solo nella misura in cui ci convince.
Se invece Gesù è davvero risorto, ed è quindi vivo oggi, in anima e corpo, cambia completamente il modo in cui noi possiamo considerare la nostra situazione e la nostra vita. In altre parole è decisivo per noi sapere se Gesù sia esistito soltanto nel passato oppure esista anche oggi.
Cerchiamo di capire anzitutto che cosa è realmente successo. Anche noi, che abbiamo sentito parlare da tanti anni della resurrezione di Gesù, non sappiamo bene cosa sia. Facciamo l’esperienza dei discepoli che scendevano dal monte Tabor dopo la trasfigurazione, quando Gesù ha annunciato loro che sarebbe risorto dai morti. Essi infatti si chiedevano cosa significhi risorgere dai morti. E così facciamo anche noi.
Uno studioso della Bibbia vissuto nel secolo scorso, un certo Bultmann, diceva che se anche Cristo fosse tornato vivo dal sepolcro (cosa a cui egli non credeva) sarebbe un miracoloso evento della natura, come la rianimazione di un cadavere, ma non cambierebbe la situazione esistenziale dell’uomo, cioè sarebbe comunque irrilevante per la nostra vita. Nei racconti del vangelo abbiamo tre esempi di questo: Gesù ha richiamato alla vita una bambina, la figlia di Giaro, un giovane ragazzo, il figlio della vedova di Nain, e un suo amico, Lazzaro di Betania. Queste persone sono tornate alla vita di prima, e poi, ad un certo punto sono morte una seconda volta, e definitivamente. Un evento di questo genere sarebbe come la rianimazione di una persona clinicamente morta ad opera dell’abilità dei medici. Un evento che non cambia la nostra esistenza.
La resurrezione di Cristo è qualcosa di diverso e di più grande: è l’entrare in una nuova condizione di vita, una condizione definitiva. Una condizione di vita che è sottratta alle normali limitazioni della nostra esistenza, anzitutto quella del divenire, del mutare, dell’invecchiare e del morire. Dai racconti evangelici della resurrezione, che ascolteremo nelle prossime domeniche, ascolteremo che Gesù è una persona con un corpo, che mangia, parla, viene visto e udito, può essere toccato. Ma questi racconti ci parlano anche di esperienze che non sono sperimentabili normalmente: scompare improvvisamente alla vista, entra nel cenacolo a porte chiuse, compare in più posti contemporaneamente.
Si potrebbe obiettare: queste cose sono fantasie, sono contro la scienza. Questi racconti andavano magari bene per gli uomini delle precedenti generazioni, non per noi che abbiamo una mentalità scientifica. Non è così. Nei racconti della resurrezione si parla di qualcosa che va al di là di ciò che conosciamo e che sperimentiamo abitualmente, ma non sono contrari alla ragione. Dio onnipotente non può aver creato una realtà nuova, diversa da quella che conosciamo?
Ma perché la resurrezione di Gesù è tanto importante per la nostra vita? Certo, il fatto che sia risorto e oggi sia vivo da un’importanza e un’autorevolezza unica al suo insegnamento, la sua non è una parola fra le tante che ascoltiamo. Ma anche questo non basta a cambiare la nostra vita. Si potrebbe dire infatti: «Cristo è risorto, beato Lui! Ma a me cosa cambia?». Infatti non è tutto qui.
L’importanza della resurrezione nella nostra vita deriva soprattutto dal fatto che noi siamo chiamati a fare la stessa esperienza di vita divina, di vita eterna. «Cristo è risorto, primizia di coloro che sono morti», ci dice San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (1Cor 15,20). Non è risorto solo Lui. Risorgeremo anche noi, a una resurrezione di vita e di gioia oppure a una resurrezione di morte e di disperazione, a seconda di quello che avremo scelto in questa vita. Per questo il fatto che Cristo sia risorto ci mostra un modo tutto nuovo di considerare la nostra vita: perché anche noi siamo chiamati a fare un’esperienza simile.