Non siamo abbandonati a noi stessi nelle tempeste della vita!

di don Ruggero Gorletti

SABATO DELLA SECONDA SETTIMANA DEL TEMPO DI PASQUA

Dal vangelo secondo Giovanni 6,16-21

Venuta la sera, i discepoli di Gesù scesero al mare, salirono in barca e si avviarono verso l’altra riva del mare in direzione di Cafàrnao. Era ormai buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti; il mare era agitato, perché soffiava un forte vento. Dopo aver remato per circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e si avvicinava alla barca, ed ebbero paura. Ma egli disse loro: «Sono io, non abbiate paura!». Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti.

COMMENTO

«Allora vollero prenderlo sulla barca, e subito la barca toccò la riva alla quale erano diretti». Quando si decide di far salire Gesù sulla barca della nostra vita, le cose si sistemano. Non nel senso che andrà tutto bene, che i problemi concreti troveranno soluzione, o altro del genere. No. Non è così e sarebbe illusorio crederlo. Ma quando si decide davvero di cercare di fare la volontà di Dio, pur con tutti i limiti e le debolezze della nostra natura umana, allora tutto viene illuminato da una luce diversa, che rende più sereno e gioioso il nostro vivere, meno acuto il dolore. Non perché diventiamo stupidi e non ci accorgiamo delle difficoltà e dei dolori, ma perché viviamo sapendo di non essere soli, di non essere abbandonati a noi stessi nelle tempeste della vita, sapendo che anche quando ci accade qualcosa di irreparabile Dio c’è, ed è con noi, e che l’orizzonte a cui dobbiamo guardare non è quello degli anni che trascorriamo su questa terra, ma è quello della vita eterna.

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