25 Aprile, festa strumentalizzata e da rifondare

di Pietro Licciardi

UNA RICORRENZA DI CUI SI SONO APPROPRIATI COLORO CHE MENO DI ALTRI AVREBBERO IL DIRITTO DI FESTEGGIARE  

Ancora una volta ci troviamo a parlare del 25 Aprile, anniversario della liberazione dell’Italia dal fascismo e dall’occupazione nazionalsocialista. Una festa ormai poco o nulla sentita dalla stragrande maggioranza degli italiani perché sciupata da ormai quasi ottant’anni di retorica e strumentalizzazione politica. 

Della memoria della Liberazione infatti si sono impropriamente impossessati coloro che forse meno di tutti hanno il diritto di celebrarla, ovvero quelle sinistre eredi e nostalgiche del Partito comunista che hanno si combattuto per liberare la nostra patria dagli ex alleati tedeschi e dai fascisti, ma per consegnarla, almeno così speravano. ad una dittatura altrettanto feroce e sanguinaria: il bolscevismo sovietico. E per farlo non si sono fermati di fronte a nulla.

I “partigiani” comunisti hanno condotto azioni militari di scarso o nullo valore militare, anche quando ormai le truppe naziste erano in ritirata alla fine del conflitto, ma che hanno provocato la rappresaglia e la strage di civili inermi – gli abitanti del paese vicentino di Pedescala nel 1995 hanno voluti ricordare l’ eccidio di paesani avvenuta nel 1945 senza la presenza dei partigiani e senza la medaglia conferita per “attività partigiana” nel 1980 -; hanno ucciso a tradimento altri partigiani, cattolici, come a Porzus; trucidato a guerra finita almeno 13 mila persone fatte passare per fascisti ma che in realtà in molti casi il fascismo lo avevano perfino combattuto ma secondo i “compagni” potevano rappresentare un ostacolo alla costruzione dell’Italia socialista. Tra loro numerosi furono i sacerdoti e i cattolici, come Giuseppe Fanin, che si prodigava per la costituzione di sindacati liberi tra i contadini della bassa padana. E infine le foibe istriane: la pulizia etnica dei partigiani iugoslavi portata a termine con la fattiva collaborazione dei comunisti italiani. 

Un lungo elenco di nefandezze che non è possibile giustificare solo con la ferocia che la guerra fa nascere negli animi quanto piuttosto con l’odio indotto da una ideologia satanica come il socialcomunismo.

Il 25 Aprile è stato strumentalizzato per far apparire “buoni” chi buono non era e ancora oggi si aggrappa al mito dell’antifascismo per far dimenticare agli italiani quanto il comunismo sia stato – e lo è ancora – l’altra faccia del nazifascismo: ugualmente totalitario, falso e illiberale. E per dire al Paese che ancora c’è una parte, gli antifascisti, legittimata a dirigere e un’altra a subirne la volontà.

Perché il 25 Aprile sia veramente la festa degli italiani occorre cominciare da subito a ripensare questa festa senza pregiudizi e quella fastidiosa, falsa e servile retorica che anche certi sedicenti cattolici – quelli “adulti”, che a forza di “dialogare” hanno finito per farsi convertire da quelli che una volta dovevano essere solo “compagni di strada” – sfoggiano per l’ occasione.

L’Italia e gli italiani non hanno bisogno di miti ormai screditati per sentirsi nuovamente parte di un popolo ma di conoscere la loro vera storia, che è anche più gloriosa di un 25 Aprile, che celebra una guerra persa, una devastante guerra civile e la fine della nostra indipendenza politica e culturale.

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