Dove sta andando l’Europa? Intervista all’onorevole Carlo Fidanza

Dove sta andando l’Europa? Intervista all’onorevole Carlo Fidanza

di Paolo Gulisano

INFORMAZIONE CATTOLICA HA INTERVISTATO L’ONOREVOLE CARLO FIDANZA, CAPO DELEGAZIONE DI FRATELLI D’ITALIA AL PARLAMENTO EUROPEO, ESPONENTE POLITICO CHE NON FA MISTERO DELLA PROPRIA ISPIRAZIONE CRISTIANA

Manca un mese alla consultazione elettorale europea.  Mentre è in aumento lo scetticismo nei confronti delle Istituzioni europee e nei confronti dell’utilità del voto stesso, è evidente come il Parlamento Europeo stia influenzando sempre più pesantemente le scelte politiche dei singoli Paesi.  Dalla transizione Green alle politiche sanitarie e vaccinali fino ai temi dell’educazione e a quelli etici si deve sempre più fare i conti con ciò che viene deciso dai potenti eurocrati.  INFORMAZIONE CATTOLICA ha intervistato l’onorevole Carlo Fidanza, capo Delegazione di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo, esponente politico che non fa mistero della propria ispirazione cristiana. Nasce a San Benedetto del Tronto, ma vive da molti anni a Milano. Sposato con due figli, si ricandida alle Europee nel Collegio Nord Ovest.  A lui abbiamo chiesto di tratteggiare un profilo dell’attuale situazione politica europea e di quali siano le sfide che ci attendono   

Onorevole Fidanza, lei viene da una esperienza di cinque anni al Parlamento Europeo. Qual è il suo personale bilancio? 

Dispiace dirlo, ma chi ha seguito questi cinque anni sa bene quale sarà la risposta: il bilancio è assolutamente negativo. Quella che per fortuna ci stiamo lasciando alle spalle è stata una legislatura dominata dall’ideologia ultra-progressista declinata un po’ in tutti i campi. Penso a quanto è stato fatto dalle sinistre rosse e verdi sul tema della “transizione green”, che con la scusa dell’ambientalismo è arrivata a minacciare l’intera tenuta socioeconomica dell’Europa per milioni di famiglie e imprese. Ma penso anche a questioni etiche e valoriali: chi ha guidato fino ad oggi l’UE ha lasciato campo libero al laicismo sfrenato e all’islamizzazione, rinunciando giorno dopo giorno a combattere la vera sfida che è quella di proteggere, rivendicare e rilanciare le nostre radici cristiane, le nostre tradizioni e la nostra identità. Quella di oggi è un’Europa senza bussola nel pieno di una tempesta, dobbiamo assolutamente ritrovare la rotta. 

Il recente voto del Parlamento Europeo sul presunto “diritto all’aborto” ha mostrato che non esiste una visione etica condivisa sui valori fondamentali anche tra i partiti non di Sinistra. Soprattutto tra i rappresentanti dei partiti afferenti al “partito popolare europeo” si sono registrate oltre 40 voti a favore della proposta abortista. Che significato politico ha avuto questo voto? 

Quando nel 2009 fui eletto per la prima volta al Parlamento europeo nelle fila del PDL, militavamo nel Partito Popolare Europeo che fino ad allora era un gruppo saldo nella difesa dei valori cristiani. Anni dopo il politicamente corretto in salsa laicista si è impadronito di una parte consistente del PPE che sempre più spesso vota con liberal e sinistre. Detto questo: per fortuna, il reale effetto di quel voto è nullo poiché per modificare la Carta dei valori dell’UE serve il voto all’unanimità anche nel Consiglio Europeo, dove certamente le Nazioni guidate dai Conservatori – a partire dall’Italia di Giorgia Meloni – non seguiranno la proposta ideologica dei macroniani e della sinistra. Peraltro, non posso fare a meno di ricordare che inserire il “diritto all’aborto” tra i valori fondamentali dell’UE è doppiamente un errore: da un lato perché viene messo sullo stesso livello del diritto alla vita e alla dignità umana, ed è inaccettabile per l’Europa culla della civiltà e del Cristianesimo; dall’altro perché si tratta di una palese violazione dei Trattati che, giustamente, prevedono che i temi etici rimangano in capo ai singoli Stati membri. Ma è la solita arma della sinistra: non riuscendo più a vincere le elezioni in patria, cercano di sfruttare Bruxelles per promuovere la propria agenda. L’attacco ai valori della vita e della famiglia è costante e si fonda proprio sul sovvertimento della competenza nazionale sancita dai Trattati. Sull’aborto in particolare, da anni viene utilizzata la formula del diritto alla salute sessuale e riproduttiva nonché del diritto all’aborto sicuro e legale: è questo il grimaldello dei liberal e dei progressisti per provare a scardinare gli ordinamenti nazionali. 

Il suo programma elettorale per le elezioni dell’8 e 9 giugno si apre con la questione ambientale. Lei scrive che “dopo anni ad inseguire i “gretini”, l’Europa deve ritrovare buon senso e pragmatismo per difendere l’ambiente”. Perché è così fondamentale?

L’ideologia green è una sorta di nuova religione laica della sinistra, sostenuta da interessi economici e finanziari enormi. Sottende un progetto di rieducazione culturale e antropologica dell’homo europaeus che, pressato dal senso di colpa, dovrebbe accettare di farsi insegnare cosa mangiare, come vestirsi, quale mezzo di trasporto usare, in quale tipo di casa vivere. Un progetto dirigista e liberticida, di cui le eco-follie di questi anni sono soltanto lo strumento. Non paghi stanno riducendo l’Europa ad un deserto produttivo, verde ma pur sempre deserto. Nel nome della sostenibilità ambientale, impongono a cittadini e imprese obblighi insostenibili sul piano economico. È stata questa l’Unione Europea immaginata dall’ex Commissario socialista Frans Timmermans sulla scorta delle profezie di Greta Thunberg. In un mondo che procede spedito verso importanti mutamenti sia tecnologici sia geopolitici, non possiamo pensare che la soluzione per rallentare il cambiamento climatico – ammesso e non concesso che la principale causa sia effettivamente, come ci racconta la sinistra, l’impatto delle attività umane – sia desertificare l’economia europea e mettere in ginocchio decine di milioni di famiglie. Quello del “Green deal” è a tutti gli effetti un vero e proprio cortocircuito sinistro: per raggiungere gli obiettivi folli della riduzione delle emissioni delle automobili, ad esempio, finiamo per comprare le batterie dalla Cina che, guarda un po’, le realizza aprendo nuove centrali a carbone. Finiamo così per ritrovarci dipendenti dai cinese, con i portafogli più vuoti, le aziende in crisi e persino un mondo meno pulito di prima. Queste cose bisogna avere il coraggio di dirle: noi lo facciamo da cinque anni e per questo siamo stati messi all’indice come “negazionisti climatici” o “anti-ambientalisti”. Noi, semplicemente, crediamo che la natura vada difesa con l’Uomo dentro e che il prezzo per la transizione non possa essere la desertificazione. Serve quindi quel pragmatismo che solo il centrodestra, in Italia e in Europa, ha dimostrato di avere, lavorando di concerto con le aziende per dare loro l’opportunità di diventare leader globali nei rispettivi settori e senza abbandonare a loro stessi i cittadini già duramente colpiti dalle crisi post-pandemia e post-belliche.

Un aspetto molto importante del suo programma è quello che riguarda la difesa dell’identità. Ci può spiegare? 

Un albero senza radici non dà frutti. Sembra una frase scontata ma, a giudicare dalla pericolosa rotta intrapresa dall’Europa e dall’Occidente in questo decennio, scontata non lo è. Siamo nell’era del politicamente corretto, del progressismo sfrenato, della “cancel culture” e della dittatura “woke”: vere e proprie minacce al nostro stile di vita, alla nostra libertà di espressione, ai nostri valori tradizionali. Noi questo schema vogliamo ribaltarlo. Non possiamo accettare che sia un crimine dire che un bambino ha diritto a una mamma e a un papà. Non possiamo tollerare che i simboli della nostra fede debbano essere nascosti per non urtare la sensibilità di chi proprio non vuole saperne di integrarsi. Non accetteremo mai di rinunciare a sognare, per l’Italia e per l’Europa, un ruolo centrale nello scacchiere geopolitico: e per essere forti e protagonisti nel mondo, dobbiamo ritrovare un’anima per questa Europa e mantenere vivo l’orgoglio per quello che siamo stati e che siamo.

Il suo mandato di Parlamentare europeo si è svolto in buona parte durante la cosiddetta emergenza pandemica, che ha visto una serie di criticità: le misure liberticide che hanno visto il nostro Paese adottare il modello repressivo cinese, mentre in Europa ci sono state scelte diverse; inoltre sono ancora da chiarire – a livello europeo- gli strani contratti stipulati dalla Von der Leyden con alcune aziende di Big Pharma. Come possiamo impedire che in futuro si ripetano episodi da Dittatura sanitaria e da pensiero unico con gravi sofferenze per la libertà dei cittadini? 

Inizierei col dire che la pandemia ha rotto il tetto di cristallo e ci ha mostrato, in maniera travolgente, che l’Unione Europea costruita in questi decenni dalle élites ultra-europeiste è – come abbiamo sempre temuto – incapace di rispondere con serietà alle grandi sfide della nostra epoca, a maggior ragione a quelle emergenziali. Dopo aver delocalizzato la maggior parte dei settori produttivi ci siamo ritrovati con catene del valore lunghe e poco sicure, privi cioè di ciò che ci serve per essere autosufficienti in un momento di crisi globale. Detto questo, ciò che è successo nell’Italia di Conte prima e di Draghi poi è stato persino peggio: ancora oggi, a più di tre anni di distanza, gli effetti delle misure liberticide nelle scuole, nelle università e nel mondo del lavoro pesano come macigni. Fratelli d’Italia, fin dal primo giorno, ha lottato per affermare che la libertà – soprattutto quella di pensiero – non è mai negoziabile, ma eravamo con numeri ben diversi rispetto a quelli di oggi. Di quel periodo ci resta però questa consapevolezza: istituzioni che si trasformano in una sorta di Grande Fratello orwelliano e impongono misure liberticide ai cittadini non è quello che vogliamo e non è quello per cui abbiamo combattuto. Per questo abbiamo dichiarato la nostra contrarietà al nuovo Green pass globale voluto dall’OMS, che ha molti sponsor in Ue. E naturalmente auspichiamo venga fatta presto chiarezza sui rapporti intercorsi tra le Big Pharma dei vaccini e i vertici europei durante quei mesi concitatissimi. 

Il suo programma elettorale si chiude con un punto importantissimo, intitolato “Dalla parte della famiglia”. Qual è la sua visione in merito e l’impegno che si prefigge?   

In questi anni abbiamo assistito alla demonizzazione, da parte delle solite sinistre progressiste, del concetto stesso di famiglia naturale. Sanno bene che distruggere la Famiglia significa strappare le radici della nostra civiltà e consegnarla nelle mani di chi la vorrebbe stravolgere. Noi ci siamo sempre opposti, sul piano culturale e sul piano politico, a questo assalto alla famiglia: io l’ho fatto prima da padre e da uomo e poi da parlamentare europeo. Quando guardo i miei due figli mi ripeto che è per loro che dobbiamo continuare la nostra buona battaglia. I valori che da sempre animano la nostra civiltà sono sotto attacco ogni giorno di più. È nostro dovere difenderli e invertire la tendenza. L’Europa che vogliamo costruire dovrà rimettere al centro l’impegno, economico e culturale, di rilanciare la famiglia, con un importante piano per la natalità e il sostegno alle donne che scelgono di abortire. Una civiltà che non fa figli è destinata a soccombere. Non possiamo e non vogliamo permettercelo.

Chiudiamo con una nota personale. È vero che la vogliono processare per aver criticato una mostra dall’esplicito titolo “Porno per bambini”? 

Si, è una storia che risale a fine 2018. Non voglio entrare nel merito perché sono in attesa addirittura di un pronunciamento della Corte Costituzionale. Ciò che è certo è che non smetterò di battermi a difesa dell’infanzia, che oggi viene violata ancora in troppi casi. Dalla iper-sessualizzazione dei messaggi che i più piccoli ricevono ogni giorno, dalle reti dei pedofili soprattutto online, dai gestori della tratta di esseri umani. Nemici contro cui non possiamo smettere di combattere la buona battaglia. 

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