Il nichilista della porta accanto
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IL POTERE RINGRAZIA…
La storia
Il nichilismo si dice in molti modi. Perché non è semplicemente un concetto, ma uno stato dell’essere, la piega del quotidiano che non abbandona mai il campo.
La storia è lunga. Siamo nel XIV sec. e un certo Guglielmo d’Ockham (1287-1347), un francescano inglese, inizia a smontare pezzo per pezzo l’impalcatura metafisica della teologia. Non esistono più categorie universali capaci di abbracciare la totalità dei fattori dell’esperienza umana, a partire dal rapporto dell’uomo con Dio. La Chiesa non è più la comunità dei credenti convocata da Dio per lodarLo e ringraziarLo. Di conseguenza la fede non ha più niente a che fare con la ragione, come San Tommaso d’Aquino (1224-1274) aveva affermato e dimostrato e l’uomo è un singolo che cerca Dio nel mondo, insieme ad altri uomini. Una società di singoli alla sequela di Cristo e del Poverello di Assisi, aggiunge Ockham, che costituiscono la Chiesa dal basso. Un’assemblea di credenti che cammina nel mondo, privi di autorità e certamente non desiderosi di riconoscere quest’ultima. Siamo già nel buco nero della modernità. Con la deriva inevitabile, emergente in modo inequivocabile con Lutero (1483-1546): senza Chiesa e Papa riconosciuto come padre e autorità, l’uomo è alla mercè del dispotismo di turno. Ockham si ritrova sotto la protezione dell’imperatore Ludovico il Bavaro (1282-1347) e la leggenda narra che Ockham avrebbe detto all’imperatore: «Tu mi difenderai con la spada e io con la penna». E il gioco è fatto. Si consuma una sorta di apostasia basata su fondamento ereticale e la libertà individuale, deprivata dell’autorità spirituale legittima, si svuota, per mettersi al servizio del potere mondano. Le guerre di religione che insanguineranno l’Europa, spolpando la carne della Christianitas medievale, coincidente con la stessa idea di Europa (Chabod), non sono altro che la prova del nove e insieme la prova generale del nichilismo prossimo venturo. La base teologica del nichilismo non deve mai essere trascurata. Se Dio non trova più spazio nella mente, nel cuore e nella storia, grazie alla Chiesa e all’Autorità riconosciuta universalmente come garante della fede trasmessa dagli Apostoli, non rimane altro che l’involucro senza la carne. La carcassa del cadavere putrefatto, come leggiamo in Ezechiele 37.
Lo sviluppo novecentesco
In un mondo attraversato da uomini che si concepiscono come singoli e tentano di afferrare brandelli di senso in una società smarrita, Dio è morto e l’uomo segue la stessa sorte. Nietzsche (1844-1900) l’ha dichiarato, con movenza intellettuale e patetica fino al parossismo tragico, il resto sono solo corollari di questa decisione. Il nichilismo come respiro della morte diventa logica del pensare e del vivere. Oltre l’ “etsi Deus non daretur” (“come se Dio non esistesse”) di Grozio (1583-1645) – mai corretta secondo la preziosa indicazione di Benedetto XVI (1927-2022) in “etsi Deus daretur” (“come se Dio esistesse”), salvo un magistrale tentativo da parte del filosofo tedesco Robert Spaemann (1927-2018), documentato a so tempo da Sandro Magister (https://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/209020.html) -, il nichilismo è un pervicace riduzionismo ontologico e antropologico, della realtà e dell’uomo, dunque, che, in questo brodo di coltura, non può che crescere.
Parallelamente a questa posizione tragica e riduzionista, si fa strada la cosiddetta “narrazione” ideologica (Lyotard), con la produzione di gigantografie sociali di impianto totalitario e concentrazionario. Ma non dobbiamo arrestarci di fronte al mausoleo del Novecento totalitario, con la triade scolastica fascismo-comunismo-nazismo, e ciò non tanto perché si tratta di fenomeni completamente diversi, ma quanto perché questa “linea rossa” tragico-nichilistica investe gli apparati culturali, etici, simbolici e antropologici delle cosiddette “liberaldemocrazie”, con il sostrato economico-sociale di complemento, ovvero il liberal-capitalismo.
Il nostro presente
Un mondo di singoli smarriti e sradicati, incapaci di progettare la propria esistenza grazie alla fede vissuta, a una ragione aperta alla totalità dei fattori in gioco nel vivere individuale e sociale e a una visione dell’uomo, del mondo e della società nutrita di valori tradizionali e principi etici non negoziabili, è un mondo ostaggio delle pulsioni esterne più violente e del gioco capillarmente diffuso della domanda e dell’offerta. Un antesignano di questa concezione della realtà è il filosofo scozzese David Hume (1711-1776), non a caso grande amico dell’altro scozzese di successo, Adam Smith (1723-1790), che distrugge la metafisica mettendo in questione prima Dio, poi il principio di causalità e infine l’idea di “io”. E così la società viene plasmata soltanto dall’utile gioco domanda-offerta, nel vuoto pneumatico di verità, valori e fede. L’uomo deve dedicarsi al più ai buoni sentimenti morali, per diventare empatico e sensibile ai bisogni dell’altro, in vista dell’utile individuale e sociale. Una forma di controllo simpaticamente mascherata. Pensiamo all’entusiasmo attuale per l’empatia, ecco le origini sono settecentesche e molto interne al capitalismo concepito come dominio assoluto del vivere e convivere umani.
Conseguenza radicale e inevitabile: gli uomini sono tutti consumatori e l’homo consumans è l’uomo a una dimensione, non nel significato teorizzato dal sociologo marxista della Scuola di Francoforte Herbert Marcuse (1898-1979), ma in quello, teologicamente più avvertito, dello svuotamento pressoché integrale dell’anima e del senso pieno della trascendenza e del Dio vivente. La formula che sintetizza questa deriva è questa: “Non c’è nient’altro che”. La riduzione a nulla di tutto ciò che non si inscriva nell’universo concentrazionario del capitalismo assoluto, dell’antropologia del consumo, della negazione di ciò che contraddice la sovranità dell’uomo di paglia inventato per sostituire la soggettività libera e aperta all’avventura della vita in un orizzonte infinito di senso. La necrofilia del tempo presente è la cartina di tornasole di questa deriva: dal suicidio assistito al suicidio vero e proprio, per giungere alle forme più raffinate ed esasperate di morte-in-vita, con eserciti di zombies a calcare la terra privi di un perché e di uno scopo. Un mondo di morti ancora in vita per scommessa biologica, gente che vediamo ogni giorno, che abita vicino a noi. Il nichilista della porta accanto. Intanto, mentre si compie il giro di boa del compiuto nichilismo, il Potere ringrazia.
L’argomento mi interessa molto e vorrei poterlo capire ma, per cortesia, potrebbe scrivere in un linguaggio più semplice, comprensibile anche a chi non ha studiato filosofia e non ha dimestichezza con termini diversi dal linguaggio comune?