Siamo vicini alla Terza Guerra Mondiale?
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8 MAGGIO 1945: AVEVA FINE IN EUROPA LA SECONDA GUERRA MONDIALE. SIAMO VICINI ALLA TERZA?
Fra qualche giorno, precisamente l’8 maggio 2025, in Europa, con la resa incondizionata del Terzo Reich (in Oriente, la pace tra USA e Giappone sarà firmata il 2 settembre 1945), sarà celebrata la fine della Seconda guerra mondiale.
Le due devastanti guerre mondiali del secolo scorso scaturivano dai sovranismi, dai revanscismi, dai nazionalismi, dagli imperialismi, dalle dittature.
La Prima guerra mondiale ha cancellato quattro imperi, quello zarista, quello austro-ungarico, quello germanico, quello ottomano.
L’Europa è stata frammentata in una miriadi di piccole patrie dai confini insicuri, precari, che la dottrina Wilson – una nazione per ogni popolo – aveva reso più instabili. Hitler, infatti, ne profittò per creare la Grande Germania che comprendesse tutti i popoli di lingua tedesca.
La Seconda guerra mondiale, scoppiata il 1 settembre 1939, avrebbe liquidato tutti i sovranismi e le dittature, non solo il nazismo e il fascismo, ma anche il comunismo –- anche se questo ufficialmente sarebbe caduto mezzo secolo dopo -, l’imperialismo britannico e francese (che pure erano fra i vincitori), l’imperialismo giapponese.
Gli Americani esportavano in Europa il loro modello economico e sociale. L’Europa e il mondo si avviavano verso la cooperazione, la solidarietà, le organizzazioni internazionali, ONU, NATO, la futura UE.
A distruggere il nazismo fu soprattutto la destra – quella tradizionale, vera – di De Gaulle e di Churchill, a costruire l’Europa fu il centro-destra di Jean Monnet e Robert Schuman, Adenauer, De Gasperi.
La storia, dice Marx, si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Che sia vera o no questa affermazione, lì è nato il mondo moderno, e la storia non deve tornare indietro, perché oggi l’umanità non ha bisogno né di tragedie né di farse.
L’8 maggio 1945 aveva fine una guerra apocalittica nata anche dalla paura, dall’angoscia trasformata in paura, al di là, naturalmente, dei problemi irrisolti ereditati dal Trattato di Versailles.
L’angoscia è diversa dalla paura, è percepita come una catastrofe, è la minaccia senza nome, la sensazione dell’accerchiamento, che il futuro non possa essere governato.
“L’angoscia – sostiene il grande filosofo Martin Heidegger – è fondamentalmente diversa dalla paura. Noi abbiamo paura sempre di questo o di quell’ente determinato, che in questo o in quel determinato riguardo ci minaccia. La paura di… è sempre anche la paura per qualcosa di determinato. Nell’angoscia, noi diciamo, uno è spaesato. Ma dinanzi a che cosa v’è lo spaesamento e cosa vuol dire quell’uno?… L’angoscia rivela il niente. Che l’angoscia sveli il niente, l’uomo stesso lo attesta non appena l’angoscia se n’è andata”.
Sono i politici, spesso, che – per conquistare e mantenere il potere – si servono dell’angoscia e la trasformano in qualcosa di più barbarico, la paura. Così Hitler portò il mondo alla catastrofe canalizzando l’angoscia del suo popolo verso la paura, e questa diventò paura dell’accerchiamento, paura dell’ebreo, del comunista che volevano distruggere la Germania. Così Mussolini per il “pericolo rosso”.
Il marxismo era il male della storia e fu personificato in Stalin, questi a sua volta personificò il male dell’Occidente in Hitler. Così fu per il terrore della tecnica, a cui furono contrapposti i valori antichi della natura e della campagna. È un’operazione, questa, che in genere fanno le dittature, o chi aspira alla dittatura.
Alla guerra “la gente può sempre essere trascinata dai propri leader – disse Göring. È facile. Tutto quello che c’è da fare è dire alla gente che sta per essere attaccata, denunciare i pacifisti per mancanza di patriottismo e perché mettono in pericolo il Paese.
Bisogna spaventarli, inculcare nella gente la paura, bisogna imbottirla di paura come si fa con le oche finché non gli scoppia il fegato per fare il paté, bisogna fare in modo che quella paura fermenti e si trasformi in odio, un odio assoluto, irrazionale, sguaiato. Funziona allo stesso modo in ogni Paese”. Fu quello che fecero Adolf Hitler e il Ministro della Propaganda Goebbels.
Ecco, da allora la storia non è cambiata. Ancora oggi i politici di ogni nazione, per conquistare il potere e mantenerlo, trasformano l’angoscia in paura, paura dei migranti, del nero, del diverso, dell’accerchiamento, e vogliono chiudere frontiere inesistenti, aeroporti.
Purtroppo, trovano terreno fertile, l’ignoranza e la miseria morale e materiale si tagliano a fette. Invece, ci si salva tutti insieme dall’inquinamento delle città e delle industrie, dalle pandemie e dalla degenerazione della tecnica, dallo sfruttamento e dalla povertà, dalle guerre e dalla delinquenza, da calamità immani, dallo sfacelo del tempo in questo minuscolo pianeta alla estrema periferia dell’universo.
Un mondo oggi cozza contro un altro mondo, il mondo della vita della natura contro il mondo della borsa e delle speculazioni, della massificazione, dell’inurbamento selvaggio, delle banche, del dominio della tecnica. Il mondo della famiglia e della cultura, dell’arte, del rispetto delle tradizioni contro il materialismo, l’imbarbarimento culturale, i falsi diritti umani, la demagogia e la volgarità.
Masse sterminate si stanno catapultando dai Paesi poveri in quelli ricchi, e questo flusso immane, che è certo un serio problema, lo si deve regolare e integrare tutti insieme..
Viviamo, oggi, in un mondo di pazzi che stanno precipitando il pianeta nella terza guerra mondiale. Che forse è già cominciata, e noi non riusciamo a scorgere le cause scatenanti. Eppure, molto sembra simile ai fatti che incendiarono il mondo nel 1914 e nel 1939.
C’è un Presidente americano bullo, arrogante, schizofrenico e bipolare, che sta sconvolgendo il mondo – ma anche il suo popolo – non solo con la sua folle guerra commerciale dei dazi, ma con una politica estera aggressiva, che vuole distogliere le attenzioni del suo popolo dalla crisi interna con esternazioni da dottrina Monroe, l’America agli americani, e per far questo ha minacciato di prendersi lo Stretto di Panama, il Messico, il Canada e la Groenlandia, tanto l’America del Sud è già sua.
Il Presidente statunitense Trump, mentre l’Europa mandare ancora armi in Ucraina, si sta mettendo d’accordo con Putin per spartirsi l’Ucraina e l’Europa in due zone d’influenza, tornando con un balzo di ottant’anni alla spartizione dell’Europa che fu fatta a Jalta. E certamente, con l’arma dei dazi, si metterà d’accordo con la Cina.
Eppure ci sono politologi che dicono che la Terza guerra mondiale scoppierà in Asia, per poi diffondersi in tutto il mondo. Forse per Taiwan, ma più probabilmente per il soffocamento per l’economia cinese, perché la Cina da decenni si è data al libero mercato, perché ritiene che la rivoluzione comunista in Cina – che ancora viene considerata socialismo primitivo – deve passare dall’industrializzazione e dal capitalismo, e non cederà certo a Trump che vuole risolvere i gli enormi problemi economici interni e la crisi economica con la folle politica dei dazi.
Fu per gli interessi nel terreno Asia-Pacifico che scoppiò nel 1941 il conflitto americano-nipponico, adesso gli Americani, per gli enormi benefici che potranno ricavare in Asia, prima o poi si scontreranno con l’enorme potere economico-politico-militare della Cina.
Si ritiene che la Terza guerra mondiale sia inevitabile perché si è da tempo disintegrato l’ordine mondiale centrato sulle Nazioni Unite, si è creato un pericoloso squilibrio tra una NATO sempre più aggressiva, dopo la fine del Patto di Varsavia e del comunismo sovietico, e la Russia, e l’Europa che è sempre più inetta e schiava della politica americana, anche se adesso, per la questione dei dazi, qualche cosa cambierà.
Gli USA hanno un enorme debito pubblico, intorno agli 8000 miliardi di dollari, e la storia ha dimostrato che, quando un popolo non può risolvere i propri problemi interni con una rivoluzione, li risolve poi con una guerra esterna. È quello che accadde con l’America di Roosevelt negli anni Trenta del secolo scorso, che poté risolvere i problemi della crisi economica con la guerra.
Già con Barack Obama l’America aveva cominciato a spostare la sua attenzione verso l’area asiatica per aumentare le proprie possibilità di vincere la competizione con la Cina, dopo la scomparsa del “nemico” tradizionale, l’URSS. Era una politica che fu continuata da George W. Bush, fino all’attacco terroristico dell’11 settembre 2001, che fece cambiare strategia, una strategia che sembra tessere tornata con Trump.
Ora, la situazione in Asia si sta rapidamente deteriorando, soprattutto per l’aumento di sentimenti nazionalisti, non solo in Cina, che fanno perdere razionalità e conducono a decisioni irrazionali. Questa che abbiamo descritto può essere considerata un’analisi di matrice marxista-leninista, e di fatto lo è, perché teorizza che il capitalismo ha bisogno della guerra per risolvere le sue contraddizioni interne, e perché elaborata da intellettuali cinesi con l’approvazione di Xi Jinping.
Il nazionalismo in Asia, che non è stato portato dagli occidentali, e che ha provocato tante guerre fratricide tra paesi comunisti, è adesso quello cinese, un nazionalismo rancoroso e revanscista. È istigato da Pechino, che fomenta un clima bellicoso con le continue provocazioni contro Taiwan ma anche le Filippine, Vietnam, Malesia, Corea del Sud, Giappone. Anche la Cina si prepara alla guerra, sostengono autorevoli politologi.
La Cina ha messo in atto un’economia tesa al raggiungimento dell’autosufficienza interna, attuando una politica industriale di sostegno alle esportazioni e di protezionismo, di autonomia per l’approvvigionamento in energia e materie prime, sicurezza alimentare e di manifatture, e in più la stessa transizione verso le energie rinnovabili, tutto volto a mettere il Paese in condizioni di affrontare anche situazioni estreme come la guerra.
C’è chi propone“ un’alleanza del nord vikingo, Canada, Groenlandia, Norvegia, Svezia, Finlandia, Islanda”, popoli e paesi che si affacciano sul mar Artico, per frenare il neocolonialismo degli Stati Uniti, il sovranismo e la rivoluzione autoritaria di estrema destra (che sta censurando i media, opere artistiche, e riscrivendo la storia).
Economisti di fama propongono “una coalizione di volenterosi, con Europa, Canada, Messico, Sud Africa e Brasile per ripensare globalizzazione” e nuove regole. Gli stessi che criticano il riarmo europeo, per il quale nessuno più discute dell’equilibrio di bilancio: per la guerra ci sono sempre i soldi. Allora il tema è ridefinire la sicurezza nazionale ed europea.
Ci sono anche zone oscure nei comportamenti degli Stati europei sul conflitto russo-ucraino. Si dice che Francia e Gran Bretagna lavorino “per sabotare i negoziati e prolungare la guerra con truppe di ‘rassicurazione’ in Ucraina”. Che Zelensky ormai è un pendolo impazzito. Che la Germania voglia specularci con le armi.
L’esperienza di quiete e concordia che abbiamo vissuto in Europa – a parte la guerra in Jugoslavia negli anni Novanta – è stata garantita, sostengono altri politologi, non da un ideale condiviso, ma dal timore reciproco delle superpotenze della distruzione nucleare. E dunque una cultura capace di spiegare che il pacifismo non significa semplicemente ‘voler essere lasciati in pace’. Bisogna che l’Europa si armi per difendersi e basta, non per paura di Putin. Per potere contare di più e meglio nel panorama politico internazionale.
Certo noi sosteniamo che l’Europa non può sottostare al ricatto di nessuno. La Storia impone che diventi un unico organismo politico e che cominci a pensare la guerra, non per la guerra che alimenta sé stessa, ma per la sua difesa, per la sua sopravvivenza, per la sua storia.
Il gendarme americano ormai sta cercando di utilizzare gli accordi internazionali a proprio vantaggio, come arma di ricatto. Davanti alle sfide planetarie del futuro, l’Europa si deve presentare come un solido e grande organismo autonomo in tutto, pur facendo parte di organizzazioni internazionali. “Mai come ora servirebbe un governo del mondo. E invece assistiamo al grande ritorno dei nazionalismi. E, forse, anche dei pazzi”, dice il giornalista e scrittore Aldo Cazzullo in risposta a un suo lettore.
La pace in Ucraina è lontana, nonostante la propaganda di Trump, così in Medio Oriente. Conflitti immani possono scoppiare ancora, Iran-Israele-USA, Cina-Taiwan, Russia-Paesi Baltici, e tanti altri in cui la Russia non starebbe a guardare. E sarebbero conflitti totali, nucleari, senza vincitori, solo con vinti.
“Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po’ più ammalato, ruberà tale esplosivo e s’arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.
Sono le parole finali de La coscienza di Zeno, di Italo Svevo. Forse siamo ancora in tempo per evitare che tutto questo accada.
L’articolo “Siamo vicini alla Terza Guerra Mondiale?” non sembra scritto da un cristiano, a parte varie inesattezze (come ad esempio la falsità che lo “zarismo” sia stato cancellato dalla prima guerra mondiale”), questo articolo si presenta come un grimaldello per la manipolazione mentale instillando angoscia profonda -“tutto é perduto”- in chi legge. Ne ha il linguaggio e la struttura.
Sicuramente richiama, anzi di piú, istiga l’angoscia profonda e con questo uccide qualunque speranza.
Gesù Cristo, Dio, é infinitamente piú grande.
Antonio Iadicicco