“Un giorno non sarà necessario l’orgoglio lgbt”. Gesuita sdogana la pratica omosessuale

“Un giorno non sarà necessario l’orgoglio lgbt”. Gesuita sdogana la pratica omosessuale

di Angelica La Rosa

“UN GIORNO NON SARÀ NECESSARIO L’ORGOGLIO” È IL TITOLO DI UN ARTICOLO DI UN GESUITA SPAGNOLO CHE SEMBRA SDOGANARE L’ “AMORE GAY” NELLA CHIESA CATTOLICA

Il gesuita spagnolo José María Rodríguez Olaizola, scrittore e sacerdote, ha scritto un articolo in occasione del “Gay Pride” che è stato pubblicato sul sito pastorale della società fondata da Sant’Ignazio di Loyola.

“Un giorno non sarà necessario l’orgoglio” è il titolo del pezzo che sembra sdoganare l’ “amore gay” nella Chiesa Cattolica.

“Quest’anno non ci saranno carri allegorici, sfilate, folle … Ci sono quelli a cui tutto ciò mancherà e altri, d’altro canto, che respireranno con sollievo. Anche all’interno del mondo LGBTQ ci sono coloro che si pentiranno della mancanza di questa esplosione di esposizione e visibilità e, all’estremo opposto, altri saranno felici di trovare altri modi per separare la pretesa della dignità delle persone omosessuali, dalla sfilata con tutto il suo mix di esposizione, visibilità, montaggio commerciale, frivolezza e sfida”, ha scritto il gesuita. E fino a qui nulla di strano.

Ma nel proseguo dell’articolo c’è da mettersi le mani nei capelli. “Un giorno il Gay Pride o qualsiasi altro orgoglio non saranno necessari. Il giorno in cui tutti riconosceranno la dignità delle persone, di ogni persona, senza che l’orientamento sessuale sia qualcosa che lo mina o lo metta in discussione per alcune mentalità”, ha avuto il coraggio di scrivere il gesuita spagnolo.

“Come Chiesa, siamo progrediti verso una maggiore e migliore integrazione e accettazione della realtà delle persone omosessuali, delle loro necessità e del loro diritto di amare”, ha scritto José María Rodríguez Olaizola. Secondo il gesuita ora i cattolici devono superare “le dosi di incomprensioni ancora esistenti in alcune persone della Chiesa verso la realtà delle persone LGBTQ. Ma quel giorno non è ancora arrivato. Ci sono ancora molti gay che vivono nel tormento per sentirsi giudicati”.

Il sacerdote continua la vittimizzazione degli omosessuali scrivendo: “molti adolescenti vengono derisi o subiscono commenti sprezzanti, a volte in contesti familiari e tra i loro cari. Non oso immaginare ciò che può accadere in loro. Ci sono ancora molte mentalità per le quali ‘avere un figlio gay’ è una tragedia, una vergogna, qualcosa da nascondere e, per questo motivo, il figlio, la figlia, non hanno altro modo che trovare il proprio orgoglio senza lasciarsi annullare. E ancora, nella Chiesa, c’è troppo silenzio prima di alcune dichiarazioni e formulazioni che non rispondono alla realtà pastorale delle nostre comunità, parrocchie, gruppi e spazi di accompagnamento. Troppe persone che riducono l’orientamento sessuale all’ideologia di genere, e trasformano quell’identificazione in un alibi per non ascoltare le testimonianze di tanti cristiani omosessuali che chiedono di sentirsi un po ‘più a casa quando si tratta di essere una comunità. Troppi pettegolezzi e troppa poca benedizione”.

La ciliegina sulla torta José María Rodríguez Olaizola, la riserva per la chiusura del suo articolo: “ogni persona deve essere orgogliosa di essere come Dio l’ha creata. Perché alla fine l’omosessualità o l’eterosessualità non sono una decisione stravagante del popolo. Fa parte (e solo una parte) di ciò che la persona è”.

A quanto pare per questo gesuita le “relazioni omosessuali” sono conformi agli insegnamenti biblici. Probabilmente non ha mai letto il testo sacro, specialmente l’Antico Testamento, e neanche il Catechismo della Chiesa Cattolica!

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