Bergamo è sempre più al centro di un terremoto antropologico e di una deriva etica

IN BASE A QUALI NORME IL SINDACO DI BERGAMO SI È ARROGATO LA RESPONSABILITÀ DI CENSURARE DEI MANIFESTI REGOLARMENTE AUTORIZZATI SULLA PILLOLA ABORTIVA RU 486?

Di Filippo Bianchi*

Bergamo è sempre più al centro di un terremoto antropologico.

In merito all’ultima grave vicenda che ha visto il Sindaco di Bergamo essere autore di un vero e proprio abuso, ho provveduto a presentare un’interpellanza urgente.

Tramite il concessionario Abaco S.p.A., negli spazi adibiti alle pubbliche affissioni, come da regolare procedura e versamento dei diritti di affissione, a Bergamo sono stati affissi 3 manifesti della campagna pubblicitaria di Pro Vita & Famiglia Onlus, promossi da Pro Vita & Famiglia Bergamo e Scienza & Vita Bergamo.

Contemporaneamente il coordinatore di Lista Gori Niccolò Carretta, “Non una di meno Bergamo” e il deputato della Repubblica Elena Carnevali, sulla scia del boicottaggio avvenuto nel Comune di Milano ai danni della medesima campagna, attuavano pubblicamente una serrata ed organizzata azione denigratoria che invocava la censura, tesa ad ottenere la rimozione di tali regolari manifesti, che ancora le persone non avevano neppure avuto modo di vedere dal vivo ed interpretare.

Tale propaganda faziosa, parziale e censoria veniva rilanciata ed amplificata sistematicamente da “Bergamo Pride” e dai media locali online in tutta la provincia, anche con il collegamento web diretto alle pubbliche accuse di “Non una di meno”, nota realtà ultra-abortista.

Parallelamente la stampa locale ometteva altresì di raccogliere e divulgare le dichiarazioni di Pro Vita & Famiglia, ed inoltre ometteva di pubblicare anche il comunicato stampa a supporto di tale pubblicità, appoggiato dal sottoscritto ed altri amministratori della provincia, anche di questo Consiglio comunale.

In data 10 dicembre 2020 il Sindaco di Bergamo intimava per iscritto ad Abaco S.p.A. di rimuovere i 3 manifesti pubblicitari in questione, poiché da Egli ritenuti lesivi della commercializzazione di un prodotto farmaceutico “approvato dall’Aifa”, oggetto della pubblicità, e poiché a suo dire, stavano generando “allarme”, ovvero quello eventualmente ingenerato attivamente proprio dalla sua fazione politica, con la collaborazione dei mezzi d’informazione.

In data 11 dicembre 2020 i manifesti venivano rimossi, come da espressa richiesta di “Non una di meno Bergamo” (che tra l’altro anche nel 2019 aveva boicottato e ottenuto l’annullamento del convegno “Nascere a Bergamo”, che avrebbe dovuto svolgersi presso una struttura comunale), e “Pro Vita & Famiglia” subiva un danno ingiusto.

Ricordiamo che neppure i volgari manifesti della fiera pornografica “Bergamo Sex”, che mercificano il corpo della donna, sono mai stati rimossi nonostante siano in netta contraddizione con quanto deliberato dalla Sinistra cittadina, che ha approvato una serie di atti “a tutela dell’immagine della donna e contro gli stereotipi di genere”, nonostante una nostra interrogazione e forti critiche a mezzo stampa da parte della cittadinanza.

Tuttavia la RU486, che non è un farmaco come tutti gli altri e neppure un anticoncezionale come molti pensano, è la pillola attraverso la quale – secondo le Linee guida del ministro Speranza – si realizza l’aborto chimico nelle prime 9 settimane di gravidanza.

Anche il Direttore del quotidiano nazionale Avvenire, in risposta ad una lettera del Sindaco di Bergamo, ha fatto pubblicamente notare che è assolutamente lecito discutere pubblicamente della RU486 per la sua natura e per i risvolti etici che il suo consumo comporta. Essa infatti può far male anche alla donna che abortisce, oltre che al figlio che viene ucciso nel grembo. Tutto questo non è liquidabile come allarmismo, il vero allarme è quello che nega e censura le opinioni sul fatto che la vita umana venga scartata nel grembo materno.

L’aborto chimico è molto più rischioso, doloroso e lungo dell’aborto chirurgico, inoltre mentre solleva il personale sanitario dalle responsabilità queste vengono scaricate sulla donna, esponendola anche a gravi emorragie e traumi psicologici, in quanto molto spesso si ritrova sola a partorire il proprio figlio morto, prima di doverlo “smaltire” come un rifiuto.

Tra l’altro i casi di morte della madre a seguito dell’aborto chimico, seppur minimi, sono comunque di oltre 10 volte superiori rispetto a quelli per aborto chirurgico.

Per di più la RU486 porta l’aborto nella dimensione privata e lascia la donna sola senza assistenza medica, addirittura superando anche i limiti delle vigenti normative in materia di aborto.

L’ente Aifa, invocato dal Sindaco per censurare i cartelli, si è tra l’altro trovato in varie circostanze anche costretto a ritirare dal mercato alcuni farmaci, precedentemente ingiustamente approvati; è altresì consentito esprimere il proprio dissenso nei confronti dei prodotti in commercio e dissuaderne l’acquisto, anche se commercializzati legalmente.

Il nostro Paese è tra l’altro anche vittima di una gravissima crisi demografica, intensificatasi ulteriormente durante l’anno 2020, a causa della crisi economica, sociale e morale in corso. L’implementazione delle varie pratiche abortive, che vanno sempre più emancipando e banalizzando il dramma dell’aborto, gioca un ruolo primario nella curva della decrescita demografica.

Ho richiesto pertanto al Sindaco di Bergamo in base a quale articolo regolamentare si sia arrogato la responsabilità di censurare dei manifesti regolarmente autorizzati, in base a quali fonti normative sia stato interpretato che il proprietario dell’impianto e/o il concessionario del servizio siano responsabili per i contenuti di tali affissioni, se vi sia stato un pronunciamento da parte dell’Avvocatura comunale circa eventuali rischi per il Comune di Bergamo e/o il concessionario del servizio, se vi siano dei precedenti in cui il Sindaco abbia mai censurato dei manifesti regolarmente affissi ed infine se intenda attivarsi affinché il Consiglio comunale di Bergamo possa finalmente discutere, entro gennaio, i due ordini del giorno per sostenere la maternità e la vita, che giacciono in attesa da quasi un anno (il primo per sostenere le madri in difficoltà economica durante (il primo per sostenere le madri in difficoltà economica durante la gravidanza ed il secondo per diffondere l’iniziativa “Culla per la Vita”).

Intanto il Presidente di Pro Vita & Famiglia Onlus ha dichiarato che i propri legali sono al lavoro con decine di denunce in tutto il Paese.

* Consigliere comunale di Bergamo (nella foto)

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