L’educazione per la Chiesa? Nella libertà e nella pluralità

DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA? BUTTIAMOLA IN POLITICA: “E” COME EDUCAZIONE

A cura di Giuseppe Brienza*

La prima applicazione politica del corretto principio dell’educazione consisterebbe nella realizzazione della libertà e della pluralità scolastica, obiettivi impediti di fatto dal monopolio statale che abbiamo in sistemi come quello italiano.

Alcune Regioni, su tutte la Lombardia e il Veneto, hanno parzialmente compensato il disfavore dello Stato centrale nei confronti delle 12mila scuole paritarie esistenti nel nostro Paese con il c.d. “buono scuola” (voucher). Ma siccome si tratta di un tema troppo ampio, concentriamo la nostra attenzione su una applicazione secondaria se vogliamo dell’educazione pubblica ma che è fondamentale per quanto riguarda i principi costituzionali e naturali relativi alla famiglia.

Ribadisce in questo senso il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, al n. 242, che i genitori hanno una particolare responsabilità nella sfera dell’educazione sessuale dei propri figli. Per questo non è ammissibile che le famiglie vengano, esplicitamente o implicitamente, espropriate di questo loro fondamentale diritto/dovere dalle Istituzioni, centrali o locali che siano.

Si pensi, ad esempio, a quanto sta facendo negli ultimi 15 anni in Italia la “Rete Nazionale delle Pubbliche Amministrazioni Anti Discriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere“, acronimo Ready, che è un network di pubbliche amministrazioni nato nel 2006 per “promuovere politiche a favore delle persone LGBT” (acronimo utilizzato per riferirsi a persone Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender).

A questo network, al quale hanno finora aderito una sessantina fra enti pubblici, comuni, province, regioni, istituzioni e “organismi di parità”, fanno capo tutte le varie “campagne di comunicazione”, “adesione e promozione di campagne europee”, “giornate tematiche con eventi diffusi” tipo Gay Pride, ricerche di fondi “per le attività della Rete”, “pagine informative”, “incontri coni partner della rete”, “Raccolta delle buone prassi” che sono a carico degli aderenti, cioè Comuni, Province, Regioni, enti pubblici, quindi tutti i cittadini, anche quelli che condividono. C’è poi la “Segreteria” della Ready che è assunta da uno dei partner, con il Comune di Torino che svolge un ruolo di capofila essendosi dotato per primo di un “Servizio LGBT”.

Tra le altre finalità della Ready, nei confronti della quale va segnalata l’importante defezione di una regione importante come il Friuli Venezia Giulia (con l’elezione a “governatore” del leghista Massimiliano Fedriga, infatti, la giunta regionale ha deciso nel 2018 di uscire dalla rete), vi sono “azioni informative e formative” per il personale dipendente degli Enti partecipanti, il che significa corsi di formazione, “azioni informative e formative” per il personale impegnato in campo educativo, scolastico, sanitario e per il mondo produttivo.

Non di rado tali programmi filo-Lgbt, che si nascondono sotto denominazioni “neutre” se non apparentemente positive (come ad esempio progetto “peer education”, educazione all’affettività, alla scoperta del sé o contro il bullismo, etc.) sono nascosti o misconosciuti dai genitori.

 

* Vedi il canale YouTube curato dall’Autore Temi di Dottrina sociale della Chiesa: https://www.youtube.com/channel/UC1So1iXwqJ6TJk0eP0XmZ_w.

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