Vergini consacrate, vocazioni da riscoprire per la Nuova Evangelizzazione

DOMANI S. MESSA SOLENNE NELLA CATTEDRALE DI IVREA (TORINO) CON LA CONSACRAZIONE DA PARTE DEL VESCOVO CERRATO, DOPO BEN 6 ANNI, DI UNA NUOVA VOCAZIONE NELL’ORDO VIRGINUM DIOCESANO. QUELLO DELLE VERGINI CONSACRATE È UN ORDINE CHE RISALE ALLE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO E NELLA CHIESA ITALIANA SI CONFIDA POSSA TROVARE “NUOVA VITA” PER COLLABORARE ALLA RI-EVANGELIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ

Di Sara Deodati

Domani il Vescovo di Ivrea potrà finalmente, dopo ben sei anni, ordinare in cattedrale una nuova Ordo virginum diocesana. Mons. Edoardo Aldo Cerrato, infatti, consacrerà durante una Messa solenne, con inizio alle ore 10, Valentina Gili Borghet, 40 anni, di Ivrea, insegnante all’istituto 25 Aprile di Cuorgnè. La nuova Vergine consacrata è da anni impegnata nell’Associazione Amici di Fruttuaria e nei gruppi di lettori e cantori nella parrocchia di San Benigno Canavese. Inoltre, è ben conosciuta per essere a disposizione nei servizi parrocchiali dell’Abbazia di Fruttuaria, dedizione che ha sicuramente contribuito a suscitare in lei una vocazione la cui origine risale addirittura ai primi tempi del Cristianesimo.

Le donne dell’Ordo virginum sono cristiane che hanno rinunciato al matrimonio e, sotto l’illuminazione dello Spirito Santo, fanno voto di castità consacrando la propria verginità a Cristo al fine di amarlo più ardentemente e servire con maggiore dedizione i fratelli.

Fin dai primi secoli dell’era cristiana vi sono state nella Chiesa varie forme di vita religiosa e il primo rito completo di professione monastica giunto fino a noi risale allo Pseudo-Dionigi Areopagita, vissuto probabilmente tra il sec. V e VI. I testi e i riti della “professione religiosa” sono diversi a seconda delle comunità che mano a mano si andavano costituendo in Oriente o in Occidente, nelle città o nei deserti, in comunità monastiche piuttosto che in ordini religiosi. A grandi linee, possiamo elencare tre principali riti di professione: la professio super altare, se connessa con la celebrazione della Santa Messa, tipica della tradizione benedettina; la professio in manibus, nelle mani di un superiore o di una superiora, affermatasi negli ordini canonicali e accolta in molti altri istituti come frati predicatori, frati minori cappuccini, carmelitani, ecc., divenendo la forma più diffusa; la professio super hostiam, immediatamente prima della Comunione, adottata dalla Compagnia di Gesù, e diffusasi anche in altri istituti soprattutto femminili.

Con il trascorrere dei secoli, alcuni testi e riti riguardanti la professione di fede sono divenuti meno rispettosi dell’originario spirito liturgico, perdendo progressivamente la semplicità e l’oggettività dei tempi antichi. La proliferazione degli istituti religiosi, infatti, ha indotto la moltiplicazione dei rituali e, pertanto, in attuazione agli orientamenti del Concilio Vaticano II (1962-1965), fu pubblicato il 31 maggio 1970 l’Ordo consecrationis virginum (OCV).

Il testo tratteggia il cammino di preparazione alla professione religiosa descrivendo le varie tappe: la prima professione (temporanea), il rinnovamento e in particolare la professione perpetua che ha un significato più profondo e che viene conferita con maggiore solennità. Questo Rituale Romano è da intendersi come un punto di riferimento per ogni famiglia religiosa che lo adatterà adeguandolo al proprio carisma nei riti e nei testi, seguendone comunque la struttura fondamentale.

Il rito della professione perpetua si svolge durante la Messa, dopo la liturgia della Parola. Riguardo a quanto si riferisce propriamente al rito della professione, ci sono i seguenti elementi principali: la chiamata dei candidati; l’omelia che spiega attraverso le letture bibliche, la situazione di coloro che abbracciano la vita religiosa; interrogazioni sulle intenzioni dei candidati con le quali il celebrante prende atto della effettiva disponibilità a consacrarsi a Dio. Segue la preghiera litanica della comunità su di essi, la professione secondo la formula di ogni famiglia religiosa e la benedizione o preghiera di consacrazione dei neoprofessi. Vengono quindi consegnati i simboli (vesti o insegne o un anello per le religiose) come espressione del vincolo perpetuo a Cristo ed infine conclude il tradizionale bacio di pace tra i neo-professi e gli altri fratelli.

Emettendo il “santo proposito” di seguire Cristo più da vicino, le Vergini sono consacrate dal Vescovo diocesano e, secondo il canone 604 del Codice di Diritto Canonico, “unite in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio”. Sono quindi “spose di Cristo” che, ciascuna nel proprio stato di vita e seguendo un particolare carisma, attendono alle opere di penitenza e di misericordia, all’attività apostolica e alla preghiera.

Alla vigilia del Concilio Vaticano II la liturgia romana presenta un rito per la consacrazione delle vergini che, in sostanza, risale alla fine del XIII secolo. Per questo i Padri conciliari hanno avvertito il bisogno di procedere ad una revisione dello stesso, divenuto ormai prolisso e ridondante per le orazioni e per i segni aggiunti lungo il corso dei secoli. Il 31 maggio 1970, la Congregazione per il Culto divino promulgò quindi l’Ordo consecrationis virginum (OCV), dopo che l’assise conciliare aveva disposto nella Costituzione sulla liturgia “Sacrosanctum Concilium” che tali riti fossero riportati a una «maggiore unità, sobrietà e dignità».

Con il citato OCV, promulgato durante il Pontificato di Paolo VI, si è giunti ad una struttura del rito della consacrazione delle vergini finalmente semplice e lineare. Come per altri tipi di consacrazione, anche questa si svolge durante la celebrazione eucaristica, tra la liturgia della Parola e la liturgia del Sacramento.

Preliminarmente occorre segnalare che, l’ammissione alla consacrazione presuppone la verifica delle condizioni richieste dalle Premesse al Rito della Consacrazione delle Vergini e, quindi, che la donna non sia mai stata sposata o che non abbia mai vissuto pubblicamente in uno stato contrario alla castità. Inoltre, che la stessa si possa ritenere in grado di perseverare in tale proposito di verginità per tutta la vita.

Per verificare tali presupposti, il Vescovo chiederà e terrà conto di pareri di persone che ne hanno seguito e condiviso la formazione umana, spirituale, teologica e l’esperienza ecclesiale.

La struttura della celebrazione è la seguente: dopo la prima parte dell’Eucarestia ha luogo la chiamata delle vergini, mediante un appello cantato dal Vescovo. Le vergini quindi si avvicinano all’Altare con candele accese (l’Ordo prevede anche una seconda forma caratterizzata dall’appello individuale delle vergini). Dopo l’omelia del Vescovo, in cui vengono spiegate le letture e il significato del dono “della verginità per la santificazione personale delle consacrande, per il bene della chiesa e di tutto il mondo” (OCV 29), segue la vera e propria consacrazione. L’OCV prevede anche un testo ad libitum ispirato a testi patristici e strutturato in due parti, la prima indirizzata all’assemblea e l’altra alla consacranda offrendo una ricca dottrina sul valore e sul significato della verginità consacrata. A seguire nel rito vediamo che il Vescovo procede alle interrogazioni con le quali è richiesto solennemente alle consacrande se intendono perseverare nel proposito di verginità ricevendo la consacrazione (OCV 30). Queste interrogazioni servono al Vescovo per assicurarsi che le vergini abbiano ben compreso gli impegni e gli obblighi assunti con la loro vocazione suscitando nel loro animo una piena consapevolezza del grande dono che stanno per ricevere. Dopo le promesse delle vergini si invocano le litanie dei santi per implorarne l’intercessione, e, poi rinnovare il proposito di castità. Ultimato il canto delle litanie come indica il numero 36 dell’Ordo «se si ritiene opportuno, le vergini offrono a Dio, per le mani del vescovo il loro proposito», cioè la scelta dello stato verginale e la loro donazione a Cristo.

Con la preghiera di consacrazione del Vescovo che tiene le mani distese, egli supplica Dio Padre di effondere con abbondanza i doni dello Spirito santo sulle vergini (cfr. OCV 38). Segue infine la consegna delle insegne della consacrazione (velo e anello come segni sponsali e libro della Liturgia delle Ore come segno ecclesiale), che indicano esternamente il nuovo “stato” delle vergini nella Chiesa. In questa parte del rito c’è da rilevare la soppressione della consegna della corona che era stata introdotta nel X secolo ma che, ormai, aveva perso di significato. Dopo la liturgia eucaristica e i riti di conclusione, le neoconsacrate si recano davanti all’Altare per ricevere la benedizione solenne, ultimandosi così il rito.

Per concludere, è utile accennare ad alcune indicazioni sulle date adatte per la celebrazione di questo rito. Quelle previste sono l’ottava di Pasqua, le solennità, le domeniche e le feste della Madonna e delle sante vergini. Si usa la Messa propria “nel giorno della consacrazione delle vergini” che, però, non può essere celebrata nei giorni del Triduo pasquale, nelle domeniche di Avvento, di Quaresima e del tempo di Pasqua, nel giorno dei defunti, il Mercoledì delle Ceneri e nella Settimana Santa.

Le vergini consacrate operano nel mondo rispettando le condizioni di chi vive negli Istituti religiosi. In famiglia, in parrocchia o in una Chiesa locale, negli impegni professionali o sociali, a differenza dei “secolari” che vivono la loro consacrazione con un certo riserbo con l’obiettivo specifico di ordinare secondo Dio tutte le realtà temporali, le donne ammesse al rito di consacrazione verginale si pongono ordinariamente nel mondo come “consacrate”, ricevendo un riconoscimento pubblico dalla Chiesa.

C’è comunque una certa affinità tra le vergini che vivono nel mondo e quelle che hanno scelto una vita monastica. Se ci possono essere delle differenze nello stile di vita, in entrambi i casi è significativo l’aspetto di essere dono a Cristo nella verginità. Se la professione religiosa passa attraverso il carisma di un Fondatore o di una Fondatrice che elabora una spiritualità e una regola specifica per il servizio ecclesiale, la consacrazione nell’Ordo Virginum, essendo ricevuta in qualità di singola persona, è maggiormente espressione di un carisma vissuto direttamente al servizio della comunità ecclesiale con la sola mediazione della Chiesa rappresentata dal Vescovo.

La Consacrazione delle vergini mostra chiaramente il significato di un rito solenne attraverso il quale la vergine diventa una persona consacrata “segno” dell’amore della Chiesa per Cristo, immagine escatologica della sposa celeste e della vita futura. Con tale rito la Chiesa da un lato manifesta il rispetto per la verginità, dall’altro vuole invocare sulle vergini l’abbondanza della grazia divina e l’effusione dello Spirito Santo.

È chiaro che la vocazione alla verginità provenga direttamente da Dio. È certamente un mistero d’amore che lega intimamente a Cristo tutte le anime che sono “chiamate”. Chi è vergine entra infatti nell’intimità dello Spirito Santo rendendosi completamente disponibile ad accettare qualsiasi missione Dio vorrà affidarle. Mediante questo rito solenne «la vergine è costituita persona consacrata» quale «segno trascendente dell’amore della Chiesa verso Cristo, immagine escatologica della Sposa celeste e della vita futura».

Spesso la scelta delle Vergini consacrate è presentata come “anacronistica”, perché l’offerta della propria verginità è vista come una rinuncia o una negazione della propria affettività e sessualità. In realtà se la vocazione è abbracciata dopo un adeguato discernimento ed è vissuta alla luce di una fede profonda, essa trasforma anche l’affettività personale, perché l’amore di Dio trasfigura ogni amore umano. Se le vergini consacrate vivono il dono di sé come un rapporto unico e affettivo, riescono infatti a diffonderlo come un “profumo” in tutti i più vari contesti di vita, di lavoro e relazioni sociali con uno stile di vera accoglienza ed amicizia.

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