La teologia, “scienza della fede”

La teologia, “scienza della fede”

NON A TUTTI SONO CHIARI I CONCETTI FONDAMENTALI RELATIVI ALLA DEFINIZIONE, NATURA ED OGGETTO DELLA TEOLOGIA CATTOLICA. EPPURE, LA PIENA CONOSCENZA DELLA GENESI E DELLA STORIA DI QUESTA DISCIPLINA SCIENTIFICA È INDISPENSABILE PER IMPOSTARE CORRETTAMENTE RELAZIONI CHE HANNO ASSUNTO ORMAI UN’IMPORTANZA FONDAMENTALE, QUALI IL RAPPORTO TRA SCIENZA E FEDE, TRA BIBBIA E MORALE E TRA CULTURA E TEOLOGIA. ALLA FINE, NE EMERGE UN QUADRO DELLA TEOLOGIA CONTEMPORANEA QUALE “SCIENZA DELLA FEDE” A TUTTO TONDO, SEMPRE SE ORTODOSSA, NATURALMENTE…

Di Sara Deodati

La parola “teologia” trae origine dal greco, derivando la sua denominazione dalla fusione delle due parole “discorso” (lógos), “su Dio” (Theós). Già l’espressione attesta la natura composita di questa disciplina, che abbraccia appunto due elementi, l’uno chiaramente umano, il lógos, l’altro trascendente, soprannaturale, vale a dire il theós.

Il greco Aristotele (384/383-322 a.C.) ed i filosofi platonici intesero per “teologia” lo studio delle realtà immateriali, cioè il mondo delle Idee e della Causa Prima.

Gli autori cristiani, già a partire dal III secolo, si appropriarono di questo termine servendosene per designare lo studio dei misteri della fede in Cristo. Nel periodo medievale (secoli V- XV) il termine più usato per indicare la scienza della fede, invece che “teologia”, è sacra doctrina, in quanto impiegato ad esempio in tutto l’insegnamento di San Tommaso d’Aquino (1225-1274). Con il coevo San Bonaventura da Bagnoregio (1217-1274), invece, la parola theologia è utilizzata con il significato utilizzato oggi.

La teologia essenzialmente è uno studio sistematico e critico della fede cristiana, che attinge a tutti i livelli del sapere umano, specialmente alla filosofia.  Mentre l’oggetto materiale (ciò che è comune a varie scienze) della riflessione teologica consiste riduttivisticamente nello studio del fenomeno cristiano, l’oggetto formale della scienza della fede (cioè il contenuto proprio e specifico della teologia come disciplina determinata) s’identifica con il fine stesso dell’uomo, cioè con il lume della fede, la Rivelazione e la Parola di Dio. L’oggetto materiale della teologia, in definitiva, è Dio stesso e, come avverte il padre saveriano Battista Mondin (1926-2015), «senza una chiara menzione di questa componente, che è quella principale, non si distingue sufficientemente la teologia soprannaturale da quella naturale, dalla storia delle religioni o dalla storia del cristianesimo» [Teologia, in G. Tanzella-Nitti-A. Strumìa, (a cura di) Dizionario Interdisciplinare di Scienza e Fede. Cultura scientifica, filosofia e teologia, Urbaniana University Press – Città Nuova Editrice, Roma 2002, vol. 2, p. 1374].

Le varie discipline nelle quali si suddivide analiticamente la teologia sono definibili secondo l’oggetto che prendono in esame. Così la teologia trinitaria studia il mistero della Trinità, la Cristologia indaga la natura e la missione di Gesù Cristo, la teologia sacramentaria illustra le origini e le funzioni dei sacramenti e, infine, la teologia fondamentale “riepiloga” i contenuti della fede ed i suoi dinamismi. Se attraverso le varie “branche disciplinari” teologiche il credente è invitato a capire ciò che l’uomo crede, nella teologia fondamentale egli viene aiutato a comprendere l’atto stesso del credere, cercando una risposta alle seguenti domande fondamentali della speculazione teologica: cosa vuol dire credere? Perché si crede?

Papa Giovanni Paolo II, nella costituzione apostolica Sapientia Christiana (15 aprile 1979) definisce così lo scopo della teologia: «approfondire e trattare sistematicamente, secondo il metodo scientifico ad essa proprio, la dottrina cattolica, attinta con la massima diligenza dalla divina Rivelazione; e quello, ancora, di ricercare accuratamente le soluzioni dei problemi umani alla luce della stessa Rivelazione» (n. 66).

Il Magistero della Chiesa insegna che la teologia non esiste che in relazione al dono della fede. Secondo la definizione classica coniata da sant’Anselmo d’Aosta (1033/1034-1109), essa consiste nella Fides quaerens intellectum (Fede che cerca di capire). La speculazione teologica, in tal senso, è intelligenza della fede, quindi non semplice fede (Parola di Dio, Vangelo, Sacra Scrittura, Storia della salvezza, etc.), bensì incontro, simbiosi, sintesi fra fede e ragione.

Si tratta di una ricerca che comincia nella fede e con la fede, ma che dovrebbe rimanere nella fede perché una teologia che la distruggesse non sarebbe più un “discorso su Dio”.

Ora, la fede si può definire secondo un duplice senso. Da un lato, è infatti l’atto con il quale si crede e dall’altro si identifica nel contenuto che viene creduto. Al domandare sull’atto di fede, ci si trova quindi davanti alla questione della relazione tra fede e ragione. Qual è il rapporto tra l’atto di fede e l’attività razionale dell’uomo? La prima risposta a tale interrogativo è che l’atto di fede è ragionevole e responsabile perché la Rivelazione è credibile.

La Teologia Fondamentale affronta anche questo tipo di questione, suddividendosi in due ambiti:

  1. da un lato si occupa dei “fondamenti”, di quelle basi dalle quali deriva poi tutto il contenuto della fede: la cristologia, la Trinità, la morale, la visione dell’uomo, il peccato, ecc., insomma, la Rivelazione; vuole riflettere insomma sul fatto che Dio si rivela, si fa conoscere;
  2. dall’altro la Teologia Fondamentale si occupa del perché gli uomini credono, dei motivi, cioè, della fede. Si tratta, in fin dei conti, del tema della credibilità del cristianesimo.

È evidente come sia il primo sia il secondo degli ambiti di studio teologico si inseriscano, idealmente, nel vasto orizzonte di quel dialogo tra fede e ragione che oggi è quanto mai attuale e che, tuttavia, ha presentato forti elementi di dibattito a partire dall’apparente frattura realizzatasi all’inizio dell’età moderna.

Il Magistero della Chiesa ha sempre osservato che, a livello di principio, le due verità della fede e della scienza non possono mai contraddirsi. La teologia ha dal canto suo messo in rilievo che, anche laddove ciò accada, questo è il risultato di una lettura erronea del Libro della Natura o del Libro della Rivelazione Divina. Ad esempio, stando alla tradizione biblica, patristica e teologica che lo stesso “padre” della scienza moderna Galileo Galilei (1564-1642) abbracciava, l’unico e lo stesso Dio garantisce sia l’intelligibilità e la razionalità dell’ordine naturale delle cose che costituiscono l’oggetto della ricerca condotta dagli scienziati, sia l’intelligibilità della fede, che costituisce l’oggetto dell’investigazione della teologia cristiana. Questo Dio, che ha creato il Libro della Natura, si è rivelato quale Padre di Gesù Cristo e, in lui, di tutti gli uomini. In questa prospettiva Giovanni Paolo II ha osservato più dettagliatamente che scienza e fede sono complementari e che il loro rapporto è meglio inteso come un cerchio: fede e ragione «sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità» (lettera Enciclica Fides et ratio, “circa i rapporti tra fede e ragione”, 14 settembre 1998). La scienza, da parte sua, può supportare la religione nella ricerca delle verità naturali e la fede può a sua volta contribuire a purificare la scienza dall’idolatria e dai falsi assoluti.

Scienza e fede possono quindi spronarsi a vicenda e giungere in un universo della conoscenza nel quale entrambe hanno un ruolo attivo e sinergico. Per questa ragione, l’habitus della fede può agire per dare vita ad una ricerca scientifica positiva, verità questa dimostrata dal fatto che la moderna scienza galileiana è nata in un clima cristiano caratterizzato dalla crescente assimilazione del messaggio di libertà posto nel cuore dell’uomo da Gesù Cristo.

Il termine epistemologia deriva dall’unione di due parole greche: epistéme (scienza) e lógos (discorso). Il senso etimologico è, quindi, un discorso sulla scienza. Nel significato attuale per epistemologia si indica una disciplina filosofica che riflette sull’insieme delle conoscenze positive e delle teorie scientifiche di una data epoca. Si occupa, quindi, dei presupposti, strutture, metodi, ecc. della scienza in generale e delle diverse discipline scientifiche, compresa la teologia, da quando almeno il suo studio ha assunto forma sistematica e metodo rigoroso (XII sec.).

Gli scrittori cristiani hanno fatto teologia intesa in questo modo fin dall’epoca dei Padri della Chiesa, prima ad Alessandria, poi a Cartagine, quindi ad Antiochia, Gerusalemme, Roma, Costantinopoli, Milano. Essi sono riusciti a fare teologia in modo rigoroso e, talora, anche in modo sistematico.

Il merito di avere elevato la teologia al grado di scienza spetta però a San Tommaso d’Aquino che, proseguendo lo sviluppo che la speculazione teologica aveva avuto nel XII sec., utilizza in teologia la teoria aristotelica della scienza e della dimostrazione scientifica. Vicino alla lectio divina ed alla meditazione sulla Sacra Scrittura, egli realizza quindi una riflessione sistematica che ha per oggetto i dati della Rivelazione (accettati per fede). Con la teologia dell’Aquinate, assunta poi nella maggioranza delle scuole cattoliche, si distingue per unire, dapprima tra ragione filosofica e fede, quindi tra natura e soprannatura, come pure si ha la massima utilizzazione della filosofia e delle sue tecniche nell’elaborazione delle formule dogmatiche e nella dimostrazione dei praeambula fidei, ovvero dei preannunci o vie preparatorie alla fede, che rientrano completamente nel dominio della ragione.

Sebbene ci sia un accordo generale tra gli esperti riguardo alla necessaria esistenza di una disciplina che rifletta sulle domande fondamentali su Dio e sull’uomo, non vi è un analogo consenso su quale dovrebbe essere il suo oggetto, il suo metodo, la sua natura, o i suoi compiti.

Eppure, essendo una scienza, e perciò uno studio rigoroso, approfondito, critico e sistematico, anche la teologia ha bisogno, come ogni disciplina scientifica, di un proprio metodo. Storicamente, il primo metodo scientifico fu elaborato da Aristotele nella sua logica (gli scritti dell’Organon), trattandosi essenzialmente di un metodo deduttivo: si procede da verità universali e si arriva a conclusioni (verità) particolari. Tale criterio, assunto a lungo come punto di riferimento nella riflessione teologica, nell’età contemporanea è stato messo in discussione conducendo in alcuni casi anche al suo superamento con il passaggio dal metodo deduttivo al metodo induttivo. In virtù di quest’ultimo, la teologia non procederebbe più a partire da un’assiomatica generale desunta dall’orizzonte metafisico o anche dalla Rivelazione divina, ma dalla storia degli uomini, dalle loro vicende culturali, dalle loro esperienze religiose, per interpretarle alla luce del Vangelo come storia della salvezza. Per superare l’unidirezionalità dei due metodi, rispettivamente dal basso (induttivo) e dall’alto (deduttivo), si dovrebbe far sì che entrambi interagiscano continuamente dando luogo ad un metodo che sia “circolare” e capace di implicare la teoria nella prassi e viceversa.

Il Concilio Vaticano II ha insegnato in merito due regole fondamentali che, a tutt’oggi, fanno stato nella riflessione teologica: la prima è che vi è indissolubile unità tra Sacra Scrittura, Tradizione della Chiesa e Magistero. La seconda è che la Teologia si basa, come sul suo fondamento perenne, sulla Parola di Dio scritta insieme con la Tradizione. Da entrambe si trae quindi la conseguenza pratica che «lo studio delle Sacre Pagine sia come l’anima della Teologia» (Costituzione Dei verbum, 18 novembre 1965, n. 24).

In realtà nella riflessione post-conciliare si possono identificare tre approcci generali allo studio della teologia, che appaiono piuttosto diversi l’uno dall’altro.

In primo luogo, c’è l’approccio apologetico, in virtù del quale la disciplina teologica s’identifica con la spiegazione dei fondamenti razionali della fede in termini che i non credenti possono capire.

Poi abbiamo l’approccio dogmatico, che concepisce la speculazione teologica come un trattato dogmatico sulla Rivelazione e la sua Trasmissione. Il suo metodo è quello proprio della teologia dogmatica: si inizia con ciò che la fede dice sulla Rivelazione (teologia positiva), si penetra poi nella comprensione di quella fede (teologia speculativa).

Infine, è possibile identificare un approccio epistemologico, il quale dà luogo ad un’epistemologia teologica, cioè ad un’investigazione delle fondamenta della teologia come scienza.

La teologia cristiana, in definitiva, è semplicemente il tentativo di capire Dio in base alla sua rivelazione nella Bibbia. Nessuna teologia spiegherà mai completamente Dio e le sue vie perché Dio è infinitamente ed eternamente più “alto” di noi. Quindi, qualsiasi tentativo di descriverlo sarà sempre in parte carente. Tuttavia, la teologia è l’arte e la scienza di sapere ciò che possiamo sapere e conoscere di Dio in modo organizzato e comprensibile. In questa sua indagine, per l’ampia trama dei rapporti che esistono fra pensiero scientifico e teologia, il dialogo fra queste due fondamentali branche del sapere assume la connotazione di un “dialogo necessario”. Solo se complementari, come insegna Giovanni Paolo II, esse sono in grado di rispondere nel modo più efficace alla sfida della verità che ogni uomo deve affrontare nella propria vita individuale e sociale.

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