Amministrative 2021 e politiche – magari anticipate – dell’era D.C. (Dopo Covid): corriamo incontro alle campagne elettorali più pittoresche di sempre

Amministrative 2021 e politiche – magari anticipate – dell’era D.C. (Dopo Covid): corriamo incontro alle campagne elettorali più pittoresche di sempre

SCAMPOLI DI FINE ESTATE E PROFUMO DI AMMINISTRATIVE: LA SARDINA SANTORI ALLA CONQUISTA DI BOLOGNA, PER IL BENE DEL PAESE…

Di Dalila di Dio

Tra caccia ai no vax, rave selvaggi, sbarchi incontrollati e indignazione generale per le donne abat jour di Diletta Leotta, anche l’estate dell’Europeo vinto, del record di medaglie olimpiche e del Green Pass salvezza del mondo si appresta a cedere il passo all’autunno e, tra qualche settimana, milioni di italiani saranno chiamati alle urne per scegliere, tra gli altri, i sindaci di Roma, Milano, Torino, Napoli e Bologna.

Certo, c’è ancora tempo per qualche bagno e per qualche ballo proibito – no, non dirty dancing, ma multe a chi balla in discoteca – ma non possiamo voltarci dall’altra parte mentre ci corre incontro una delle campagne elettorali più pittoresche di sempre, preludio all’elezione del Capo dello Stato e alle politiche – magari anticipate – prime dell’era D.C., Dopo Covid.

Quelle di ottobre saranno le elezioni in cui Virginia Raggi – nostra signora delle colate di asfalto e delle piste ciclabili – proverà a difendere la sua roccaforte dagli attacchi di Calenda il borgataro dei Parioli, Gualtieri l’economista con la laurea in storia e Michetti Mr. Wolf de noantri.

Secondo molti, nessuno vuole davvero vincerle, queste elezioni.

Roma è una bella gatta da pelare e nessun partito vuole rischiare di perdere consensi a causa di gabbiani, cinghiali, rifiuti e pantegane.

Ma Virgina no. Virgina è differente.

Lei Roma la vuole davvero e per tenersela cala il Jolly: l’alleanza con Alfonso Pecoraro Scanio, una di quelle mosse capaci di scardinare tutti gli equilibri politici e trascinare le masse.

Insomma, per Roma è cosa fatta: l’app che controlla le buche, proposta dall’ex Ministro ecologista, è la vera svolta di questa combattuta elezione. Caso chiuso.

A Napoli si rivede Bassolino: “Ancora Bassolino? Sì, perché Napoli ha bisogno di esperienza per rinascere”. Sì, l’ha scritto davvero nei suoi manifesti.

Spiace per l’inossidabile Antonio, ma anche lì non c’è storia.

Gaetano Manfredi, candidato PD e 5 Stelle – coalizzati a corrente alternata – ha già messo in campo la sua strategia per conquistare il cuore dei partenopei: “mille assunzioni entro il primo anno”.  Nulla su asfalto e ciclabili, ma siamo fiduciosi in cchiù pilu pe’ tutti.

A Milano tutto tranquillo, almeno fino ad ora: mentre il Movimento 5 Stelle nelle ultime ore e non senza fibrillazioni, ha finalmente deciso per Layla Pavone, membro del CdA del Fatto Quotidiano – incredibile, vero? – a rubare la scena è la candidatura di Mauro Festa, del Partito Gay.

Esatto. Partito Gay.

Demopolis lo accredita pure di un solido 3%, che è poco ma sempre più di quanto intascherebbe Matteo Renzi se si votasse oggi, per dire.

A Torino Chiara Appendino ha mollato il colpo da mesi: non si ricandiderà. Per lei, verosimilmente, un posto da vice del Presidentissimo Conte, eletto di recente con un vero plebiscito in cui ha raccolto il 92,8% delle preferenze in una contesa asperrima, che lo vedeva contrapposto al proprio avatar Giuseppi. Appendino e Giuseppi potranno dedicarsi insieme al dialogo serrato con i Talebani, come auspicato un paio di giorni fa dal Presidente bello bello in modo assurdo. Chissà che a loro non si unisca Di Battista che appena qualche anno fa aveva esortato il Paese a dialogare con i terroristi.

Non è da escludere che dopo il partito di Bibbiano, l’eroe di Volturara Appula sia pronto ad assoldare i Talebani responsabili, per sostenere un eventuale Conte ter.

Non ce ne voglia Conte, ma, per quanto altrove si impegnino, i riflettori della Nazione sono tutti puntati su Bologna: non importa chi sarà il prossimo Sindaco dei felsinei, quello che conta è che in Consiglio Comunale ci sia uno scranno per colui che, coraggiosamente, “rinunciando agli affetti più cari e spesso perdendo occasioni di crescita professionale” – sic! – ha deciso di sacrificarsi per la democrazia scendendo in campo come candidato del Partito Democratico.

Mattia Santori lancerà ad ognuno dei cittadini di Bologna il suo pallone da basket, sperando che non ritraggano le mani.

Del resto – scrive la sardina – candidarsi non è forse la più alta forma di mobilitazione politica?

Un vero eroe, Mattia, che decide di metterci la faccia “in un periodo storico in cui fare politica è un’onta e in cui candidarsi è scandaloso”. Si candida col PD ma da INDIPENDENTE: lo fa per portare la sua “esperienza di educatore, ricercatore, volontario, apprendista politico nel consiglio comunale di Bologna”.

Mattia, professione maestro di frisbee, spiega il senso della sua scelta “prima che venga svilito, falsato, infangato da chi lavora per far credere che la politica sia uno schifo, una melma, un tugurio di rozzi individui”.

«C’è un tempo per arginare e un tempo per costruire» Ah, ecco.

«Un tempo per trincerarsi e uno per andare all’attacco» Paura.

«I nostri avversari sovranisti sono deboli: da quando è fallita la “presa” dell’Emilia-Romagna litigano per la leadership, vanno forti nei sondaggi ma perdono le elezioni» in effetti, governano solo 15 regioni su 20.

«Non riescono a fornire soluzioni complesse perché sono vittime della loro stessa propaganda semplicistica» niente a che vedere con grandi battaglie campali come ius soli, voto ai sedicenni e ddl Zan.

Per tutte queste ragioni, coraggiosamente, Mattia sceglie di candidarsi con l’unico grande partito capace di rispondere alle esigenze del Paese con concretezza e visione politica, perché «L’Italia non è un paese di destra, al massimo è un paese frammentato a sinistra in cui sguazza la destra»: ma non aveva governato Berlusconi per 20 anni?

E ai detrattori risponde «Vi diranno che siamo schiavi del PD, che gettiamo la maschera, che ci vendiamo per un posto in giunta» – geniale, ‘sto PD a comprare qualcosa che è sempre stato suo – ma «a Bologna è nata una coalizione che replica il modello Bonaccini e lo migliora: le sardine; un PD che preferisce guardare a sinistra invece che ad Azione o Italia Viva; una lista che unisce i coraggiosi ecologisti di Elly Schlein e il civismo di sinistra di Coalizione Civica; un M5S depurato dai simpatizzanti della destra populista»: insomma, gli manca solo il verme.

«Sarà una strada in salita, ma comunque vada il panorama lungo il percorso alla fine sarà mozzafiato, proprio come oggi» conclude Santori.

E noi siamo qui, in trepidante attesa di assistere alla scalata, speranzosi di vederlo superare sé stesso, impazienti di ricevere quel pallone da basket.

Non ritrarremo le mani, raccoglieremo le perle di Mattia una ad una, sicuri che saprà renderci fieri della sua candidatura col “marchio tossico” (cit.) del PD.

E se andrà male, potrà sempre campeggiare al Nazareno, sotto lo sguardo attonito di Berlinguer.

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