Medioevo, genesi di una “leggenda nera”
LA RIVOLUZIONE HA VOLUTO CANCELLARE IL MEDIOEVO PER CANCELLARE CON ESSO I RESIDUI DI CIVILTÀ CRISTIANA LA CUI DIFESA DEVE COSTITUIRE UNO DEI PIÙ URGENTI COMPITI DEL CONTRO-RIVOLUZIONARIO
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A cura di Pietro Licciardi
Dall’Umanesimo ai nostri giorni, passando per il protestantesimo e l’illuminismo la Rivoluzione ha sempre cercato di calunniare il Medioevo, epoca d’oro della cristianità, nel tentativo di convincere surrettiziamente che quel passato glorioso e fecondo, in quanto cristiano, non deve più ripetersi. Per comprendere i motivi e il fine di tale sforzo denigratorio ci rifacciamo ad un articolo pubblicato sulla rivista “Cristianità” nel 1978 dal professore Marco Tangheroni direttore del dipartimento di Medievistica, e Prorettore nel 1994 dell’Università di Pisa.
Osservando che in epoca recente gli attacchi più subdoli sono giunti dal marxismo-leninismo, soprattutto nella versione italiana ispirata a Gramsci, Marco Tangheroni osserva che benchè tale ideologia si presenti come storicista per distruggere la memoria storica degli individui e dei corpi sociali non occorre fare tabula rasa del passato ma agire selettivamente. Poiché per ogni storicismo l’unico dato positivo della storia è ciò che sopravvive nel presente, allo storico si additano due compiti: indicare nei secoli passati i primi germi embrionali delle radiose conquiste di oggi e di domani; indicare le resistenze, le inerzie, i tabù e le superstizioni che ancora vincolano il presente e da cui occorre liberarsi per realizzare il paradiso in terra. Per quanto riguarda il Medioevo a tale metodo di falsificazione si aggiungono altre due forme di cancellazione della memoria storica: il voluto silenzio e la deformazione linguistica.
Per quanto riguarda la prima benché la storiografia abbia realizzato grazie soprattutto a ricercatori tedeschi e francesi, grandi progressi nella conoscenza di quei secoli si continua a tradurre e divulgare opere scientificamente insulse e piene di luoghi comuni mentre attraverso certe riviste di divulgazione pseudo-storica, opere cinematografiche, mezzi di comunicazione di massa in genere si diffondono nell’opinione pubblica, anche in quella cosiddetta colta, con insistente ostinazione questi stessi luoghi comuni.
Ma ancora più grave è quanto sta accade nella scuola, in cui, se già i programmi della riforma Gentile facevano poco e poco favorevole posto a quei secoli, lo studio del Medioevo oggi – quando non lo si salta a pié pari – si limita a ripetere qualche luogo comune in attesa di diffondersi sul come l’arte rinascimentale venga a riscattare la barbarie precedente; la filosofia rinascimentale cancelli l’arida e oscura scolastica; la politica si sganci finalmente, con Machiavelli, dalla morale; e alle realtà universali (Papato e impero) subentrino le nuove realtà delle monarchie nazionali avviate a un parzialmente accettabile assolutismo illuminato. Del resto cosa mai potrebbero dire sul Medioevo insegnanti di lettere che ormai, nei loro blandi studi universitari, molto di rado affrontano un esame di tema medioevale e che di quel periodo ignorano del tutto la lingua?
Quelle sopra sono osservazioni spicciole ma è anche con operazioni di questo tipo che si è realizzata la congiura del silenzio e istaurato un terrorismo linguistico, evidente, nelle sue conseguenze, anche nel parlare quotidiano: tutto ciò che è brutto, crudele, da condannare, viene correntemente definito con l’aggettivo “medioevale”.
Di più; lo stesso termine “Medioevo” fu coniato col medesimo intento. Età Media, si disse, tra due epoche considerate molto positivamente: la classicità e il Rinascimento; puro scorrere di secoli, quindi, privi di una propria caratterizzazione positiva, pausa nel luminoso cammino del progresso storico, ricaduta nella barbarie e nella inciviltà. Così, mentre termini come Rinascimento o illuminismo, si pongono come già semanticamente caratterizzati (nuova vita, luce sul mondo), la coniazione stessa del termine Medioevo, puramente cronologico, sembra contribuire alla operazione di silenzio e di deformazione.
Alla luce delle considerazioni accennate risulta così comprensibile la scritta, in inchiostro rosso, apparsa alla Sorbona nel 1968: “cancelliamo il Medioevo”. Certo, probabilmente essa significava, per gli estensori, innanzitutto: cancelliamo quei residui di Medioevo che sono ancora presenti oggi – cioè quei residui di civiltà cristiana la cui difesa deve costituire uno dei più urgenti compiti del contro-rivoluzionario -. Ma per raggiungere l’obiettivo -quale che fosse la consapevolezza degli estensori – occorre proprio cancellare la memoria del Medioevo».
Ma perché quest’odio per il Medioevo? Si chiede il professor Tangheroni.
Proprio la sostituzione linguista di un termine apparentemente neutro a quello che si dovrebbe usare, ci fornisce la chiave della risposta. In realtà, ben più che di Medioevo, bisognerebbe parlare di civiltà cristiana o di Cristianità, a seconda che si voglia sottolineare maggiormente l’aspetto socio-culturale o quello politico-istituzionale.
Ora, secondo la lucida analisi della Rivoluzione fatta dal prof. Plinio Corrêa de Oliveira, e citata da Tangheroni, la Rivoluzione per eccellenza è la distruzione dell’ordine per eccellenza. La Cristianità medioevale fu l’ordine alla cui distruzione ha lavorato per secoli la Rivoluzione; e ancora essa lavora per abbatterne quanto, tra le rovine, resta in piedi; magari anche solo come latente possibilità di salvezza sociale. Ciò, si badi, non per un caso, come sarebbe se la Rivoluzione avesse fortuitamente incontrato sul suo cammino un ordine cristiano; non con uguale odio, infatti, avrebbe perseguitato un qualsiasi altro ordine.
Citando ancora Plinio Corrêa de Oliveira: «La Cristianità non è stata un ordine qualsiasi, possibile come sarebbero possibili molti altri ordini. È stata la realizzazione, nelle condizioni inerenti ai tempi e ai luoghi, dell’unico vero ordine tra gli uomini, ossia della civiltà cristiana» .
Il Rinascimento ha rappresentato una sostanziale rottura, con quell’ordine e infatti è qui la genesi prima del concetto di Medioevo, in quanto esso si pose coscientemente in antitesi con i secoli precedenti. Tuttavia, è indubbio che il decisivo incremento alla “leggenda nera” del Medioevo venne dai teologi e dagli storici protestanti, in virtù dell’odio anticattolico, che li animava e da cui nasceva il loro giudizio negativo sul quella epoca di trionfo della Chiesa e del Papato romano, spesso da loro identificato con l’Anticristo.
La storiografia protestante sfocerà in una varia produzione manualistica, apparentemente più asettica, ma pur sempre carica di pregiudizi. Tra queste opere celebre è rimasta la Historia medii aevi a temporibus Constantini Magni ad Costantinopolim a Turcis captam di Cristoforo Keller, comparsa nel 1688, per la definitiva introduzione del termine Medioevo e la fissazione dei limiti cronologici più comunemente accettati.
La profonda avversione, se non il vero e proprio odio, per la cristianità medievale fu poi raccolto dalla storiografia illuministica che neppure tentò di comprendere dall’interno, per così dire, quel periodo ma al contrario proseguì nelle polemiche rinascimentali e protestanti, a riprova del legame di filiazione di questa nuova tappa del processo rivoluzionario dalle due fondamentali tappe precedenti: il Rinascimento, appunto, e la Pseudo-Riforma. Ben noto, ed esemplare in questo senso, è l’Essai sur les moeurs et l’ésprit des nations di Voltaire con il relativo supplemento. Che cosa è stato per lui il Medioevo? Nove secoli di trionfo dell’opinione; un periodo in cui hanno trionfato le superstizioni, insieme lugubri e ridicole, imposte dalla Chiesa, colpevole d’avere allontanato l’Europa dai principi della ragione; una stasi nel progresso umano, anzi un ritorno alla barbarie; un succedersi di convulsioni e guerre senza senso, come le crociate.
Possiamo quindi immaginare il livello dei pamphlets, dei romanzi, degli articoli dell’Enciclopédie: di tutto ciò che faceva opinione e preparava, nei salotti e nelle tipografie, sulle scene e nelle logge massoniche, la grande esplosione rivoluzionaria dell’89. Un lavorìo che porterà alla celebre notte del 4 agosto 1789, allorché l’Assemblea Nazionale decretò, praticamente, di sopprimere il passato, con scopo analogo a quello della scritta sessantottesca sopra ricordata: «cancellare il Medioevo».
Alla fine del ’700 l’operazione rivoluzionaria intorno al Medioevo può dirsi compiuta. In effetti essa ha raggiunto i suoi tre obiettivi: dare della Cristianità una immagine falsa e negativa; diffondere questa immagine fino a farne un quadro intoccabile e accettato; calare nell’azione politica le idee e i sentimenti antimedioevali. Quadro accolto da larga parte del mondo cattolico di oggi, così imbevuto di “modernità”, e per rendersene conto basta purtroppo aggirarsi tra libri di storia e libri di teologia, discorsi di vescovi e omelie domenicali, riviste e giornali sedicenti cattolici.