Le comunità locali: garanzie di identità e di sviluppo economico

COME VALORIZZARE LE COMUNITÀ? IN PRIMO LUOGO, RIDANDO SLANCIO A QUELLA CELLULA FONDAMENTALE DELLA SOCIETÀ CHE È LA FAMIGLIA. È ANCHE NECESSARIO PERÒ DIFENDERE LE ECONOMIE DEI VARI TERRITORI DALLA COLONIZZAZIONE DELLE MULTINAZIONALI E DELLA GRANDE DISTRIUBUZIONE. INFINE, VA CONSERVATO IL “PATRIMONIO IMMATERIALE”: LA CONOSCENZA DELLA STORIA LOCALE IN TUTTA LA SUA RICCHEZZA E COMPLESSITÀ COSTITUISCE UN ELEMENTO ESSENZIALE PER LA SALVAGUARDIA DELLE TRADIZIONI E LA LORO APERTURA AL FUTURO

Di Vincenzo Silvestrelli*

La globalizzazione che stiamo vivendo ha inciso profondamente nelle nostre vite e, come ogni fenomeno di ristrutturazione sociale, ha aspetti positivi e negativi.

Tralasciamo la positività, che è già troppo acriticamente evidenziata, per porre attenzione anche ad alcune problematiche negative.

Un primo punto è l’appiattimento dei modelli sociali ed economici che la globalizzazione genera sull’onda di una organizzazione e razionalizzazione delle produzioni e dei servizi che, rientrando nell’interesse delle multinazionali e delle centrali finanziarie che le supportano, viene di fatto imposto agli Stati e alle comunità locali che compongono la società.

Possiamo a questo proposito pensare alla crisi del commercio al dettaglio aggravata dall’aumento delle vendite online durante la pandemia e dalla crescita della grande distribuzione con la chiusura dei “negozi di vicinato”. I borghi, i quartieri e le città sono stati fortemente impoveriti dalle prolungate chiusure da lockdown, dato che i presidi offerti dalle imprese familiari e da piccoli esercizi non sempre possono essere sostituiti da altre attività. Il tessuto urbano si sta desertificando con rilevanti conseguenze sociali sulla qualità della vita e sulla sopravvivenza dei borghi e delle identità locali. Si verifica inoltre lo spostamento delle risorse economiche delle attività commerciali che vengono ora inglobate da grandissime società. Queste realtà inoltre non sono adeguatamente tassate perché fortemente internazionalizzate e quindi fuori dalla capacità di intervento degli Stati. La mancata tassazione impedisce l’uso di risorse per riequilibrare sui territori gli effetti negativi che la globalizzazione genera.

Anche la omogeneizzazione delle produzioni, come ad esempio avviene con la multinazionale svedese IKEA, impoverisce il tessuto industriale e artigianale o obbliga le imprese che sopravvivono a distribuire prodotti solo attraverso i nuovi canali “globalizzati” e quindi capaci di restringere gli utili dei produttori a favore dei distributori, generando anche qui una sottrazione di reddito alle comunità locali.

Un altro effetto di questo processo è l’imposizione di modelli di lavoro che sottraggono diritti e tempi ai singoli e alle famiglie.

Un altro svuotamento delle funzioni delle comunità in Italia è avvenuto con le banche. Avevamo un sistema di piccole banche locali che finanziava lo sviluppo che è stato distrutto. Oggi abbiamo grandi banche che non erogano credito con la stessa attenzione di prima all’economia reale.

La valorizzazione delle comunità può essere oggi una prospettiva economico-politica molto utile per guidare una reazione ai modelli interpretativi dell’agire umano basati solo sul calcolo economico che, in molti ambiti, si sono dimostrati falsi e distorsivi. Per esempio, l’economia classica basata sul principio dell’homo oeconomicus e sull’egoismo individualistico non funziona e non apre allo sviluppo. L’economia globalista, basata ideologicamente sull’anonimo rapporto di interesse e sulla avarizia strutturale dei sistemi, costruisce solo povertà e disumanità. E le crisi economico-finanziarie ricorrenti e strutturali lo stanno a dimostrare.

La comunità intesa come comunanza di rapporti familiari e parentali, di amicizia e territoriali è l’unica realtà (assieme alla Chiesa) che possa aiutare a superare la mancanza di senso e identità che caratterizza la modernità. Solo l’identificazione con patrie, valori e luoghi è in grado di aprire a prospettive di collaborazione che possano superare la solitudine priva di senso dell’uomo contemporaneo ma anche favorire il mantenimento e lo sviluppo di modelli produttivi e di servizi alternativi a quelli imposti dalla globalizzazione.

L’interesse non può costituire l’unico motore dell’esistenza.

 

*Presidente di Eticamente. Impresa e lavoro. Segnaliamo come tale Associazione, in Umbria, assieme all’Istituto per la storia dell’Umbria contemporanea (ISUC), sta organizzando la raccolta della storia delle imprese locali in relazione alle comunità territoriali nelle quali sono cresciute e dove continuano ad operare.

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