Anche il regno wahabita cede alla modernità?

Anche il regno wahabita cede alla modernità?

a cura di Pietro Licciardi

A RIYAD, CAPITALE DELL’ARABIA SAUDITA, OLTRE 700MILA RAGAZZI E RAGAZZE SI SONO TROVATI IN UN RAVE PARTY NEL DESERTO. SI TRATTA DI UNA REALE APERTURA DA PARTE DI UNO DEI REGIMI PIU’ INTEGRALISTI O DI UN ESPEDIENTE PER INGANNARE L’OCCIDENTE?

Ciò che rende così intollerante l’islam è la propria intrinseca incapacità di confrontarsi con la modernità, essendo questa religione incapace di adattare i propri precetti ai tempi. Il Corano infatti è interpretato e applicato oggi esattamente come mille e quattrocento anni fa, quando Maometto iniziò a formulare le prime sure. Ma a quanto pare neppure l’ostinato e retrivo islam riesce a resistere alle sirene ammaliatrici della laicità rivoluzionaria che ha scardinato l’Occidente.

Come ci informa l’agenzia del Pime, Asianews, a Riyadh capitale dell’Arabia Saudita, “terra santa” per i mussulmani, si è svolto nel deserto un rave party al quale hanno partecipato più di settecentomila giovani. Come ha detto Turki Al-Sheikh, capo dell’Autorità dell’intrattenimento saudita, si è trattato di «uno degli eventi musicali più partecipati al mondo» e come documentano moltissimi video postati sui social dai presenti, ragazzi e ragazze hanno ballato fianco a fianco  vestiti all’occidentale. Tutto questo a dispetto di una decennale separazione dei sessi in pubblico e l’obbligo per le donne di uscire di casa solo se velate e accompagnate da un maschio di famiglia a far loro da guardiano.

Per i sauditi simili eventi sono un cambiamento storico, come il permesso dato alle donne di guidare l’automobile. «Abbiamo sete di musica, intrattenimento, film, risate e uscite» ha detto una delle giovani presenti, che ha chiesto l’anonimato, secondo la quale «è come se stessimo riscoprendo il nostro Paese e questo ci rende molto felici». 

Ancor più in questo momento, in cui a causa della pandemia di Covid-19 molti governi in tutto il mondo hanno vietato concerti e manifestazioni pubbliche, proprio in occasione del Capodanno.

La festa nel deserto saudita sembrava in tutto simile ad altre nel mondo, anche se all’ora della preghiera islamica la musica si è fermata per un quarto d’ora per riprendere subito dopo la pausa più sfrenata che mai.

Ovviamente non sono mancate le critiche e gli attacchi da diverse parti del mondo islamico all’estero secondo cui Riyadh ha favorito comportamenti contrari alla morale musulmana nella terra della Mecca e Medina, tuttavia la famiglia reale saudita sembra intenzionata a proseguire, sia pure con molta cautela, sulla strada delle riforme in campo sociale, dove oltre alla via libera alla guida per le donne e l’accesso – controllato – agli stadi è stata potenziata l’industria dell’intrattenimento.

Tuttavia l’arresto di alti funzionari e imprenditori, la repressione di attivisti e voci critiche e la vicenda Khashoggi potrebbero far supporre che certe “aperture” non siano che uno specchietto per i governi dell’Occidente, i quali sono direttamente – come gli Stati Uniti – o indirettamente – come l’Europa con la sua ignavia – impegnati nel sostenere l’espansionismo wahabita in Medio Oriente a scapito delle minoranze cristiane e in chiave anti Iraniana e sunnita. Governi che alla lunga potrebbero trovarsi in difficoltà con le rispettive opinioni pubbliche, le quali prima o poi potrebbero chiedersi il motivo di tanta benevolenza per uno dei regimi più duri e spietati della terra, di fronte ai quali l’Iraq di Saddam e la Siria di Bashar al-Assad sono quasi delle mammolette.

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