Cosa sarà stato lo sguardo di Cristo? 

di Aurelio Porfiri

ANALISI DI UN DIPINTO DEL DICIASSETTESIMO SECOLO CHE SI TROVA AL LOUVRE, LA VOCAZIONE DI SAN MATTEO

Molti anni fa, più di 25, ho avuto l’occasione di spendere alcune ore a conversare con un noto biblista gesuita, Ignace de la Potterie (1914-2003). Se ricordo bene era il giugno del 1996. Tutti e due eravamo stati invitati ad un ritiro spirituale da parte dei Legionari di Cristo, io come organista e lui come predicatore. Ad un certo punto cominciammo a chiacchierare e la nostra discussione andò avanti a lungo. Devo dire che, dopo un iniziale diffidenza, il padre de la Potterie fu molto disponibile nella nostra discussione. Mi sembra che con lui parlammo del tema dello sguardo di Cristo, di cui lui si era a lungo occupato.

Mi è venuto in mente questo incontro guardando ad un dipinto del diciassettesimo secolo che si trova al Louvre, La vocazione di san Matteo. Tutti conosciamo la storia, quella di Gesù che chiama a seguirlo l’odiato esattore delle tasse. L’autore sconosciuto del dipinto, imposta il suo lavoro con cinque personaggi: Gesù, Matteo, tre altre persone. Si potrà osservare che nel dipinto è tutto un gioco di sguardi, ma quello di Cristo è fisso su Matteo, che sembra invece intento a contare i soldi e guardare in un punto non definito. Cosa sarà stato lo sguardo di Cristo?

Gli altri personaggi hanno un focus nel loro guardare, sembra veramente di assistere ad una catena di sguardi che parte del personaggio all’estrema sinistra del quadro che attraverso una donna arriva al Cristo, che si distingue per un volto particolarmente luminoso e attraverso un giovane arriva a Matteo che come detto al momento non ricambia lo sguardo. Proprio nei vangeli sinottici troviamo il racconto della vocazione di san Matteo.

Riprendiamo il passaggio come appare nel vangelo proprio di Matteo: “Andando via di là, Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì”. Gesù vide un uomo. Cioè, prima di vedere l’odiato da tutti esattore delle tasse, egli vide un uomo per quello che era e gli chiese di seguirlo. Mi sembra che nel dipinto di cui stiamo parlando, viene fissato il momento in cui nella ragnatela di sguardi, quello di Cristo si fissa su Matteo.

Riprendiamo cosa diceva proprio Ignace de la Potterie in una intervista con Antonio Socci sulla rivista Il sabato (ora in atempodiblog.unblog.fr) riguardo questa teologia del vedere: “Il punto di partenza è ciò che si vede con questi nostri occhi di carne: si comincia dai segni, come il sepolcro vuoto o il giardiniere, un uomo reale in cui s’imbatte Maria Maddalena, che poi riconosce in lui Gesù…

E’ una progressione. Anche del verbo vedere: prima il verbo greco “bleso”, che vuol dire scorgere, notare qualcosa. Poi “theorein” che troviamo per la Maddalena e vuol dire guardare attentamente, osservare. Poi il verbo “horan”, al perfetto greco che esprime la forma perfetta del verbo vedere e che io tradurrei qui «ora vedo perfettamente, contemplo il senso profondo di ciò che vedo».

Dunque dall’accorgersi di qualcosa alla contemplazione del Mistero di Dio nella realtà visibile, questa è la dinamica della prima fede cristiana, secondo i Vangeli. Ecco, questa teologia del vedere secondo padre de la Potterie è particolarmente importante nel vangelo di Giovanni, che io voglio pensare (ma è solo una mia interpretazione) essere quel giovanetto nel dipinto che si trova quasi al centro e che sembra guardare nella direzione in cui guarda Cristo e scrivere qualcosa.

Cosa sarà stato lo sguardo di Cristo?

 

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