Un’eresia che continua ad essere presente fra noi

di Aurelio Porfiri

LE “BUONE INTENZIONI” DI GIANSENIO CHE PRESTO DIVENNERO ERESIE

Cosa fu il Giansenismo? Non è facile a dirsi, specialmente quando si deve sintetizzare in poche righe un fenomeno altamente complesso come questo e che non ha del tutto cessato di influenzare certi elementi della vita cristiana. Un fenomeno che ha avuto un influsso incalcolabile sul Cristianesimo, come stiamo purtroppo per vedere. Un influsso che in realtà non si è esaurito con la fine dell’onda montante del Giansenismo nella Chiesa, perché lo stesso, anche nella sua forma istituzionale, continua ad essere presente fra noi, come dimostra la Chiesa vetero-cattolica di Utrecht, presente dal 1713 in Olanda e che raccolse proprio i fuoriusciti dalla storia che stiamo per raccontare, una storia che poi si mischierà con altre cento storie, come spesso accade a chi osserva i fenomeni storici attraverso le varie sfumature di colore in cui spesso si trasformano.

Cominciamo a parlare di Cornelius Otto Jansen (1585-1638), un teologo e poi Vescovo olandese che viene poi conosciuto con il nome latinizzato di Giansenio. Lui è certamente un punto di partenza importante per parlare del nostro argomento, anche se poi non avrà il ruolo da assoluto protagonista nella vicenda narrata. Quello che è interessante di Giansenio, è che morirà senza rendersi veramente conto del macello che il suo pensiero avrebbe provocato. Lui sarà stato convinto di morire come un Vescovo pienamente ortodosso, anche perché aveva scritto anche delle opere in cui difendeva in effetti l’ortodossia cattolica. Ma non in tutte, c’è da dire, perché una di queste opere, conteneva delle tesi che qualche problema lo davano certamente, se si fosse visto meglio.

Me lo immagino onestamente circondato dai suoi devoti sul letto di morte, il nostro Giansenio, mentre tutti immaginavano che forse sarebbe stato fatto santo, senza poter neanche intravedere che alla Chiesa invece, forse suo malgrado, avrebbe causato tanti problemi. Ma perché?

Dicevamo appunto di un’opera particolarmente problematica di Giansenio. Era una interpretazione di uno dei santi che, malgrado la sua grandezza da gigante, è stato pascolo prediletto di non pochi eretici. Sto parlando di sant’Agostino. Giansenio aveva scritto un libro chiamato Augustinus seu Doctrina sancti Augustini de humanae naturae sanitate, aegritudine, medicina, adversus Pelagianos et Massilienses, che viene pubblicato postumo nel 1640, quando Giansenio già se la stava vedendo con il Principale. E questo libro presentava delle tesi sull’interpretazione di sant’Agostino che rappresentavano più di qualche problema, per esempio nel rapporto fra predestinazione e grazia e sull’irrimediabile corruzione dell’uomo. L’uomo può soltanto peccare se non intervenisse la grazia divina a salvarlo, ma questa Dio la dà a chi vuole, salvando alcuni e dannando altri (vedi la voce “Giansenio” di Alessandro Sangalli in filosofico.net che ho brutalmente semplificato).

Insomma Dio ha già deciso chi si salva e chi no, meglio farsene una ragione. Ma certamente non era solo questo il problema, c’erano altre concezioni che venivano dall’opera di Giansenio che non si armonizzavano con la sana dottrina cattolica. Bisogna dire, per dare un poco di giustificazione al nostro inconsapevole casinista, che fu influenzato in questo senso al suo tempo di studi a Lovanio, dove incontrò le teorie di Michel de Bay (1513-1589), un teologo già insegnante a Lovanio stesso e anche perito al Concilio di Trento che noi conosciamo con il nome di Michele Baio.

Questi periti ai Concili a volte possono essere molto problematici, come certo abbiamo imparato a nostre spese anche in anni recenti. Cosa diceva tra l’altro questo teologo? Ecco una definizione del suo pensiero: “Conseguenza della caduta di Adamo è la perdita della libertà nel senso che l’uomo non può volere nulla di moralmente buono: solo per la redenzione è reso capace di azioni meritorie e quindi è solo la grazia che rende l’uomo capace di meritare la vita eterna”. Insomma, il nocciolo del problema sembrava sempre essere quello del rapporto fra grazia e libero arbitrio. C’era chi vedeva nel baianismo un miscuglio di pelagianesimo, calvinismo e luteranesimo. Sempre eresie, insomma. Queste idee avranno influenza qualche decennio dopo sullo studente di Lovanio Giansenio, che poi, come ho detto, sarà anche stato un Vescovo pieno di zelo nella sua diocesi ma questo non lo esimerà nell’incubare un virus teologico pestifero che attraverso di lui verrà poi rilasciato nel mondo cattolico.

Lui, come ho detto, morì in pace, non si rese conto della vera baraonda che il suo pensiero avrebbe portato nella Chiesa cattolica, i cui effetti noi ancora un po’ li sentiamo sulla nostra pelle.

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