Il peccato crea disarmonia, disagio, conflitto e fa perdere la pace e la gioia.

Il peccato crea disarmonia, disagio, conflitto e fa perdere la pace e la gioia.

di don Ruggero Gorletti

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO DI DOMENICA 22 MAGGIO 2022 – VI Domenica di Pasqua

Dal vangelo secondo san Giovanni (14, 23-29)

In quel tempo, Gesù disse [ai suoi discepoli]:
«Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 
Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate».

COMMENTO

Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la da il mondo, io la do a voi.

Che cosa è la pace che ci da il mondo? È un regolamento di interessi. Si cerca il modo di far coincidere le esigenze di persone, istituzioni, nazioni, che hanno interessi diversi, e di evitare conflitti tra loro. Nella migliore delle ipotesi si ricerca ciò che è giusto, nella peggiore si cerca invece di favorire gli interessi di chi è più potente, di chi ha più mezzi. Ma anche nell’ipotesi migliore è una cosa esterna all’uomo, non riguarda il suo cuore.

Quale pace ci da invece il Signore? Il Signore ci da una pace completa, che non dipende dalla situazione che c’è fuori di noi, ma da quella che c’è dentro di noi. La pace che il Signore vuole darci nasce dal suo amore. Dal fatto che Dio ci ama, e non ci lascia soli. Questo significa prendere dimora presso di noi. Noi siamo amati da Dio. Dio vuole entrare nella nostra vita, vuole prendere parte ai nostri momenti di gioia, starci vicino nei nostri momenti difficili.

Ricambiando l’amore di Dio noi siamo nella pace. Per Dio l’amore non è un semplice sentimento, non è un’emozione. È il suo essere, la sua natura. E anche per noi l’amore verso Dio non è un semplice moto dell’animo, ma è una decisione di tutto il nostro essere, della nostra intelligenza e della nostra volontà. Amare il Signore e accettare il suo amore significa, in concreto, osservare la sua parola, osservare i suoi comandamenti. Non possiamo amare il Signore e fare ciò che a Lui non piace: amare il Signore e vivere nel peccato è impossibile!

I comandamenti del Signore non sono un imposizione inutile, superata, come le prescrizioni rituali della legge di Mosè, di cui ci parla la prima lettura. I comandi del Signore sono delle indicazioni preziose che Egli ci da per permetterci di avere la vita e la pace. E la mancanza di pace nasce proprio dal rifiuto dei comandi del Signore, dal peccato quindi.

Prendiamo la pagina della Genesi, del peccato originale. Adamo, dopo aver mangiato dell’albero che Dio gli aveva proibito ha perso la sua pace: ha perso innanzitutto la pace con Dio: infatti quando Dio arriva nel giardino si nasconde per paura. E perdendo la pace con Dio perde la pace con tutto: con le altre persone, con Eva, la donna, che poco prima aveva dichiarato essere una parte di sé, ora viene incolpata di averlo indotto in tentazione, anzi, dice: «la donna che tu mi hai posto accanto», come dire: è anche colpa di Dio. Perde la pace con il creato, che prima era amico, e pieno di alberi da cui trarre frutti, ora diventa un terreno arido, da lavorare con il sudore della fronte. Perde la pace con se stesso: Adamo ed Eva, prima di peccare, erano nudi, ma non provavano vergogna. Ora, dopo il peccato, si coprono perché si vergognano di loro stessi.

Il peccato crea disarmonia, disagio, conflitto. Fa perdere la pace, la gioia. Per questo il Signore ci raccomanda di osservare i suoi comandamenti. Non sono un fastidio, un peso inutile dato per amareggiarci e complicarci la vita.

Il Signore vuole darci una pace completa, definitiva. La seconda lettura ci mostra quale è il destino che il Signore ha preparato per noi. Ce lo spiega in modo figurato, ma parla di qualcosa di reale, di vero; di quello che il Signore ci ha preparato per l’eternità. La Gerusalemme celeste è il simbolo di ogni bellezza e di ogni perfezione, della situazione in cui non si può chiedere di più. Per questo il nostro cuore non deve essere turbato e non dobbiamo avere alcun timore, anche quando in questa vita le cose non sembrano andare come desideriamo. Il Signore la pace e la gioia ce le vuole dare sul serio, in misura sovrabbondante, e per sempre.

Ma Dio non si impone, si propone, non vuole entrare nella nostra vita senza il nostro permesso, non vuole darci la sua pace se noi non la vogliamo. Non può cessare di amarci, perché l’amore è la sua natura, la sostanza del suo essere, ma non ci obbliga ad amarlo, e se non lo vogliamo non ci obbliga a stare con lui. Non cerchiamo la pace lontano dall’amore del Signore, non cerchiamo la gioia lontano dall’amore del Signore. Non le troveremmo. Troveremmo solo delusione e amarezza. Affidiamoci a Lui, anche nei momenti difficili, e sforziamoci di fare la sua volontà, anche quando costa rinunce e sacrifici. La ricompensa del Signore vale molto di più di quello che ci chiede.

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