Da Gheddafi alla Turchia contemporanea: il ruolo del Katéchon e la teologia della storia

di Vincenzo Silvestrelli

UNA RIFLESSIONE SUL “KATÉCHON”, UN TEMA TEOLOGICO COMPLESSO CHE PUÒ PERÒ AIUTARE AD ACCENDERE LUCI CATTOLICHE SULLA STORIA DEI POPOLI, ANCHE RECENTE

San Paolo apostolo, nella seconda lettera ai Tessalonicesi (2,1), di fronte a problemi contingenti della Chiesa delle origini, esprime concetti apocalittici che possono aiutarci a riflettere sulla storia, anche contemporanea. Da una parte condanna la visione di coloro che, semplicisticamente, ritenevano imminente la seconda venuta di Cristo e su questo conformavano i comportamenti quotidiani ingenerando grandi disordini nella vita della comunità. Dall’altra parte esprime un concetto chiaro sulla presenza del male nella storia: «il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene». Il male, dunque, è sempre presente nella storia, insieme a colui che lo trattiene, il Katéchon. Del primo e del secondo si ha esperienza diretta attraverso la storia.

Una questione teologica, dunque, come si vede può aiutare anche nella comprensione delle dinamiche esistenti nella vita dei popoli. Il Katéchon non è sempre una persona, in quanto la sua provvidenziale funzione è stata non di rado svolta da nazioni, santi o movimenti filosofico-politici.

Per fare alcuni esempi possiamo ragionare sulla dinamica fra il sistema comunista e quello capitalista che ha caratterizzato la cosiddetta guerra fredda: l’ideologia comunista ha senz’altro soppresso i diritti religiosi, personali e di espressione di molti popoli nello sforzo di realizzare una società nella quale l’eguaglianza doveva essere raggiunta a discapito della natura. Non esitò ad utilizzare la violenza interna per piegare coloro che si opponevano alla sua ideologia, realizzando un sistema concentrazionario nel quale gli oppositori venivano internati ed uccisi senza alcun rispetto per la dignità umana. Fu però, nello stesso tempo, un freno potente ad un capitalismo relativista e selvaggio che voleva cercare il profitto prescindendo dalla ricerca del bene comune e, quindi, realizzando anch’esso una situazione di oppressione.

Nella Repubblica Democratica Tedesca (DDR), lo stato-satellite dell’URSS retto ad est di Berlino, giravano barzellette che derivavano da un immaginario dialogo fra gli ascoltatori e una radio di regime, Radio Yerevan. In una di queste situazioni di domanda e risposta l’ascoltatore chiedeva «Che cosa è il capitalismo?». Radio Yerevan rispondeva con perfetta ortodossia marxista: «Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo». L’ascoltatore rilanciava «Ed il comunismo?», al che la replica secca era: «Il contrario».

Questa risposta spiega come spesso le situazioni storiche siano complesse e ciò che per molti versi genera un male, può risultare favorevole a realizzare delle finalità altrove positive. Da ciò dobbiamo desumere alcune conseguenze.

In primo luogo, a nessuna persona può essere assegnata la qualifica di «male assoluto, nemico irriducibile». Nelle persone singole e nelle società il male ed il bene convivono, si tratta sempre di cogliere il bene senza schematismi.

La caduta del sistema comunista ha ingenerato nei Paesi del sistema capitalista una crisi della sinistra e spesso una minore attenzione ai diritti dei “più deboli” che essa, anche insieme ad altri temi non condivisibili, ha assicurato attraverso i movimenti del socialismo riformista e i sindacati. Il sistema capitalista, per vincere il confronto con quello comunista, ha permesso che essi si affermassero mentre oggi assistiamo ad un capitalismo finanziario che tende sempre più a negarli sia nella politica interna che in quella internazionale.

Riconoscere sempre il ruolo degli avversari, aiuta la soluzione dei problemi. Dobbiamo poi essere attenti a riconoscere i Katéchon che spesso non ci aspetteremmo. Che dire per esempio della Turchia che è diventata oggi un Paese che facilita il dialogo nella situazione della guerra in Ucraina? Che dire del ruolo dei Gheddafi che per tanti anni ha retto lo stato libico in amicizia con l’Italia, sviluppandolo pacificamente e frenando i flussi immigratori? Certamente sono regimi che commesso o favorito crimini e che presentano non poche contraddizioni.

Nei casi citati, però, possiamo dire che hanno realizzato e realizzano equilibri che vanno rispettati. Equilibri la cui rottura ha comportato e sta comportando l’esplosione di situazioni negative sia nei paesi coinvolti sia nelle nazioni circostanti, come avvenne nelle primavere arabe fomentate da alcuni servizi d’intelligence occidentali o come avviene oggi in Ucraina dopo il colpo di stato del Maidan.

Da un punto di vista teologico nel mistero della storia, che è storia della salvezza, i Katéchon che appaiono rispondono ad un intervento della Divina Provvidenza, che agisce per cause seconde, cioè non direttamente, ma attraverso gli uomini. Dal punto di sita storico-politico, il rispetto delle dinamiche sociali e la ricerca del bene comune, devono portare a valorizzare tutto il bene che compare nello sforzo di risolvere pacificamente i conflitti, senza imporre modelli predeterminati a tavolino.

Carl Schmitt (1888-1985) ha riflettuto in particolare sul tema del Katéchon sostenendo in primo luogo che ogni concetto politico è, prima di tutto, un concetto teologico. In particolare il grande giurista e filosofo tedesco ha affermato come il diritto universalmente riconosciuto abbia questa funzione e lo ritiene necessario per fermare il tentativo di creare un ordine mondiale ispirato alla supremazia anglosassone. Una supremazia che, per le sue caratteristiche mercantilistiche e individualistiche, è contraria ad un ordine fondato sul diritto.

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Bell’articolo. Con uno stile quasi naif propone considerazioni di alto livello. Clap clap!