Regalità sociale e Sacro Cuore di Gesù sono un tutt’uno

di Diego Torre

REGALITÁ SOCIALE DI GESÙ: LA COMPRESERO BENE I MARTIRI DELLA VANDEA, DEL TIROLO, DEL MESSICO, DELLA SPAGNA E TANTI ALTRI…

Il Sacro Cuore di Gesù nel tempo è assurto a simbolo della regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo.

Un cuore di carne che vuole regnare nel cuore di ogni uomo, ma anche un simbolo regale che ama essere riprodotto e esposto pubblicamente per l’edificazione dei singoli e per la costruzione della società civile a misura d’uomo secondo il progetto di Dio.

Regalità sociale e Sacro Cuore sono un tutt’uno come ben compresero taluni santi e insegnarono alcuni pontefici. Ma lo compresero anche i vandeani che combatterono per “il trono e l’altare” e furono massacrati dalle “colonne infernali”, inviate dai rivoluzionari francesi, le quali compirono la prima guerra etnica di annientamento della modernità.

Lo capirono i Cristeros che combatterono 100 anni fa in Messico per difendere la fede e la patria dalla violenza satanica dei massoni che si impadronirono allora di quella povera nazione. Entrambi mostravano con fierezza nei loro stendardi e nei propri indumenti “quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e dai quali non riceve che ingratitudini e disprezzo…”, come Gesù volle manifestarlo a S. M. Margherita Alacoque. Due guerre lunghe e sanguinose, concluse con il martirio dei cristiani, combattute all’insegna del Sacro Cuore di Gesù.

Taluni sono meravigliati da questo accostamento perché concepiscono la fede in modo intimistico. Ma tutto il magistero della Chiesa insegna quanto per i fedeli ci sia da farsi carico della costruzione della città  terrena. E’ la “politica del Sacro Cuore”!

S. Paolo VI riteneva la politica la più alta forma di carità. Insegna Pio XII che “Il potere politico…è stato stabilito…per facilitare alla persona umana, in questa vita terrena, il conseguimento della perfezione fisica, intellettuale e morale, nella prospettiva di aiutare i cittadini a conquistare il fine sovrannaturale, che costituisce il loro supremo destino” (Summi Pontificatus, 20 ottobre 1939) e che  “Dalla forma data alla società, consona o meno alle leggi divine, dipende e s’insinua anche il bene ed il male nelle anime” (radiomessaggio Pentecoste, 1941).

Per tali ragioni la Chiesa di Dio ha elaborato nel corso dei secoli la sua dottrina sociale, che è a misura dell’uomo perché deriva dalla sua natura immutabile e quindi conforme al disegno di Dio che ha creato tale natura. Essa, partendo dai valori naturali, insiti in ogni persona, credente o non, interpreta i bisogni più autentici dell’uomo, materiali e spirituali, dando la giusta risposta, per grandi linee di principio, a tutti i problemi, ed il giusto spirito con cui affrontarli. Non si tratta del pensiero politico dei cattolici, che va bene soltanto per loro, perché derivante dalla fede. Si tratta invece del “diritto naturale”, iscritto nel cuore di tutti gli uomini, analizzato ed elaborato alla luce della Rivelazione divina e del Magistero della Chiesa.

Per essa morirono i martiri della Vandea, del Tirolo, del Messico e della Spagna. E la Chiesa ne ha canonizzati tanti, perché hanno vissuto e combattuto per il trionfo, anche sociale, di Cristo Re e di Maria Regina.

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