“Stories of a Generation” con Papa Francesco: i giovani hanno bisogno dell’esperienza sapienziale degli anziani

di Franco Olearo*

LA DOCU-SERIE “STORIES OF A GENERATION – CON PAPA FRANCESCO” (NETFLIX 2021): IL RACCONTO DI ANZIANI CHE CONDIVIDONO CON IL SANTO PADRE LE LORO STORIE DI VITA ESEMPLARI E COMMOVENTI

Papa Francesco non ha certo timore di impiegare, per il suo apostolato, i più moderni metodi di comunicazione. È risultato evidente in questo Stories of a Generation con Papa Francesco, una docu-serie in 4 puntate disponibile su Netflix che può essere vista come una sintesi filmica del libro-intervista a Papa Francesco curato da padre Antonio Spadaro, direttore della rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica, dal titolo “La saggezza del tempo. In dialogo con papa Francesco sulle grandi questioni della vita” (Marsilio Editori, Venezia 2018).

Il senso generale di questa riflessione è quello di invitare a svolgere un dialogo costruttivo fra anziani e giovani, fra chi può dare testimonianza di positive esperienze vissute e chi deve avere il coraggio di costruire un mondo migliore. Vengono intervistati ultrasettantenni di tutte le parti del mondo che raccontano ai nipoti le loro molteplici esperienze vissute intorno a quattro temi fondamentali: l’amore, il sogno, la lotta e il lavoro. In ogni puntata Papa Francesco commenta e chiarisce il senso di ciò che si sta vedendo. La vita, ad esempio, di Vito Fiorino, un gelataio di Lampedusa, che il 3 ottobre 2013 cambia per sempre. Riesce infatti a salvare con la sua barca 47 naufraghi immigrati ma ricorda anche con angoscia quelli che ha visto morire perché per loro non c’era più posto. Divorziato da anni, lontano dai figli, Vito ora è tornato a vivere prendendosi cura dei ragazzi e delle ragazze che ha salvato, seguendo la loro progressiva integrazione.

A Port Royal, in Virginia, assistiamo invece all’abbraccio fra Phoebe, figlia di schiavi, con Betty Fischer, figlia dei proprietari della tenuta dove avevano lavorato i genitori di Phoebe. Un abbraccio che significa perdono da parte di una ragazza che, a 14 anni, quando era riuscita a frequentare una scuola di bianchi grazie alla sentenza di un giudice, era stata imbavagliata e violentata per vendetta da alcuni dei suoi compagni bianchi.

Poi c’è la vicenda di Danilo Mena Hernandez, che vive in una piccola fattoria isolata nella foresta di Costa Rica dove alleva maiali. Sua moglie è morta e spetta ora solo a lui prendersi cura dei due figli gemelli non vedenti e con handicap mentale. Danilo ha superato i settant’anni ed è angosciato al pensiero di cosa succederà quando lui non ci sarà più. Chi si occuperà dei gemelli? Chi li aiuterà anche solo ad andare in bagno?
Si tratta di solo tre esempi, forse i più intensi, delle interviste-confessioni a cui possiamo assistere nei quattro episodi di Stories of a Generation.

È indubbio che le brevi riflessioni di Papa Francesco, inserite fra un racconto e l’altro, hanno l’obiettivo di dare un senso a tutto ciò che vediamo. Occorre però chiarire che i riferimenti impiegati non sono quelli del Vangelo, della fede cattolica, né possiamo concludere che il Santo Padre si sia riferito alle virtù teologali o alle virtù cardinali. Possiamo pensare piuttosto alla sua saggezza di “nonno”, di padre che si appella cioè a una legge naturale di validità universale.

È anche indubbio che il tema prevalente che traspare dalle parole del Papa sia quello della collaborazione fra le generazioni. I giovani non debbono fare rivoluzioni distruttive del passato ma costruire usando come base le tradizioni ricevute dai nonni. Un tema riproposto anche nel suo messaggio in occasione dell’ultima Giornata mondiale della Pace: «Da un lato, i giovani hanno bisogno dell’esperienza esistenziale, sapienziale e spirituale degli anziani; dall’altro, gli anziani necessitano del sostegno, dell’affetto, della creatività e del dinamismo dei giovani».

Allo stesso modo, nel capitolo sul lavoro, non ci sono espressioni che possano far riferimento esplicito all’obiettivo di raggiungere la santità mediante il lavoro. Il lavoro, però, viene presentato come il modo migliore per acquisire dignità, realizzare sé stessi («nel lavoro occorre metterci l’anima»: dice il Papa) e, in questo modo, costruire qualcosa che vada a beneficio del prossimo.

Interessante è infine la presenza di un big come Martin Scorsese con la descrizione, quasi a consuntivo, della sua vita familiare e professionale. Il regista ricorda la sua giovinezza nel Bowery di New York: la vocazione iniziale per il sacerdozio e poi la definitiva preferenza per il cinema, proprio grazie a un sacerdote della sua parrocchia che gli aveva fatto scoprire il fascino del racconto.

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* redattore/editore del portale FamilyCinemaTv

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