“Joe Bell”: la difficoltà di affrontare l’omosessualità di un figlio
di Franco Olearo*
–
COME DEVE COMPORTARSI UN PADRE DI UN FIGLIO CON INCLINAZIONI OMOSESSUALI OLTRE A DIRGLI CHE GLI VUOLE SEMPRE BENE?
In una piccola cittadina dell’Oregon, nel 2012, vive la famiglia Bell: il padre Joe, la mamma Lola, il figlio Jadin di 15 anni e il fratello minore Joseph. Un giorno Jadin chiede di parlare a tu per tu con il padre e gli confessa di essere oggetto di derisione e violenze verbali da parte dei suoi compagni di scuola perché ha inclinazioni omosessuali. Joe ribadisce di volergli bene e cercherà di aiutarlo ma tutto è inutile: Jadin si suicida nel 2013 perché incapace di vivere in quelle condizioni e Joe ne resta sconvolto. Decide di attraversare gli Stati Uniti a piedi e fermarsi in ogni città per parlare alla gente dei pericoli del bullismo. Tratto da una storia vera, il film è disponibile su Youtube e su Chili.
Come deve comportarsi realmente il padre di un figlio con inclinazioni omosessuali oltre a dirgli che gli vuole sempre bene e che lo sosterrà in qualsiasi circostanza? È questo il tema portante di questo drammatico film, scritto da Diana Ossana e Larry McMurtry, gli stessi sceneggiatori di I segreti di Brokeback Mountain.
Il film analizza alcune iniziative prese dal padre. Jadin vuole entrare a far parte delle cheerleader della scuola e il padre non si oppone. Si tratta di una decisione che fa riflettere. In questi casi, a nostro avviso, vale la regola che il rispetto deve essere reciproco. Se è giusto rispettare Jadin nelle sue inclinazioni, è anche giusto che Jadin rispetti le secolari tradizioni degli altri (il fenomeno cheerleader, nato nel 1880, diventò tutto al femminile già agli inizi del 1900 e oggi, inevitabilmente, il pubblico si aspetta da loro graziose movenze femminili). Nella realtà, con il pretesto che Jadin fu scoperto a fumare, venne, per punizione, presto allontanato dalla squadra delle cheerleader della scuola. È questa una situazione dove il padre avrebbe dovuto usare maggiore prudenza e non esporre suo figlio a un pubblico così vasto e indistinto. Altra domanda che sorge spontanea: Joe andò a protestare presso le autorità scolastiche? Nella realtà Joe e Lola lo fecero e fu particolarmente grave la responsabilità della scuola, che considerò il bullismo una ragazzata e di fatto nessuno fu punito. Occorre aggiungere che nella versione italiana del film, la sequenza dei due genitori che vanno a lamentarsi a scuola, è stata inspiegabilmente tagliata (altre sequenze violente sono state tagliate, probabilmente per abbassare il livello del divieto ai minori, in U.S.A. VM7 se non accompagnati; Youtube Italia: VM 14). Infine, una parte delle responsabilità della crisi di Jadin viene addossata nel film a un sacerdote cattolico che, vedendo il ragazzo entrare in chiesa, avrebbe detto davanti a tutti che se fosse stato gay sarebbe dovuto venire all’altare e pentirsi dei suoi peccati. Se ciò è realmente accaduto (non ci sono testimonianze in proposito se non dello stesso Joe) il sacerdote ha una grave responsabilità perché, al di là di venir meno a principi elementari di carità, gli avvenimenti sono del 2012 mentre già il Catechismo della Chiesa Cattolica, che è del 1997, indicava chiaramente che coloro che hanno inclinazioni omosessuali «devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione».
In conclusione, questo film mette sicuramente in evidenza la delicatezza della gestione della diversità riguardo all’inclinazione omosessuale ma non emerge alcuna conclusione propositiva. Il protagonista del film non è il ragazzo omosessuale con le sue sofferenze ma lo sono le persone che ruotano intorno a lui e che commettono svariati errori (la scuola, il sacerdote, il padre stesso). A ciò occorre aggiungere che il tono del racconto è altamente melodrammatico: emoziona senza risolvere. Paradossalmente il film ha anche scontentato molti recensori pro-LGBT. Invece di approvarlo, si sono indispettiti perché non li aiuta nella loro causa, anzi quasi la danneggia e si concentra piuttosto sulle vicissitudini del padre. «Sì, agli americani bisogna dire che il bullismo non va bene. Ma nemmeno il suicidio lo è, e questo film suggerisce che il martirio di sé stessi finisce per diventare il messaggio portante. Appare come la risposta di Jadin ai suoi bulli (in pratica: “Hai vinto – mi farò fuori da solo”). Un messaggio molto più chiaro di qualunque cosa suo padre abbia detto o fatto lungo il suo lungo viaggio» (traduzione personale).
*redattore/editore del portale FamilyCinemaTv