Lo Stalinismo? Uno sviluppo del terrorismo di Lenin

di Andrea Bartelloni

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IN UN INEDITO LA DOCUMENTAZIONE DELLE ATROCITA’ DEL BOLSCEVISMO RUSSO DAL 1918 AL 1923

Il Terrore rosso in Russia (1918-1923). Perché dal 1918 al 1923?; perché nel 1923, 100 anni fa, arriva esule dall’Unione Sovietica, Sergej P. Mel’gunov portando in Europa una ampia documentazione sulle atrocità dei primi anni del regime dopo la conquista del potere: una documentazione dettagliata con citazioni dai principali protagonisti del regime dell’epoca che mostra un quadro impressionante di quella che è la fattiva realizzazione del comunismo voluta da Vladimir Il’ic Ul’janov – in arte Lenin (1870-1924) e dai suoi primi collaboratori.

Mel’gunov (1879-1956) nasce a Mosca, si interessa di storia della Chiesa nello stato russo e nel 1904 si laurea alla facoltà di Storia e Filologia all’Università di Mosca. Inizia a scrivere su un giornale di tendenza liberale e tra il 1905 e il 1906 presta servizio militare. Nell’estate del 1905 incontra per la prima volta Lev Tolstoj (1828-1910), il grande scrittore russo e collaborerà dopo la sua morte alla edizione delle opere complete.

Saluta con favore la rivoluzione del febbraio del 1917 ed entra nel comitato del partito dei socialisti popolari convinto assertore della larga coalizione socialista, ma la presa del potere nell’ottobre novembre del 17 da parte dei bolscevichi lo trova sul fronte di una netta opposizione. Il rullo compressore del bolscevismo inizia a fare tabula rasa di ogni opposizione e Mel’gunov tra il 1918 e il 1922 viene arrestato diverse volte. Cerca di spiegare “l’erroneità e l’immoralità della strada imboccata dalle commissioni straordinarie col terrore” subendo 23 perquisizione, 5 arresti fino all’agosto del 1920, quando viene processato con altri per la partecipazione alla “Unione per la Rinascita della Russia” collegata agli eserciti dei Bianchi.

Anche la moglie e la figlia vengono arrestate e interrogate, nell’occasione, ribadisce le sue accuse al potere sovietico e la sua volontà di non accettare nessun tipo di terrore politico bianco o rosso che sia. La situazione si fa sempre più grave; condannato alla pena di morte la sentenza viene commutata in 10 anni di prigione e grazie alle pressioni congiunte dell’Accademia delle Scienze e di altri personaggi di un certo rilievo, viene rilasciato il 13 febbraio 1921 dopo un anno di reclusione nella prigione di Butyrki, ma le sue tribolazioni non finiscono qua.

Nuove perquisizioni, nuovi arresti e viene espulso il 10 ottobre 1922 lasciando così la Russia con la famiglia come altri grandi scrittori e dissidenti: Nikolaj Berdiaev, Lev Sestov, Sergej Bulgakov, il fior fiore della filosofia russa, rettori universitari, docenti, scienziati, tutti illustri esponenti di quell’ intellighenzia non comunista adempiendo così l’auspicio di Lenin e la sua volontà di “estirparla in maniera radicale”.

Nel dicembre del 1923 pubblica a Berlino “Il Terrore rosso in Russia”, a tutt’oggi la sua opera più nota e, senz’altro, una delle più importanti. L’Italia ha dovuto aspettare il 2010 per vederne un’edizione tradotta grazie a Sergio Rapetti e alla casa editrice Jaca Book di Milano. In Francia la prima edizione è stata nel 1927, nel 1925 in inglese, ancora nel 27 in Spagna, nel 1975 esce negli Stati Uniti riprendendo l’edizione inglese del 25, per l’edizione in Russia bisogna aspettare fino al 1990 ma l’Italia non era ancora matura.

Venti anni di attesa per avere una ricca documentazione sul terrore rosso instaurato da Lenin, venti anni per riuscire ad osservare “senza veli e senza distorsioni, gli eventi per come si sono svolti, i primi decisivi atti di quell’immane tragedia che ha condizionato la storia europea e mondiale nel XX secolo”. Quel “sommovimento primordiale e caotico, selvaggio e distruttivo cupo e rabbioso” come lo definisce Ettore Cinnella nella sua pubblicazione sulla Rivoluzione russa del 1905, e, in conclusione, come si legge nell’introduzione di Paolo Sensini, “lo stalinismo non fu una distorsione, ma uno sviluppo del leninismo”. Forse proprio queste conclusioni hanno reso il volume di Mel’gunov irreperibile in lingua italiana.

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