La clonazione, l’immortalità e la distruzione del centro di ricerca

di Francesco Bellanti

LETTURE ESTIVE/ LA CLONAZIONE E L’IMMORTALITÀ

Uno scienziato pazzo, Erik il Rosso, che con una società segreta, la SOCIETA’ THULE, ha scoperto la formula dell’immortalità. Il professore Gundar e la sua compagna che alla fine distruggeranno tutto il centro di ricerca

  • Ecco, – disse infine Erik il Rosso, indicando tutte le stanze e alzando il tono della voce – ecco le ossa che provengono dalla storia e dalla preistoria, da spazi e da silenzi ignoti, dai tenebrosi e arcani abissi del tempo, dai misteriosi gorghi del passato, dalle lontananze smisurate dei millenni. Fremono di uscire. Baratri, voragini di morte che attendono risposte.
  • Chi sono? Di chi sono queste ossa? – domandò eccitata Lorena.
  • Sono i grandi della storia che non hanno ancora compiuto il loro destino
  • rispose Erik il Rosso – I grandi che aspettano di rientrare nel fantasmagorico romanzo del tempo, nel fantastico viaggio dell’eternità.

Fece quindi quattro passi, sempre seguito dai tre. Entrò in una stanza alla sua sinistra. Indicò alcune vetrine.

  • Ecco – disse sempre Erik il Rosso con gli occhi lucidi – Lì in alto alla vostra destra due dita di Michelangelo, un carpo di Pieter Bruegel il Vecchio, una rotula di Canaletto. Più sotto c’è uno sfenoide di Cezanne, mezzo cranio di Van Gogh, il calcagno destro di Goya. Ed ecco qui davanti a voi, leggete, ulna di Leonardo da Vinci. Lo avete capito, in questa stanza ci sono ossa di pittori, dei più grandi pittori di ogni tempo. Abbiamo, fra gli altri, nobili resti immortali di Fernando Botero, Marc Chagall, Giorgio De Chirico, Renato Guttuso, Edvard Munch, Pablo Picasso, Antonello da Messina, Beato Angelico, Botticelli, Caravaggio, Giotto, Cimabue, Delacroix, Degas, Dürer, Michelangelo, Leonardo da Vinci, Rembrand, Donatello, Van Gogh, Renoir, Velazquez, El Greco… sì, anche El Greco. Una falange.

Gundar e Lorena guardavano sbigottiti le vetrine e gli scaffali. Erik il Rosso lo notò.

  • Meno male – disse – che non vi ho fatto vedere tutti insieme gli altri nove appartamenti della nostra società.
  • Ma come li avete presi? – disse Lorena.
  • Andando nei cimiteri e nelle tombe rispose sorridendo Erik il Rosso. \Poi, più seriamente.
  • I membri della società addetti alla ricerca dei resti ossei sono instancabili, fedeli, decisi, e sono ubicati in ogni paese del mondo. È un lavoro spesso grigio, oscuro, anche tenebroso e poco piacevole. Ma si paga volentieri questo prezzo per l’immortalità.

Gundar e Lorena guardavano increduli le vetrine. Guardavano quelle ossa,leggevano le scritte, ascoltavano le ridondanti parole di Erik il Rosso.

  • E queste ossa saranno clonate? – disse piano Gundar – Queste ossa torneranno a vivere, e… diventeranno immortali?
  • Sì, Gundar – disse alzando ancora la voce Erik il Rosso – Quelle che tu vedi non sono più ossa ma vita, esistenze mature e complete, nella pienezza del loro turgore intellettuale, morale.

Erik il Rosso uscì dalla stanza dei pittori e ritornò nel corridoio. Fece ancora qualche passo ed entrò in un’altra stanza. Gundar, Lorena ed Adelaide lo seguivano silenziosi come ombre.

  • Ecco – disse Erik il Rosso – Qui siamo nella stanza dei poeti. Veramente abbiamo anche un’altra stanza, qui a Ramulia Valmenna, piena di resti ossei di poeti. Ma dobbiamo ancora ordinarla. Resti ossei di poeti ne abbiamo in abbondanza anche nelle altre sedi. Chissà perché, abbiamo incontrato meno difficoltà a procurarci resti di poeti.
  • Forse perché oggi contano di meno – ironizzò Gundar – Le ho viste io le tombe dei poeti, sono trascurate, incustodite. Forse per questo i membri della società hanno incontrato minori difficoltà.

Erik il Rosso e sua moglie sorrisero.

  • In questa stanza – disse sempre con orgoglio Erik il Rosso, facendo una semicirconferenza con la mano destra – abbiamo l’immortalità dei poeti e degli scrittori. Qui, in questi scaffali e in queste vetrine, tra quelli che ricordo, abbiamo ossa di Dante, Petrarca, Belli, Borges, Shelley, Cavalcanti, Campana, Hölderlin, Manzoni, Tolstoij, D’Annunzio, Foscolo, Garcìa Lorca, Juan Ramón Jiménez, Metastasio, Cardarelli, Carducci, Neruda, Pascoli, Pavese, Rilke, Mann, Musil, Joyce, Proust, Cardarelli, Saba, Tagore, Byron, Keats, Boccaccio, John Donne, Milton, Ungaretti, Verlaine, Rimbaud, Chaucer, Baudelaire, William Butler Yeats, Campana, Goethe, Gòngora. Avremmo anche Pindaro, Virgilio, Seneca, Tacito, un metacarpo di Euripide: ma su questi scrittori i nostri esperti antropologi hanno qualche riserva. Dobbiamo valutare meglio. Resteranno più degli altri in attesa.
    • Vedo qui, – disse Gundar – in questa vetrina piena di ossa di drammaturghi, commediografi, tragediografi, sotto la scritta Pirandello, un dente. È banale ricordare che Pirandello è stato cremato.
    • Certamente – disse pronto Erik il Rosso – Ma questo dente, un canino, è sfuggito miracolosamente alla cremazione. È un canino caduto a un Pirandello piccolissimo, aveva tre anni, la famiglia ne ha fatto dono a un membro della nostra società. Veramente orgoglioso che un nostro conterraneo così geniale diventerà un immortale. In questa vetrina, come potete vedere, ci sono altri immortali: Molière, Goldoni, Alfieri, Ibsen, Beckett. Osservate questa costola di Shakespeare. E questa meravigliosa mascella di Alfieri! Conservata benissimo, presa da un prete della società, proprio nella chiesa di Santa Croce in Firenze.
    • Qui, in questo scaffale – disse Adelaide – ci sono solo poeti lirici e cavallereschi.
    • Ah, sì – confermò Erik il Rosso – Ecco una rotula di Tasso, lì c’è il bacino di Ariosto. Questa è una vertebra di Leopardi. È rimasto ben poco del povero Giacomo, il corpo si è decomposto subito, forse le malattie, non so. Ma questa vertebra basta e avanza per consegnarlo all’immortalità. Ecco ancora una tibia di Petrarca, un ginocchio di Rilke, un metatarso di Coleridge, un calcagno di Montale, un polso di Pascoli, e altre ossa sublimi. Ma adesso usciamo, abbiamo altre cose da vedere.

Erik il Rosso si avviò ancora verso il corridoio centrale. Poi proseguì per qualche passo, entrò in un’altra stanza.

  • Siamo in un altro spazio immenso, in un tempo ineguagliabile – disse – Siamo fra i musicisti immortali! Oh Gundar! Oh Lorena! Si spalanca sulla storia dell’umanità un tempo senza tempo, dilaga e pervade ogni cosa, riempie lo spazio e il tempo. Si apre l’età nuova senza tempo dell’immortalità, una vicenda inenarrabile che nessuno racconterà ai posteri, il tempo non caduco, infinito, dello spirito.
  • Vedo scritto qui – disse Gundar avvicinandosi a una vetrina – troclea di Beethoven, falange di Händel. Ma è tutto vero?
  • Sicuro – disse Erik il Rosso – È tutto vero qui. Di ogni resto osseo abbiamo testimonianze dei membri della società riguardo al prelevamento, analisi, certificati, e così via. Qualche incertezza può essere possibile sui resti più antichi, come ho detto poco fa a proposito di alcuni poeti e scrittori grecie romani. Di notevole rilievo in questa sezione sono la mano destra di Chopin, uno zigomo di Puccini, il dito indice della mano destra di Shostakovic, una tibia di Bach, una scapola di Schubert, la fronte di Ciajkovskij, oltre a ossa varie di Bernstein, Brahms, Prokofiev, Mahler, Stravinskij, Rossini, Monteverdi, Dvorak, Wagner, Bartok, Berlioz, Puccini, Debussy, Haydn, Bellini, Toscanini. Ma il    reperto    più sensazionale è questo che abbiamo qua davanti: il cranio pressoché intero di Mozart!
  • Ma non fu sepolto in una fossa comune nel Cimitero di San Marco a Vienna? – disse Lorena.
  • Sì – disse Erik il Rosso – Ma il suo teschio è stato salvato. No, non è quello conservato al Mozarteum di Salisburgo, quello è falso.
  • Allora questo – disse Gundar – sarebbe quello effettivamente recuperato dalla fossa comune dal sacrestano di San Marco, Joseph Rothmayer, che aveva identificato il cadavere di Mozart perché aveva avvolto intorno al collo un filo metallico, e che numerose analisi antropologiche e mediche hanno accertato essere autentico?
  • Sì – disse Erik il Rosso – Come sia giunto qui è molto complicato dirlo, ma è il teschio originale di Mozart. Vedete? È senza la mandibola.

Erik il Rosso si allontanò da sua moglie e da Lorena e Gundar, andò verso il centro della stanza, si fermò. Si girò quindi verso i tre, ricominciò a parlare. Con tono di voce di nuovo alto, ridondante.

  • Il ratto del Serraglio, Le nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte Il Flauto magico… oh, che opere sublimi! E le musiche, le sinfonie: Il canto del Cigno, la Sinfonia n. 35 in re maggiore K 385 detta Haffner, la Sinfonia n. 36 in do maggiore K 425 detta Linz, la Sinfonia n. 38 in re maggiore K 504 detta Praga. Musiche celestiali! E le Serenate, la Serenata in sol maggiore K 525, Eine kleine Nachtmusik, Piccola Musica Notturna, il Concerto per Flauto n.2 in re maggiore K. 314, per Flauto e Arpa K 299 in do maggiore… E le musiche da camera, la Sonata K 570 in si bemolle maggiore… Il Quartetto in si bemolle maggiore K 458 La caccia, il Quartetto delle dissonanze in do maggiore, e la musica vocale, e infine la Messa in Requiem in re minore K 626, il suo divino capolavoro!

Erik sembrava in pieno delirio, continuava a declamare opere di Mozart guardando verso il tetto. Infine si fermò.

  • Mozart, il massone Mozart – disse – Un tappo di un metro e mezzo conle orecchie grandi, il naso aquilino e la testa enorme, Mozart tormentatoda mille malattie, invidiato, forse avvelenato, ma unico, Mozart il più grande musicista di ogni tempo, della storia dell’umanità. Mozart tornerà a vivere.
  • Veramente per me il più grande è Beethoven – disse Lorena – Forse perché sono romantica.
  • C’è una differenza enorme – disse Erik il Rosso – Beethoven è diventato il più grande, Mozart non aveva bisogno di diventarlo, era unico, era nato già il più grande, poteva solo decadere in mezzo agli uomini, perché aveva qualcosa di divino….
  • Lasciamo perdere queste discussioni futili, Erik – disse Gundar – Credo di averne già abbastanza. Mi sembra di essere in una galleria segreta del Cimitero sotterraneo dei Cappuccini di Palermo. È uno spettacolo macabro, mi trasmette il senso della caducità della vita, della gloria e della vanità terrena. Altro che immortalità! Anzi, qui io non vedo cadaveri, ma resti, frantumi di cadaveri.
  • I due Mondi un picciol varco/divide, e unite e in amistà congiunte/non fur la vita mai tanto e la morte… – disse Lorena – È Ippolito Pindemonte, I Sepolcri. Risorgerà anche lui?

Erik il Rosso sorrise. Adelaide gli andò incontro. Erik il Rosso la abbracciò.

  • Non è come dite voi – disse Erik il Rosso, avvicinandosi a Gundar – Questo non è un cimitero di mummie, qui non ci sono né la vita né la morte, qui c’è solo l’immortalità. Queste ossa aspettano giustizia, la polvere aspetta giustizia. La Società Thule è stata creata per rendere giustizia alla storia, per dare senso al tempo. Pensa, Gundar, proprio a Mozart. Al più grande. Mozart morto giovanissimo, 36 anni nemmeno compiuti. Mozart morto in miseria, sepolto in una fossa comune, con un funerale di terza classe, senza che nessuno lo accompagnasse al cimitero. Mozart tormentato dalle malattie, morto senza avere goduto della maturità, della vecchiaia, della ricchezza e della gloria ancora immensa che meritava. Mozart deve compiere il suo destino, rinascere e tornare nella storia, rientrare nella scena del mondo, andare ad occupare il posto che gli spetta, quello dell’immortalità. Solo così avrà senso il tempo, solo così avrà senso la storia. Solo così si renderà giustizia a tutti gli spazi dell’universo.

Gundar e Lorena lentamente uscirono dalla stanza e si avviarono verso il corridoio centrale. Per la prima volta, quella sera, non seguirono Erik il Rosso.

  • Il potere sulla clonazione e sull’immortalità, evidentemente, è qualcosache avvicina a Dio – disse Gundar.
  • Sì, qualcosa di simile al potere di Dio – disse Erik il Rosso, uscendo anch’egli dalla stanza.
  • Per questo anche Dio si preoccupa – disse Lorena, sorridendo.
  • Che? – domandò Erik il Rosso.

Gundar con un cenno fece capire a Lorena di tacere.

  • L’immortalità e la clonazione sono l’unica via che restituirà senso alla storia, – continuò Erik il Rosso – a questo pianeta, all’universo, perché ci sarà sempre la possibilità di porre riparo alle violenze, alle ingiustizie e ai soprusi della storia. Ma veramente non volete vedere le altre stanze?
  • No, a che serve? – disse Gundar – Rimarrebbero altri nove posti come questo che non avremmo visto. Dacci un cenno, può bastare.
    • Come volete – disse Erik il Rosso – Anche perché, in effetti, non potete conoscere tutto in una sera. In una stanza abbiamo grandi medici e scienziati, Copernico, Keplero, Galileo, Newton, Darwin, Curie, Einstein, Fermi, Majorana, Oppenheimer, molti altri. In un’altra i filosofi, Bacone, Kant, Spinoza, Hegel, Schopenhauer, Croce, Nietzsche… sì, anche Nietzsche. E molti altri ancora. Filosofi. Veramente, sui filosofi, per anni siamo stati indecisi: pensavamo che non ci fosse più bisogno di gente che spiegasse come è fatto il mondo. Poi abbiamo deciso di inserirli perché l’arte del ragionamento e la cultura fanno bene al cervello e all’anima.
    • Effettivamente, – disse Gundar – i filosofi non hanno mai fatto male all’umanità. Hanno fatto male certi politici che, manipolando la filosofia, hanno elaborato cattive ideologie.
    • Sì, è così – disse Erik – In un’altra stanza, abbiamo i mistici, gli asceti, i fondatoridi religioni… un elenco formidabile. Uomini grandissimi. Bernardo di Chiaravalle, Francesco d’Assisi, Milarepa, Buddha, Confucio, Lao-tzu, Padmasambhava,   Shri   Ramachandra,   Caitanya   Mahaprabhu, Ramakrishna Paramahansa, Vivekananda, Vardhamana Mahavira. Ma sugli orientali la società ha qualche riserva. Dobbiamo sottoporre ad analisi più serie i resti ossei. Ma questo è un discorso che   riguarda   in    genere    il mondo precristiano. Lì in fondo, a sinistra, nella stanza di fronte a quella degli scienziati, abbiamo gli economisti, gli statisti, gli uomini di pace… I primi    che     ricordo sono Gandhi, Martin Luther King, poi De Gasperi, De Gaulle, Giovanni Paolo II, Lutero, Calvino, molti altri.
    • E i condottieri? – domandò impaziente Lorena – I condottieri dove li avete messi?
    • Dei condottieri, no, – disse Erik il Rosso – non ci sarà più bisogno di conquiste. Né di guerre. L’immortalità appartiene solo agli artisti, ai filosofi, ai medici, agli scienziati, ai poeti, ai musicisti, insomma ai benefattori dell’umanità. Per questa ragione, abbiamo in una stanza segreta Cesare, Ottaviano Augusto, Carlo Magno, Alessandro Magno, Federico II di Svevia, Carlo V, Luigi XIV, Napoleone, Garibaldi, ed altri: la commissione centrale della valutazione deve ancora decidere se considerare questi uomini condottieri o statisti, fondatori di Stato.
    • C’è una commissione centrale della valutazione? – domandò curiosa Lorena – E che cos’è?
    • È la commissione che definisce le categorie delle professioni e i meriti acquisiti dei candidati all’immortalità – rispose Adelaide.
    • Deve essere una commissione importante – disse Lorena.
    • È la più importante – disse Erik il Rosso – Ne fanno parte cinquanta membri, uomini di altissimo sentire e di profonda cultura. E di una moralità perfetta.
    • Poco fa ho sentito i nomi Francesco d’Assisi, di Bernardo di Chiaravalle – disse ancora Lorena – Ma non sono anche dei santi?
    • Per noi sono mistici, asceti, uomini di altissima spiritualità, o fondatoridi religioni – disse Erik il Rosso – Sono stati fatti santi dagli altri. E a noi il concetto di santità non interessa.
  • E Cristo? – continuò Lorena, impelagata nel gorgo del dilemma della resurrezione dei santi – In questo modo si potrebbe perfino clonare Cristo. Come uomo, intendo.
  • Meno male che è risorto subito – cercò di sdrammatizzare Gundar – Altrimenti avremmo avuto per l’eternità problemi teologici devastanti.
  • Sicuro – disse Erik il Rosso sorridendo – Però, se si trovasse almeno un dente…

Adelaide si avvicinò al marito. Lo accarezzò, lo baciò sulla fronte. Una nuova resurrezione di Gesù Cristo si dileguò, ma non scomparve del tutto, nelle profondità della mente di Gundar e Lorena.

-Ma abbiamo altre ossa che fanno rabbrividire – continuò Erik il Rosso – In due stanze supersegrete che non posso mostrarvi abbiamo, in una, resti ossei di Hitler e dei più pericolosi criminali nazisti, da Göring a Goebbels, a Himmler, a Hess, e poi di altri criminali politici come Stalin e altri esponenti sovietici; in un’altra, i resti dei più famosi criminali della storia, comuni e politici, da Jack lo Squartatore a Rasputin. Non vorrete clonare e rendere immortali pure loro? – disse nemmeno tanto ironicamente Gundar.

  • No certamente – rispose Erik il Rosso.
  • E allora perché avete recuperato i loro resti ossei? – ribatté Gundar.
  • La risposta – disse Erik il Rosso – è molto più semplice di quanto si creda. Per evitare che lo facciano gli altri.
  • Gli altri? – disse Lorena – Allora non è poi così sicura la vostra organizzazione.
  • La nostra organizzazione è sicurissima – disse Erik il Rosso – Ma non possiamo escludere all’infinito che un giorno un gruppo di scienziati scopra come noi la formula della clonazione ossea e dell’immortalità. Anche se abbiamo un settore speciale di scienziati immortali che avranno il compito di impedire che questo avvenga, disturbando scientificamente i lavori e le ricerche degli altri ricercatori.
    • Ascolta, Erik – disse Gundar – Questa sera ti ho sentito parlare di stanze segrete o supersegrete. Ma sono veramente così segrete? Non c’è pericolo di fuga di notizie, di tradimenti, di cospirazioni? In fondo, immortali o no, sempre di uomini si tratta.
    • Nell’immortalità non esiste più il concetto di uomo – disse Erik il Rosso sorridendo – Come non esisterà mai il concetto di segretezza assoluta e sicura. Ma ad aprire una stanza segreta devono essere diciassette persone contemporaneamente – e una di queste sono io – perché il codice che apre le stanze segrete è diviso in diciassette parti. Che ve ne pare?
    • Beh – disse Gundar – È in effetti una cosa abbastanza seria. Anche se non infallibile. È sempre, comunque, una bella responsabilità.
    • Inoltre, – continuò Erik il Rosso – fino a quando non comincerà la fase finale del programma di immortalizzazione, la percentuale di pericolo è ridotta allo zero. Perché i membri dell’organizzazione ancora non si conoscono tra di loro. E perché solo io – primo ed unico erede di Hermann Dietric – conosco i siti, le password di accesso e i nomi dei membri dell’organizzazione. Li ho qui nella mia testa. O in qualche posto vicino alla mia testa.
    • Okay, okay – disse Gundar – Adesso possiamo anche uscire: crediamo di avere capito.
    • Un momento! – disse Erik il Rosso, avvicinandosi a una piccola vetrina vicina a una parete del corridoio centrale – Non avrei voluto parlarvene, perché sono cose personali.

Chiese a Gundar e a Lorena con un cenno della mano di avvicinarsi.

  • Ecco – disse Erik il Rosso con occhi lucidi, mostrando alcune falangi di piede dentro piccoli contenitori di vetro – Questi sono frammenti, amabili resti di mio padre e di mia madre, dei miei suoceri. Del grande Hermann Dietric. Di sua moglie. Di suo fratello ucciso proprio qui. Di altri miei parenti. Non sono ossa, sono testimonianza vivente dell’immortalità.
    • Capisco – disse Lorena – Però se poi ogni immortale volesse fare risuscitare qualche congiunto, qualche lontano parente, si aprirebbe una porta pericolosa.
    • E magari molti vorranno risuscitare vecchi amanti – soggiunse Gundar – E poi gli amanti risuscitati vorranno risuscitare altri amanti mai dimenticati, e così all’infinito, sarà una cosa incontrollabile.
    • E non voglio nemmeno pensare – disse ancora Lorena – a tutte le cricche, le mafie, le guerre tra immortali, perché ognuno vorrà creare, vorrà risuscitare, un proprio gruppo, una propria società, una propria setta.
    • Ci saranno contrasti, lotte, guerre, stragi di immortali, – disse Gundar – perché gli immortali sono immortali ma non invulnerabili, questo bisogna ricordarlo sempre. Chi controllerà tutto questo?

Erik e sua moglie non gradirono l’ironia delle ultime battute di Gundar e Lorena. Lo fecero capire con lo sguardo.

  • Niente di tutto questo – disse quindi Erik il Rosso – Perché la Società Thule creerà un mondo meraviglioso senza odio, senza rancore, senza sentimenti negativi. Perché la Società Thule sarà governata da uomini superiori, moralmente perfetti. La Società Thule, infine, clonerà e renderà immortali tutte le più belle specie viventi di ogni tempo, i fiori, gli alberi, i profumi, gli animali. Sì, anche gli animali, gli animali più belli e docili, più fedeli all’uomo, i più utili.
  • Oh, che bello! – disse Lorena – Avere per sempre accanto a me il mio gattino Milù che non c’è più!
  • Daremo l’immortalità al passato più affascinante – disse Adelaide – Renderemo immortale tutto ciò che c’è stato di bello nella storia.
  • La Terra sarà un paradiso – disse Erik il Rosso – Solo così la storia di questo pianeta avrà un senso.
  • Non ci annoieremo? – disse Lorena.
  • Ti prego, Lorena, ne abbiamo già parlato in privato – disse Gundar – Non tediare Erik con le tue domande.
  • Ma gli immortali che verranno dal passato non soffriranno di solitudine? – domandò ancora Lorena, ignorando la supplica di Gundar.
  • No, – rispose Erik il Rosso – perché cloneremo e renderemo immortali anche le mogli o le compagne. O i compagni. Di molti ci siamo già procurate le ossa.
  • Uhm, un bel lavoro, eh! – esclamò Gundar.
  • Certo. Faticoso ma bello. Pensate a Mozart che incontra di nuovo per l’eternità sua moglie!
  • Stupefacente! – disse Lorena – E magari le sue amanti!
  • L’unico impegno serio a cui ci stiamo sottoponendo noi primi immortali – disse Erik il Rosso avviandosi verso l’uscita – è evitare ogni ingorgo, ogni confusione di immortali, ogni attrito, dobbiamo cercare di regolare con giudizio l’immissione di immortali nella storia.
    • Eh sì – disse Gundar – Già mi immagino Munch e Michelangelo nello stesso periodo, nello stesso paese. Oppure Francesco d’Assisi e Lao- tzu a Gubbio. Oppure ancora Pirandello, Montale e Dante ad Agrigento…
    • Non è esattamente così la natura del problema – disse Erik il Rosso – Ma qualcosa che gli assomiglia. Anche se gli immortali della storia non avranno i nomi della storia.
    • I territori e le isole che saranno, per così dire, le residenze ufficiali e i centri di pianificazione delle attività degli immortali che provengono dal passato – aggiunse Adelaide – saranno trasformati in giardini profumati e in paradisi naturali come questa valle. I siti saranno molto vicini, sia nello spazio che nel tempo. Prevalentemente, i luoghi saranno a tema – ci sarà la valle dei poeti, dei musicisti, dei pittori – ma saranno vicini nel tempo e nello spazio, così ogni immortale potrà andare a vivere in altri siti vicini quando si annoieràe tornare nel sito di appartenenza quando ne avrà nostalgia, prima di tornare nella storia per portare avanti il programma della società. Bisogna evitare la confusione della storia nei territori dell’immortalità. Dobbiamo creare mondi diversi di immortali che interagiscono fra di loro e fare agire nella storia gli immortali secondo programmi che non creino conflitti ma il progresso e la felicità dei popoli.
    • Sì – confermò Erik il Rosso, dopo avere ascoltato attento e compiaciuto la moglie – Creeremo tanti mondi paralleli nei nostri territori. E ciascun immortale potrà, se vuole, passare da un mondo all’altro, a suo piacimento, e tornare in quello di appartenenza. E nella storia, opereranno in luoghi diversi per non creare conflitti e disordini.
    • Ho sentito dire qualcosa del genere da un altro – disse Gundar – Interessante, comunque. 
    • Bene – disse Erik il Rosso davanti alla scala che portava fuori dal bunker – Ora sapete quel che dovevate sapere. Andate a casa e preparate i bagagli.

Gundar e Lorena si guardarono intensamente negli occhi. Poi sorrisero. Si avvicinarono. Si baciarono. Un breve bacio tremante davanti allo sguardo austero dell’immortalità.

  • Ci scusiamo – disse alla fine Gundar – Ma dovevamo festeggiare in modo degno il nostro ingresso nell’immortalità.
  • Bene – disse Erik il Rosso – Dopodomani, dovremo essere in uno dei centri direzionali della società e iniziare le pratiche burocratiche per smantellare il villaggio. In pochi giorni saranno mandati via tutti. Anche se, quando non vedranno più noi e voi, molti capiranno e se ne andranno subito. Fra tre mesi torneremo qui solo con i membri della società e continueremo il programma della società. Voi due comincerete il programma di immortalizzazione fra due mesi a Dresda, in uno dei nostri centri. Io e mia moglie diamo il benvenuto a Lorena e a Gundar nella schiera eletta degli immortali.

Gundar non rispose. Accese finalmente una sigaretta, tirò una boccata di fumo. Piccoli cerchi, segnali indiani si liberarono sopra la fronte serena di Lorena, sopra gli occhi rossi allucinati di Adelaide e di Erik il Rosso, nell’aria greve del bunker dell’immortalità. L’immortalità. L’immortalità? Chi erano tutte quelle ossa? Volevano veramente l’immortalità quelle ossa, volevano diventare carne, carne e spirito, coscienza, per sempre, volevano superare la decomposizione della carne? Chene sapevano loro dell’immortalità? Avevano vissuto per l’immortalità?

Gundar guardò lo spazio vuoto che lo separava da quelle ossa, da quell’abisso di morte o di immortalità. Poi chiuse gli occhi. E il passato diventò presente, e il presente diventò futuro, e il futuro diventò passato, nel circolo perfetto in cui tutto diventa presente, l’immortalità che si catapulta all’improvviso nella mente di Gundar. Nel delirio della sua mente.

La mente di Gundar. Morti si risvegliano dal sonno profondo, escono dalle tombe, dai cimiteri, dalle chiese di tutto il mondo. Larve sepolte nel baratro dei millenni escono dalle bare, scendono dai catafalchi, riconquistano il soffio vitale, lampi di vita, punti sospesi nel vuoto tornano nella pienezza della storia. Fantasmi del passato, vampiri assetati di sangue, senza requie, avanzano, coprono lo spazio nudo del mondo, così ha inizio l’assedio degli spiriti, della marcia funebre del mondo. 

Oh, anime sospese, anime in attesa, spettri vaganti abbandonano la notte profonda, rientrano nel palcoscenico del mondo, penetrano nei sogni, negli incubi paurosi dei viventi, occhi spenti di passione si accendono, si gonfiano di tremori, si inabissano nel vortice delle esistenze di fuoco dei pianeti, degli astri, degli universi, nella luce perenne dell’eternità.

Ombre.

Ombre, spiriti solitari, spiriti sbandati del cosmo riprendono i propri corpi, vengono dagli angoli sperduti del tempo, sono immagini illusorie, magiche apparizioni, pure parvenze, miraggi, visioni di un istante, hanno la brama di essere sempre, oltre l’immane vagare di mondo in mondo.

Vibrati di violini, sinfonie di pianoforti inondano gli antri nascosti della terra, sorgono all’improvviso poeti dalle nebbie a declamare versi con la cetra, poeti corrucciati disdegnosi, ripercorrono le vie dell’inferno, pittori silenziosi dipingono in riva a un fiume amori, amori immortali, bagnanti immortali.

Amori.

Amori. Amori di principesse, amori infelici, amori di gente comune, amori silenziosi, scorre la vita di millenni, scorrono uomini solitari scorrono folle, scorrono uomini in ogni angolo del mondo, vanno verso destini inconclusi, vanno alla ricerca disperata di amori perduti.

Vanno, vanno uomini alla ricerca del senso della vita, vanno, continuamente vanno a domandare ragione della vita spezzata, vanno giovani dalla vita infranta, vanno aborti di infanti a reclamare regni, a reclamare imperi.

Suoni di trombe squassanti poi squarciano l’aria immobile, e grida e urla e pianti, e il nitrire, lo scalpitare di cavalli, e concitati comandi di generali disperati, e il fragore delle armi in campi aperti, e il terrore della battaglia perduta, della sconfitta, senza via di fuga.

Condottieri imperiosi avanzano su cavalli rutilanti alla bruma fulgida di niente, vanno, ma dove vanno?, cercano la battaglia, lo scontro finale, spade cozzano contro spade, fantasmi escono dalle tenebre del tempo indossano elmi scintillanti, salgono su carri greci con cavalli bianchi, spianano l’erba, spianano la vita.

Avanzano.

Ecco, avanzano. Avanzano guerrieri immortali, avanzano in falangi schierate a battaglia tumulti di eserciti; avanzano generali in camicia rossa, spuntano dalle caligini del tempo, disperati cercano nazioni, patrie da conquistare. 


Avanzano eserciti, nel galoppare rapido dei millenni baionette fendono la carne nelle trincee, cannoni distruggono mura distruggono città, aerei in picchiata devastano popoli devastano nazioni, bombe, funghi atomici annichiliscono il respiro vitale, annichiliscono lo spazio, annichiliscono il tempo.

Ecco, avanzano confusi, ammassati nel caos, avanzano volti di uomini e di animali deformati in città cancellate dalle guerre, avanzano poeti pazzi suicidi, filosofi che si tagliano le vene, donne squartate, traditori, avanzano assassini che hanno commesso delitti orrendi senza pace.

Avanzano. Avanzavano folle sterminate, vogliono ripercorrere sentieri sospesi, interrotti, uomini vogliono recuperare vite spezzate, riconquistare destini.

Scheletri.

Scheletri digrignano denti, bramano di colmare il dolore, larve devastate dall’ira e dal rancore, fantasmi abbattuti da illusioni, eserciti di morte si accalcano per entrare nella ferocia della storia.

Oh, il coraggio, la forza, la virtù, la bellezza, l’ordine. La giustizia, la verità, l’amore, il bene. Tutto si intreccia e si dissolve con l’angoscia e la pena, il tormento, il furore; il male, l’odio, l’incubo, il terrore, l’ira, la ferocia, il disordine. Finché sul clamore un silenzio altissimo e profondo si leva, sul tumulto, sul caos della storia, avvolge tutto, avvolge il disfacimento, la putrefazione della carne, l’incorrotto spirito dell’immortalità. Avvolge anche lo sfacelo, il crollo rovinoso dei mondi, il lento decadere dello spazio, l’indolente, formidabile declinare del tempo nel marasma cosmico.

Da: Il villaggio degli immortali, Lulu.com, New York, 2022

Foto da Victoria_Regen da Pixabay

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