Amare il creato senza idolatrare la natura

di Pietro Licciardi

LA CHIESA NON HA CAMBIATO IL SUO MAGISTERO. SONO I CATTOLICI CHE NON LO METTONO PIU’ IN PRATICA, PREFERENDO DAR CREDITO ALL’AMBIENTALISMO IDEOLOGICO

Ciò che molti sembrano dimenticare è che la Chiesa non è cambiata. Essa è immutabile nei suoi insegnamenti, nelle sue leggi, nei suoi dogmi, nella sua morale. Ciò che cambia è il pensiero dell’uomo, nel suo agire e nel suo volere. E infatti oggi assistiamo ad un cambio di rotta da parte dei pastori che gestiscono la Chiesa, come se fosse divenuta modificabile in ogni su aspetto. Anche per quanto riguarda l’atteggiamento nei confronti del Creato.

Sembra che sulle questioni ambientali buona parte del mondo ecclesiale e cattolico abbia acriticamente assunto i dogmi e i tic di certo ambientalismo ignorando o mettendo tra parentesi quel che la Chiesa, ha sempre insegnato sull’argomento.

Ricordiamo allora quelle che furono le conclusioni del Seminario internazionale sul tema Cambiamenti climatici e sviluppo che si svolse in Vaticano nell’Aprile 2007 e al quale parteciparono 80 studiosi ed esperti provenienti da 20 Paesi dei cinque Continenti. Al termine dei lavori il cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, pur ammettendo la realtà dei cambiamenti climatici, criticò certe «forme di idolatria della natura che perdono di vista l’uomo».

«La natura è per l’uomo e l’uomo è per Dio e anche nella considerazione delle problematiche connesse ai cambiamenti climatici», sottolineò il porporato, «si dovrà far tesoro della Dottrina sociale della Chiesa», che «non avvalla né l’assolutizzazione della natura, né la sua riduzione a mero strumento». «La natura non è un assoluto, ma una ricchezza posta nelle mani responsabili e prudenti dell’uomo» e questo significa anche che «l’uomo ha una indiscussa superiorità sul creato e, in virtù del suo essere persona dotata di un’anima, non può essere equiparato agli altri esseri viventi, né tanto meno considerato elemento di disturbo dell’equilibrio ecologico naturalistico».

L’esatto contrario di ciò che propaganda l’odierna ideologia ambientalista e animalista.

Sulle problematiche connesse ai cambiamenti climatici, il presidente del Dicastero vaticano, rilevò che «la Dottrina sociale della Chiesa deve fare i conti con molte forme di idolatria della natura che perdono di vista l’uomo. Simili ecologismi emergono spesso nel dibattito sui problemi demografici e sul rapporto tra popolazione ambiente e sviluppo».

E infatti fin dalla Conferenza internazionale del Cairo su Popolazione e Sviluppo del 1994, è divenuta ufficiale l’idea secondo cui l’aumento della popolazione nei decenni successivi sarebbe stata tale da portare al collasso gli equilibri naturali del pianeta e impedirne lo sviluppo. Tesi ormai smentita dai fatti ma che potenti centrali internazionali, capaci di influenzare opinioni pubbliche e governi, come il World Economic Forum, continuano a propagandare. Da qui la malsana idea che per impedire il supposto disastro ambientale, occorre ricorrere all’aborto e alla sterilizzazione di massa nei paesi poveri ad alta natalità al fine di ridurre la popolazione mondiale.

Ma «La Chiesa propone una visione realistica delle cose». Sempre secondo il cardinale Martino «in quanto essa ha fiducia nell’uomo e nella sua capacità sempre nuova di cercare soluzioni ai problemi che la storia gli pone. Capacità che gli permettono di confutare spesso le ricorrenti, infauste e improbabili previsioni catastrofiche».

Da qui la necessità per i cattolici oggi di abbandonare certe false sirene ecologiste per tornare alla ecologia umana, sviluppata dal pontefice Giovanni Paolo II, riprendendo il pensiero di san Giovanni XXIII e del beato Paolo VI – a cui si è collegato Benedetto XVI con la sua Caritas in veritate, ripresa anche da Francesco con la Laudato si’ – secondo la quale quella ecologica non è solo una emergenza naturale, ma è una emergenza antropologica, in cui conta il modo di rapportarsi dell’uomo con se stesso e soprattutto il modo di rapportarsi con Dio.

«L’errore antropologico è quindi un errore teologico», ha osservato il cardinale, secondo il quale «quando l’uomo vuole porsi al posto di Dio, perde di vista anche sé stesso e la sua responsabilità di governo della natura».

Un cattolico che ha assunto la mentalità ambientalista è perciò un cattolico gnostico; ovvero uno che – secondo l’antica eresia oggi tornata in auge – non rassegnandosi ad accettare la realtà, secondo il disegno e il progetto di Dio, la vuole sovvertire e riplasmare. Magari plaudendo a chi vuole costringere l’umanità ad arretrare e impoverirsi per abbattere le emissioni di CO2 e per inquinare meno o cominciando a pensare che oltre agli uomini e alle donne ci sono anche altri “generi”.

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perfetto. 10 e lode….ma anche tanti pastori di anime a volte inciampano purtroppo