Il codice di Camaldoli. Un documento da riscoprire

di Vincenzo Silvestrelli

UN DOCUMENTO NON ASTRATTO, COMPILATO DA COLORO CHE FURONO I PROTAGONISTI DELLA RICOSTRUZIONE POST-BELLICA

Il codice di Camaldoli è abbastanza conosciuto e celebrato. In occasione dell’ottantesimo anniversario si è tenuto un congresso che visto anche la partecipazione del Presidente Mattarella. 

Fu scritto con la partecipazione di Aldo Moro (1916-1978), Giorgio La Pira (1904-1977), Paolo Emilio Taviani (1912-2001), Sergio Paronetto (1911-1945), Pasquale Saraceno (1091-1991), Ezio Vanoni (1903-1956), coordinati dall’assistente ecclesiastico dei laureati cattolici, Adriano Bernareggi (1884-1953), vescovo di Bergamo.

Si trattava di personalità diverse che collaborarono in maniera multidisciplinare alla stesura del documento partendo anche dalle loro esperienze professionali e sociali. Alcuni dei partecipanti avevano avuto incarichi nella gestione dell’IRI, oltre ad avere prestigiosi ruoli universitari. Viene comunemente definito come il documento che avvio l’economia sociale di mercato. Questa attenzione alla sola economia è stata una chiave interpretativa insufficiente. Se è vero che i cattolici in politica diedero una grande attenzione al sistema delle partecipazioni statali, non altrettanta cura fu data fu data alle parti del documento che parlavano della educazione, della famiglia, della proprietà come elemento di libertà.

Il codice fu redatto dal 18 al 24 luglio del 1943 sotto la spinta di Giovan Battista Montini e pubblicato nel 1945 a guerra finita.

Fu elaborata una bozza di 76 dichiarazioni a carattere provvisorio che poi furono successivamente ampliate.

Fu un documento non astratto perché compilato da coloro che poi furono i protagonisti della ricostruzione post-bellica che ebbe il pregio di riformare, senza annullare, alcune realizzazioni del fascismo Oltre al mantenimento dell’IRI, un esempio è  la legge bancaria che assicurò la stabilità del sistema finanziario italiano.

Oggi non abbiamo più l’industria di stato che fu il motore dello sviluppo economico italiano e fu privatizzata malamente dopo il colpo di stato del 1992 con gravi conseguenze in termini di sovranità e di capacità di intervento dello Stato per promuovere lo sviluppo dei territori e sostenere le piccole imprese attraverso la messa a disposizione delle infrastrutture logistiche, informatiche ed energetiche che sono la base del progresso  economico e della innovazione. Anche il sistema bancario è stato malamente riformato, perdendone il controllo nazionale e facilitando la penetrazione della finanza internazionale poco attenta alla economia reale.

Ma oltre all’aspetto economico il Codice si concentrava su altri aspetti dove le classi dirigenti cattoliche non furono altrettanto attente.

Per quanto riguarda la famiglia per esempio, la sua tutela veniva segnalata, fra l’altro, come base essenziale per la procreazione. La crisi demografica che sta interessando il nostro paese dimostra che non è stata data adeguata realizzazione a quanto indicato nel Codice di Camaldoli con la saggezza che derivava dalla dottrina sociale cattolica.

Si affermava riguardo alla famiglia “lo Stato deve riconoscere la famiglia come è stata costituita da Dio; proteggerla contro tutti i suoi nemici, rimuovendo dall’ambiente pubblico quegli elementi di perversione che influiscono sfavorevolmente sulla gioventù e creando una atmosfera morale sana e conveniente al suo bene spirituale; aiutarla al compimento della sua missione; spingerla all’adempimento dei suoi doveri e, in caso di necessità, supplire alle sue deficienze e completare la sua opera nell’ordine civico”.

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