Il MES, una pietra travestita da salvagente per affondare definitivamente l’Italia

di Ludovico Fulci (Generale)

MES : SALVAGENTE O PERICOLO MORTALE? 

Con un articolo del 30 febbraio 2012, il quotidiano il Sole 24 ore annunciava, senza eccessiva enfasi, l’approvazione da parte dei leader della UE riuniti a Bruxelles di un Fondo  Salvastati “definitivo” che andava cioè a sostituire quello temporaneo già esistente (denominato Efsf: European Financial Stability Fund).

Ricordiamo tutti bene quei tempi: era il periodo della grande crisi che, proveniente Oltreoceano, arrivò in Europa e venne dopo poco denominata crisi dei debiti sovrani (ma che tale invece non era, come dovette candidamente ammettere il nr. 2 della BCE Vitor Costancio ad Atene nel 2013, dato che trattavasi di una ben diversa crisi di debito estero).

Le intenzioni dei leaders di cui sopra si tramutarono poco dopo in realtà dando attuazione al nuovo art. 136 del Trattato Funzionamento dell’Unione Europea integrato con un terzo paragrafo a seguito della decisione del Consiglio Europeo del 25 marzo 2011.

Esso recita: “Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”.

Il MES, prima versione, verrà poi ratificato da tutti gli Stati aderenti; per l’Italia provvederà il governo Monti, nel consiglio dei Ministri del 3 febbraio 2012, ad approvare la relativa legge di ratifica poi promulgata dal Presidente Mattarella il 23 luglio 2012, dopo il voto favorevole di Camera e Senato.

Obiettivo del MES , quale Istituto intergovernativo non UE, era ed è la raccolta di fondi da parte degli Stati aderenti e sul mercato allo scopo di concedere prestiti sotto precise, rigorose, condizionalità. La quota di partecipazione al Fondo è proporzionale al capitale versato: più uno Stato è chiamato a versare, in linea di principio, maggiore sarà la sua possibilità di influire sulle decisioni del Consiglio dei Governatori del Fondo (di norma, i ministri delle Finanze).

Il Mes ha ad oggi un capitale di 80.6 miliardi ma può raccoglierne fino a 700 anche mediante ricorso all’emissione di obbligazioni. L’Italia ha versato già oltre 14 miliardi ma si è impegnata a versarne fino a 125 mantenendo una quota di partecipazione di oltre il 17% (percentuale numericamente molto importante e vedremo a breve il perché). Vuol dire, anche se pochi sottolineano il punto, che potrebbero essere richiesti versamenti a ciascun Paese aderente fino alla completa differenza algebrica tra quanto già versato e la somma sottoscritta ma non ancora versata.

Se un Paese deve essere finanziariamente aiutato la relativa delibera deve essere adottata all’unanimità ma se è a rischio la stabilità economica e finanziaria dell’eurozona (come ad esempio ai tempi dell’esplosione della crisi quando il Mes intervenne erogando aiuti a Spagna, Portogallo, Cipro e Grecia), la maggioranza si abbassa all’85% e questo conferisce un importante potere di veto all’Italia che possiede oltre il 17% delle quote di voto.

Il nodo della questione sta ora nel capire come funziona il Mes attualmente vigente e come funzionerà il nuovo se e quando l’Italia opterà per la ratifica del Trattato nella nuova formulazione.

Nella versione precedente l’assistenza finanziaria veniva decisa proponendo un deciso memorandum di volta in volta alla Parte interessata: nel caso greco fu veramente onerosissimo ed è arduo condividere l’opinione di chi parla oggi di ripresa dopo un taglio draconiano di salari, pensioni e welfare, oltre a numerosissime privatizzazioni di assets del Paese ellenico.

Nella nuova versione l’assistenza finanziaria si muove parallelamente su due binari: uno riservato ai Paesi con i conti in ordine (cioè che rispettano i parametri di Maastricht) che avranno accesso a una linea di credito definita “precauzionale” e uno per i Paesi che sforano ampiamente tali parametri che avranno accesso a una linea di credito “rafforzata” che indica in buona sostanza condizioni molto più onerose: tassi di interesse più alti e memorandum gravosissimo imposto al Paese in perfetto stile ellenico e continuamente monitorato anche con la collaborazione della Commissione UE e del FMI.

E’ vero che le decisioni in tema di concessione delle linee di credito di cui sopra vanno adottate con maggioranze che permetterebbero all’Italia l’esercizio del diritto di veto ma la trappola da evitare è altrove, dato che (art. 9 comma 2 nuovo testo Trattato che comunque copia il testo precedente) e che recita: “Il consiglio di amministrazione può richiedere il versamento del capitale autorizzato non versato mediante una decisione adottata a maggioranza semplice volta a ripristinare il livello del capitale versato ove quest’ultimo, per effetto dell’assorbimento di perdite, sia sceso al di sotto del livello stabilito all’articolo 8, paragrafo 2” (80.5 miliardi circa, pari alla quota versata).

Quindi non è tanto il fatto che cambi l’organo decisionale (cosa che comunque un suo peso lo ha: nel consiglio di amministrazione a differenza di quello dei governatori, non è detto che il funzionario italiano designato debba per forza appartenere al governo, quindi potrebbe essere designato anche un burocrate scevro da ogni responsabilità politica), il problema è la maggioranza richiesta, che ora può essere anche quella semplice (50% + 1 delle quote); cosa vuol dire? Significa che all’Italia potrebbe essere facilmente richiesto di ripianare il buco di bilancio creatosi a seguito dell’erogazione che si venisse a determinare una volta erogata l’assistenza finanziaria a un Paese in difficoltà, entro appena 7 giorni dalla richiesta. Il nostro 17% per cento di quote, in questo caso, servirebbe a ben poco e potremmo essere obbligati così a versare al MES decine di miliardi dal lunedi al venerdì… 

Il Paese beneficiario potrebbe inoltre già usufruire di tassi e condizioni agevolatissime poiché avente i conti in ordine (quindi mai l’Italia) e quindi usufruire della linea di credito precauzionale (con limitate condizionalità e tassi bassi). I fondi peraltro potrebbero altresì venire erogati a favore del Fondo di Risoluzione Unica (cd funzione di “backstop”) e non direttamente allo Stato, secondo le previsioni del nuovo testo del Mes.

Se il Fondo di Risoluzione Unica dovesse esaurire le sue risorse, il MES potrà prestare le somme necessarie (fino a circa 55 mld). Tutto questo spiegherebbe bene il motivo della fretta degli ambienti di Bruxelles di pretendere la ratifica dell’Italia: perché evidentemente le banche di qualche altro Paese UE ne hanno bisogno (viste le pressioni esercitate, i sospetti sulla Germania, o meglio, sulle banche tedesche, sono legittimi) dato che questa novità entrerà a regime già nel 2024.

In linea generale va osservato che sia il capitale autorizzato (80,5 mld) che la somma massima erogabile (500 mld) sono modificabili dallo stesso consiglio di amministrazione (art.10) ragion per cui il tetto degli 80,5 mld potrebbe essere facilmente superato, con la conseguenza di far lievitare pericolosamente la quota da versare per il ripianamento dei conti del MES.

Va anche sottolineato come il MES punti a percepire un utile a tutti gli effetti dall’attività svolta sia che operi attraverso una linea di finanziamento (precauzionale o rafforzata) che a favore del Fondo di Risoluzione Unica. Si tratta praticamente di guadagnare sulle disgrazie altrui.

Il MES, una volta concessa la linea di credito, segue da vicino i programmi macro economici e finanziari del Paese interessato per verificare che siano coerenti con i criteri di restituzione del prestito. Appare evidente quanto la stortura di tale meccanismo sia socialmente, economicamente, finanziariamente (e aggiungerei anche eticamente) pericolosa: a che serve per un Paese chiedere prestiti per uscire da una situazione (più o meo temporanea) di difficoltà se il creditore ha come obiettivo non certo la creazione di presupposti tali da permettere l’uscita dalla crisi del debitore bensì imporre severissime condizioni volte solo a garantire la restituzione del prestito ma che quasi sicuramente si riveleranno pro cicliche?

Ci si chiede se la BCE non avesse potuto continuare a operare a fini di stabilità finanziaria senza imporre simili oneri come ha fatto in passato recente, a partire dal 2015, con il Quantitative Easing (acquisto titoli sul mercato secondario), ormai comunque in fase di esaurimento. Per non parlare poi della sovranità monetaria piena, che renderebbe inutile l’adozione di qualsiasi meccanismo della specie: non a caso i Paesi fuori eurozona non sono tenuti ad entrare nel Trattato in questione.

Ma ovviamente la storia non finisce qua: essendo i crediti del Mes privilegiati, lo Stato che vi farà ricorso, specie se già in pregresse, gravi, difficoltà economiche, potrebbe subire (ulteriori) seri danni a finanziarsi sui mercati, poiché sarebbe costretto a registrare un deciso aumento dei tassi di interesse anche sulle proprie ordinarie emissioni di titoli. I creditori, infatti, si vedrebbero messi in concorrenza con altri creditori che però godono di prelazione su di loro nel rimborso dei propri crediti (nella specie, il MES) e pretenderebbero quindi un guadagno maggiore per l’accresciuto rischio di insolvenza del Paese interessato, rischio che verrebbe scontato sotto forma di un aumento dei tassi di interesse da pagare.

Danno su danno, per farla breve. Chiusura con chicca finale: ma almeno se i funzionari  del MES dovessero, nell’adempimento delle loro funzioni, commettere dei gravi errori, pagherebbero di persona? Assolutamente no, basta leggere l’art.7 comma 4 nella sua versione recente: “Il direttore generale e il personale del MES sono responsabili soltanto nei confronti di quest’ultimo ed esercitano le loro funzioni in piena indipendenza”.

Complessivamente, pertanto, il giudizio finale sul MES non può che essere negativo; lo si potrebbe definire non certo una ciambella di salvataggio per chi rischia di affogare, quanto una pietra travestita da salvagente che invece di salvare il Paese in difficoltà lo affonda definitivamente. Senza alcun rischio di sorta per gli autori del reato di … naufragio doloso. Ogni problema di finanziamento verrebbe risolto con il mero ritorno a disporre di una propria Autorità Monetaria che eserciti una saggia politica monetaria non tanto volta a garantire il guadagno di un manipolo di privati bensì a salvaguardare i reali interessi del Paese, garantendone un sano sviluppo sociale ed economico. 

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Il Mes va approvato.
Non è obbligatorio usare quella linea di credito x uno Stato.