Rolando Rivi e la brutale violenza comunista nel “triangolo della morte” emiliano

di Paolo Gulisano

UNA PRESENTAZIONE DI “ROLANDO MARIA RIVI – IL MARTIRE BAMBINO” (EDIZIONI ARES) DI ANDREA ZAMBRANO 

Dieci anni fa, nell’ottobre del 2013, veniva beatificato Rolando Rivi, seminarista di soli 14 anni, rapito torturato e ucciso da partigiani comunisti alle Piane di Monchio, in provincia di Modena, il 13 aprile 1945. Per la sua elevazione agli altari ci sono voluti 70 anni. 70 anni di silenzi, di omertà, di paure.

A distanza di dieci anni dalla beatificazione, in cui si è vista aumentare l’attenzione a questa figura di giovane santo, in cui sono aumentati i pellegrinaggi sul luogo della sua sepoltura e del suo martirio, esce per le Edizioni Ares il libro Rolando Maria Rivi, il martire bambino, scritto dal giornalista reggiano Andrea Zambrano, caporedattore della Nuova Bussola Quotidiana e già autore di volumi di inchiesta  sulle vittime innocenti – in particolare sacerdoti – della brutale violenza comunista nel cosiddetto “triangolo della morte” emiliano.

Zambrano ripercorre la storia del giovane martire con una meticolosa ricostruzione dei fatti, in perfetto stile del giornalismo di inchiesta, si avvale di testimonianze, e soprattutto costruisce un ritratto completo e toccante della figura di questo ragazzo della montagna emiliana che voleva diventare sacerdote, che voleva dedicare la sua vita a Cristo e al bene delle anime.

Rolando venne ucciso, come dice la sentenza di secondo grado che nel 1952 condannò i due assassini perché «nell’ambiente di San Valentino (il suo paese) costituiva un ostacolo alla penetrazione del comunismo». Costituiva un ostacolo perché testimoniava che l’ideale cristiano era molto più affascinante della dittatura del proletariato e delle tesi del marxismo.

Rolando venne rapito con l’inganno e assassinato perché con la sua veste ecclesiale da seminarista, che già lo faceva sembrare un piccolo sacerdote, in tempi in cui l’abito talare era indossato con gioia, era una testimonianza vivente della presenza della Chiesa in mezzo alle persone del paese. E non era solo la veste ad essere una testimonianza: era soprattutto la fede semplice, pura, buona del ragazzo a mostrare quanto fosse bello appartenere a Cristo.  Rolando, per i partigiani comunisti, era un simbolo di quella Chiesa contro la quale si doveva combatere; inoltre era figlio di uno dei mezzadri del parroco, e soprattutto, nonostante la giovane età, era già animato da un profondo anticomunismo. Colpirlo, significava colpire al cuore la Chiesa e un ostacolo ai piani di conquista comunisti.

Zambrano inquadra esattamente il contesto storico nel quale maturò il delitto:  la violenza nei confronti degli uomini di Chiesa nel triennio ’43-’46, i tentativi di soffocare nella menzogna il ricordo del seminarista, accusato di essere stato un 2informatore” dei fascisti, le fasi salienti dei processi che condannarono gli assassini e il lungo cammino percorso dalla Chiesa che il 5 ottobre 2013 lo proclamò beato. Un cammino difficile e inquinato dalle calunnie sul conto del “pretino”, ma che alla fine, servendosi della verità germogliata tra mille ostacoli, è approdato alla gloria finale.

La Chiesa, con la sua beatificazione, non ha soltanto reso giustizia ad un ragazzo innocente innamorato di Gesù, ma ha dato il suo contributo fondamentale nell’analisi storiografica della guerra civile italiana. Come sottolinea Zambrano, nel Triangolo della morte tra Reggio, Modena e Bologna si uccideva in odio alle fede. Rolando Rivi fu un esempio di fede e di coraggio, e la lettura di questa sua biografia darà conforto, in questi tempi così difficili per la Chiesa, a chi lo leggerà. Rolando Rivi diventerà per molti, ne siamo certi, un amico in più in Cielo.

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