Boscia (Medici Cattolici) sul frutto avvelenato dell’aziendalizzazione della medicina

di Bruno Volpe

L’INCREDIBILE EPISODIO DEL MEDICO SANZIONATO A BARI PER AVER LAVORATO DI PIÙ DURANTE L’EMERGENZA COVID

“L’incredibile episodio del medico sanzionato a Bari per aver lavorato di più durante l’emergenza Covid non deve meravigliarci: è il frutto avvelenato del fenomeno di aziendalizzazione della medicina. Meno male che tutto è rientrato”: lo dice in questa intervista il professor Filippo Maria Boscia, barese, Presidente Nazionale dei medici cattolici, che analizza il momento a dir poco infelice del servizio sanitario ospedaliero pubblico.

Professor Boscia, a Bari l’Ispettorato del Lavoro sanziona medici che durante l’ emrgenza Covid hanno lavorato più del necessario, siamo al colmo, per fortuna il problema è rientrato per intervento del Presidente Mattarella ma la questione rimane…

“Io credo che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) sia in crisi e abbia in gran parte smarrito i suoi connotati originari solidaristici e universalistici e si sta creando, purtroppo, una sanità a doppio binario. Chi ha soldi può curarsi e chi non li ha deve sobbarcarsi lunghi tempi di attesa e non è giusto. L’introduzione del sistema delle visite intramoenia poi è stato un disastro, un errore clamoroso della sinistra. Sta di fatto che al momento il SSN è in crisi, come in Italia lo è la professione medica. Non è più appetibile. Perchè mai dovrei consigliare a mio figlio di laurearmi in medicina? Che resa professionale ed economica ha questa arte ormai?”.

Situazione irreversibile?

“No, penso che ci siano spazi di recupero e di ripresa, ma a patto che si riannodi quel rapporto sano tra medico e paziente, tra una fiducia, quella del malato, ed una coscienza, quella del medico che deve dare risposte abili, professionalmente preparate. Ma per fare questo, il medico ha bisogno di tempo, di tranquillità, di serenità. Non è possibile lavorare col computer davanti e il cronometro alla mano. La visione aziendalista che non guarda al malato come persona, ma numero, ha portato a risultati perversi e alla situazione paradossale di Bari. In poche parole i medici, per seguire la logica aziendalista, devono visitare il maggior numero di pazienti e in tempi rapidi e certi, guai se andiamo oltre, ne rispondiamo. Mettiamoci in testa che nessun medico intende massacrare il paziente e che quando ci alziamo al mattino pensiamo a come curare e alle volte quando abbiamo casi complicati non dormiamo la notte. L’aziendalismo esasperato ha alterato questo rapporto personale col malato. Sta accadendo che spiacevolmente il medico non ama più fare il medico e allora si ritira o va dal privato lasciando il pubblico dove è diventato poco appetibile lavorare, stressante ed anche anti economico”.

Che fare?

“Bisogna rimettere al centro il malato come persona e pensare meno all’ azienda anche se è necessario un equilibrio. Da medico cattolico ribadisco i postulati di solidarietà e sussidiarietà”.

Pronto soccorso super affollati, da che dipende?

“Intanto da organici sottodimensionati per motivi di tagli scriteriati. Poi anche dal fatto che non si è dato impulso alla medicina del territorio, anche se questa dizione rischia di rimanere una formuletta senza senso. E’ meglio non fare arrivare il malato al pronto soccorso o all’ ospedale e curarlo a casa. Ma ditemi: se io dimetto dal reparto il venerdì sera un diabetico scompensato e costui abita in un casolare sperduto nelle montagne o dove non esiste una struttura adeguata di soccorso e assistenza, di che parliamo? Fatalmente se si sente male tornerà al pronto soccorso e non possiamo lasciare il compito di assistenza ai caregiver o alla famiglia che di medicina non ha competenze. Bisogna insistere sul territorio, assolutamente”.

Si sta creando una disparità di condizioni tra malati?

“Certamente, ci stiamo americanizzando. Chi ha possibilità si cura e chi non le ha aspetta e spesso rischia, una sanità a doppio binario. Tanti hanno persino rinunciato a curarsi e alle medicine, uno scandalo, si stima un venticinque per cento. L’ altro giorno ho visto un signore che guardava la ricetta del medico come un sogno. Gli ho domandato che cosa lo affliggesse. Mi ha risposto: ho pagato 35 euro di ticket per la visita e adesso non ho un euro per le medicine. Vi rendete conto? Indubbiamente esiste anche un altro fenomeno spiacevole e culturale che rende affollati i pronto soccorso”.

Quale?

“Il dottor shopping, tanto non si paga. Esistono furbetti o indigenti a seconda della prospettive, che vanno al pronto soccorso, dove non si paga, per evitare la spesa del medico specialista. Anche qui occorre far capire che al pronto soccorso si va solo se strettamente necessario. Ecco perché occorre rafforzare la medicina del territorio. Infine è assolutamente importante evitare gli sprechi, come dicevo prima, con visite innecessarie e non urgenti, tanto è gratis”.

Ottimista o pessimista?

“La situazione del SSN è seria e ci sono criticità, ma sono tutto sommato sono fiducioso a patto come affermavo prima di rinnovare quel legame tra fiducia e coscienza. Dal canto loro i medici fanno di tutto per venire incontro ai pazienti. Non sempre sono ricambiati con la stessa moneta dallo Stato”.

In chiave cattolica che deve fare il medico?

“Considerare il malato persona, parte fragile di un rapporto e saperlo abbracciare oltre che curare con scienza e coscienza e naturalmente professionalità tecnica, ma da sola non basta occorre umanità”.

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È tutto vero, il giovane è attratto da introiti facili come nel privato, o dal rapporto in convenzione col servizio pubblico, in realtà perde quell’occasione di crescita che solo l’inclusione in una organizzazione può dargli nel tempo. È una opportunità persa sia per il professionista che per il servizio sanitario. Portiamo le stime di crescita economica del medico come in europa ed evidentemente l’ospedale tornerà ad essere attrattivo, valori etici a parte.