Santa Lucia: come mai il culto verso una santa siracusana si è esteso dal Nord Italia fino alla Svezia?

di Gianmaria Spagnoletti

COME MAI UNA SANTA SIRACUSANA PORTA I DONI AI BAMBINI DI LOMBARDIA, VENETO E TRENTINO? ALLA SCOPERTA DI UNA CURIOSA TRADIZIONE E DI UN CULTO CHE SI ESTENDE DAL NORD ITALIA FINO… ALLA SVEZIA

Nella notte tra il 12 e il 13 dicembre, una antica usanza vuole che in alcune zone del nord Italia, Santa Lucia scenda dal cielo per portare doni più piccoli. Si tratta di una tradizione molto antica, diffusa soprattutto in Lombardia (nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona, Lodi, Mantova e a Bormio in Valtellina); nel Trentino occidentale e in Veneto (Verona), che rivaleggia con quelle legate a S. Nicola e a Gesù Bambino, diffuse in altre parti d’Italia. Ma che c’entra una santa martire siracusana con Lombardia, Veneto e Trentino? Per spiegarlo bisogna risalire alle radici del suo culto, veramente profonde e lontane nel tempo.

A molti secoli di distanza dalla sua morte, le spoglie di S. Lucia pervennero da Siracusa a Costantinopoli e poi, in seguito al sacco della città nella IV Crociata, giunsero a Venezia, dove furono accolte nella chiesa che portava il suo nome. Dalla città lagunare il culto della Santa si diffuse man mano anche in quelle zone dell’entroterra storicamente appartenute alla Serenissima, con ragioni e motivazioni diverse che variano da città a città: ad esempio, a Verona le è stato attribuito il debellamento di una epidemia di “male agli occhi” che aveva colpito i bambini; a Brescia, per festeggiare la fine dell’assedio portato dalle truppe milanesi di Niccolò Piccinino, che cadeva proprio il 13 di dicembre del 1438, furono distribuiti doni ai fanciulli; inoltre è ritenuta patrona dei marmorari (che nel loro lavoro mettono in gioco la vista) oltre che, tradizionalmente, di oculisti e di non vedenti.

Comunque sia, al netto di queste piccole differenze, i tratti salienti della tradizione sono universali: la Santa Lucia che porta doni viene immaginata come una giovane di bianco vestita, che guida un carrettino trainato da un asino e si annuncia suonando una campanella; porta dolci ai bambini buoni, carbone ai cattivi, e guai a farsi trovare svegli al suo passaggio, perché può gettare una manciata di cenere negli occhi dei discoli che osano aspettarla alzati. Un tempo i doni erano più semplici (qualche dolcetto e un’arancia) e venivano fatti trovare nelle scarpe, lasciate appositamente fuori casa. In cambio, i bambini lasciavano un po’ di fieno o un biscotto per l’asinello e una tazza di latte per la Santa. Per quanto oggi la ricorrenza di S. Lucia possa essere un po’ meno sentita, resta pur sempre estremamente popolare, tanto essere considerata un vero e proprio “anticipo” del Natale e una degna “concorrente” di Babbo Natale e Gesù Bambino.

Il culto della Santa è diffuso persino in Svezia, dove fu introdotto da alcune famiglie aristocratiche svedesi nel ‘700. Tuttavia pare che fosse presente anche prima per intervento di re Canuto, il quale decretò che il Natale sarebbe durato un mese: dal 13 dicembre al 13 gennaio, giorno del santo suo omonimo, S. Canuto. Ancor oggi, nel giorno dedicato alla Santa siciliana, nelle famiglie svedesi la figlia maggiore prepara la colazione ai familiari, per poi servirla indossando una tunica bianca con una cinta rossa, e sul capo una corona di candele accese, mentre le altre figlie indossano una tunica bianca con fascia bianca. 

Due piccole curiosità: quella di S. Lucia viene definita proverbialmente “la notte più lunga che ci sia”. Forse perché, quando si diffuse il culto in Italia (nel XV-XVI secolo) il 13 dicembre andava quasi a coincidere con il Solstizio d’inverno, visto che era ancora in vigore il calendario giuliano, che accumulava un progressivo ritardo temporale poi colmato solo con lo “scatto” dal 4 al 15 ottobre 1582. Di certo la vecchia prossimità con il Solstizio, insieme alle candele sul capo e al patronato degli occhi non fa che convergere verso l’etimologia del nome Lucia: “lux, lucis”, la luce che deve illuminare queste sere della stagione fredda.

Quanto alle reliquie della Santa siracusana, dalla chiesa che portava il suo nome (in seguito demolita per fare posto alla stazione ferroviaria di Venezia) passarono alla chiesa di S. Geremia, poi definita “Santuario di S. Lucia”. Da qui, nel 1981, furono trafugate, per poi venire ritrovate a breve distanza dal furto ed essere restituite alla chiesa proprio il 13 dicembre. Inoltre, dopo più di un millennio di assenza dalla città di origine, la trattativa tra la Diocesi di Venezia e quella di Siracusa ha consentito brevi ritorni in Sicilia delle spoglie della Santa (l’ultima volta è accaduto nel 2014).

Fonti:

“Risveglio magico, perché Santa Lucia è così speciale per i bresciani”, dal Giornale di Brescia del 13 dicembre 2022.

Lucia: perché a Brescia i doni li porta la martire siracusana? Da Brescia Genealogia, blog di Alberto Fossadri

Santa Lucia, dal sito Figlie di Maria Ausiliatrice

“La festa di S. Lucia in Svezia”, dal sito Stoccolma con Mary.

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