Gli elementi propri di ogni testimonianza cristiana

di Giuliva Di Berardino

COMMENTO AL VANGELO DEL GIORNO DI UNA TEOLOGA LITURGISTA

Mt 10,17-22

In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

SANTO STEFANO

Oggi la liturgia ci fa celebrare la festa di santo Stefano. Il Martirologio Romano così definisce Stefano: protomartire, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, che, primo dei sette diaconi scelti dagli Apostoli come loro collaboratori nel ministero, fu anche il primo tra i discepoli del Signore a versare il suo sangue a Gerusalemme, dove, lapidato mentre pregava per i suoi persecutori, rese la sua testimonianza di fede in Cristo Gesù, affermando di vederlo seduto nella gloria alla destra del Padre.

La prima lettura di questa litrugia, tratta dal Libro degli Atti degli Apostoli ( At 6,8-12;7,54-60) racconta proprio di questo martirio, da cui viene tratto il testo del martirologio che ho riportato. In realtà, però, quello che ci colpisce della festa liturgica del primo martire è sicuramente la sua collocazione liturgica in quanto risulta inserita nella solennità del Natale del Signore, che, come ogni solennità liturgica, estende la durata della festa per un’intera ottava.

Il Natale del Signore, perciò, nel segno della povertà e dell’umiliazione di Dio fino ad assumere la piccolezza umana, illumina e inserisce il natale del primo testimone della fede, visto che “martirio” significa proprio letteralmente dal greco “testimonianza”. Ecco allora che il vangelo che ascoltiamo nella liturgia di oggi è tratto dal così detto Sermone della Missione che si trova nel Vangelo secondo Matteo (Mt 10,5-42).

Le parole di Gesù fanno emergere gli elementi propri di ogni testimonianza cristiana, che sono poi quelli che si ritrovano nella testimonianza di Stefano: false accuse, aggressioni verbali o fisiche, tutto ciò che rientra dentro la realtà della “persecuzione”. Eppure dal testo emerge che, per Gesù, c’è qualcosa di positivo nella persecuzione: certamente non il lato doloroso della sofferenza, che comunque ogni testimone autentico della fede è chiamato a sopportare, ma il fatto che la persecuzione offre l’occasione di dare testimonianza e quindi di rendere credibile il Vangelo. Anzi, il martirio, lo vediamo con l’episodio di Stefano, lo rende contagioso, perché il testo degli Atti degli Apostoli lascia emergere in modo misterioso che il martirio di Stefano ha un legame con il cambiamento di Saulo che diventerà San Paolo!

Allora oggi la luminosità di questa festa allora ci arriva dritto al cuore, perché ci fa capire che è solo grazie a chi arriva fino alla testimonianza della vita, solo chi ama con tutto se stesso, al di là di tutte le difficoltà e le incertezze, è capace di cambiare il cuore di qualcuno. Ecco perché anche oggi per la liturgia è Natale, perché Natale non è solo restare in contemplazione davanti a Dio che si fa bambino, ma è soprattutto accogliere con la vita quell’amore di infinita tenerezza che il Bambino divino ci offre, non tanto perché così possiamo “essere più buoni”, ma perché è solo dal piccolo Bambino divino, che possiamo imparare ad amare, con tenerezza e mitezza, così da poter davvero cambiare il mondo. 

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