Risacralizzare l’esistenza, quella quotidiana non meno di quella festiva

Risacralizzare l’esistenza, quella quotidiana non meno di quella festiva

di Andrea Bartelloni

IL COLLEGAMENTO TRA CARNEVALE E QUARESIMA

Il cristianesimo che, tra il IV e il VI secolo è diventato la religione dell’Impero Romano ha preso le feste pagane, abolendone alcune, e “battezzandone” altre. Il sacro permeava tutte le società ed era la sostanza del vivere comune. «Oggi sopravvive il guscio esteriore di quell’antica sostanza sacrale. (…) La festa si scioglie nel “tempo libero” e ogni anno che passa ci avvicina malinconicamente alla fine di tutto. Il cristianesimo aveva salvato il nucleo vitale del paganesimo conservandolo per l’eternità: tornando pagani, ma senza l’ormai perduto senso del Sacro, sappiamo soltanto sprecare ricchezze e accumulare colesterolo». 

Con questa ironica e drammatica introduzione lo storico Franco Cardini – professore emerito di Storia medievale presso l’Istituto di Scienze Umane e Sociali, autore di numerose pubblicazioni e collaboratore di diverse testate giornalistiche – parla del Carnevale (La festa e la paura. Interpretazioni del carnevale, La Vela, 2024) e parlando del Carnevale parla del significato più ampio di “festa” che nel passato vedeva riunirsi le persone in riti comunitari dopo una settimana di lavora passata per lo più in solitudine. Oggi assistiamo al contrario, si lavora in gruppo e si passa il giorno festivo da soli o in piccoli gruppi “in un grigiore materialistico e desacralizzante”. 

Uscirne è possibile “nella rivalutazione e nel recupero della festa come dei dominica, giorno riservato a Dio, alla preghiera e alla gioiosa vita sociale”. “L’avvento dell’informatica-telematica, dopo la televisione, ha esasperato questa tendenza all’individualismo come solitudine e solipsismo. La riscoperta del passato cristiano può aiutarci in questo”. 

Ma torniamo al Carnevale, archetipo della festa. Festa molto antica, forse che discende dai Saturnalia o Lupercalia romani o dai Dionysia greci. Un’altra ipotesi lo fa risalire “dal romano currus navalis” celebrazioni per la festa di Iside con processioni mascherate e una barca trainata da un carro”. I carri che vediamo nei moderni corsi mascherati (Viareggio e Putignano i più famosi) sarebbero una memoria del currus romano. 

Ma il collegamento tra Carnevale e Quaresima, evidente nell’ultimo (con non rare eccezioni) giorno, il Martedì Grasso, che precede il Mercoledì delle Ceneri, risale al XII secolo. Il Carnevale inizia quando vuole, ma finisce col Mercoledì delle Ceneri, primo giorno di Quaresima, quando muore, spesso rappresentato da un fantoccio che viene dato alle fiamme o “da un uomo in carne ed ossa, che sfuggiva al fuoco tra gli applausi. Segno che il Carnevale dell’abbondanza sarebbe tornato l’anno successivo ad allietare lo spirito e, soprattutto la carne”. 

E il Giovedì e il Martedì Grasso sono “grassi” per la ricchezza di cibarie e di specialità tipiche (ogni regione ha le sue), ma lasciano il posto alla Quaresima e hanno un vero significato proprio con l’inizio di questa. 

Altro aspetto tipico del Carnevale è la maschera: “il Carnevale è una festa inquietante, che viene vissuta nell’ombra della morte. Le maschere sono in realtà mascae, spettri, presenze demoniache, o nel caso più favorevole presenze protettive ma anche ammonitrici delle larve degli antenati”. “Paradossalmente l’allegria del carnevale prende forza dalla morte. Forse l’aver rifiutato nella realtà moderna la connessione di morte e vita, di tristezza e allegria, di quaresima e carnevale, condanna quest’ultimo alla lenta e progressiva scomparsa” (Carlo Lapucci). 

Speriamo che la profezia di Lapucci non sia vera e, come si legge in “un frammento di «Farsa di Carnevale» calabrese, dove la Quaresima scaccia il Carnevale: ma l’idea che fosse lei dalla parte della religione veniva allontanata dal fatto che era poi la Pasqua a scacciare a sua volta la Quaresima, in certo senso vendicando il Carnevale stesso”. 

Franco Cardini, da storico di grande levatura, analizza il Carnevale e altre feste con una particolare abilità vista l’esiguità del volumetto (83 pagine) e lascia, in chiusura un messaggio forte: si deve “risacralizzare l’esistenza, e quella quotidiana non meno di quella festiva. La festa (…), resta un modello che non si può leggere se non nella storia e attraverso la storia”. E “fate qualche festa ogni tanto (…) tenendo presente che (…) la vera festa, quando c’è, è quella dentro di noi”.

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Franco Cardini La festa e la paura. Interpretazioni del Carnevale La Vela, 2024, pagg. 83, Euro 10,00

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