Morte cerebrale e morte effettiva

di Gian Piero Bonfanti

LA DONAZIONE DEGLI ORGANI E LA MORTE CEREBRALE

Il tema della morte cerebrale è molto delicato ed è al centro dei dibattiti sin dagli anni ’50. La Chiesa ha sempre espresso un suo parere sin dall’inizio prendendo le distanze dalla decisione di stabilire il criterio della morte di un paziente che ancora respira ma che si trova in stato di incoscienza. In tal senso ricordiamo le dichiarazioni di Papa Pio XII, il quale si asteneva dall’entrare nel merito della decisione di accettare o meno la morte cerebrale asserendo che questa “dipende solo dai medici e in particolare dagli anestesisti. Ciò significa che la risposta non può basarsi su alcun principio religioso né morale, per cui in questo senso non è competenza della Chiesa, trattandosi di un problema strettamente medico”.

Questa volontà di disimpegnarsi in ordine a tale questione ha sempre identificato la Chiesa come contraria alla pratica della donazione degli organi anche se nel corso degli anni la posizione della stessa è radicalmente mutata sino ad arrivare ad una inversione di tendenza: oggi la Chiesa considera lecita la donazione come atto di carità anche se, attualmente, stanno sorgendo dei seri dubbi in merito. Il tema però è molto dibattuto e le discussioni si susseguono in relazione alla questione di quali siano i parametri per definire una persona deceduta o meno.

Il concetto di morte cerebrale è il vero nodo della discussione. Mentre prima infatti lo stato di morte corrispondeva all’arresto di tutte le condizioni vitali (sistema nervoso, respiratorio e anche circolatorio), dal 1968 è mutato il concetto di morte in quello di morte cerebrale.

Leggiamo da un articolo del prof. Tommaso Scandroglio, pubblicato su la Nuova Bussola Quotidiana che in questi giorni è stato reso pubblico un appello dei “Cattolici uniti” in cui vengono messi in discussione i criteri per la dichiarazione di morte cerebrale, in quanto questi non garantiscono con certezza la morte effettiva del “donatore”. Secondo questo appello, promosso da Joseph Eble, medico e presidente dell’Associazione Medica Cattolica della Tulsa Guild, John Di Camillo, esperto di etica del Centro Nazionale Cattolico di Bioetica, e Peter Colosi, professore di filosofia all’Università Salve Regina, e da altri 151 professionisti, «è quindi sbagliato rimuovere organi da pazienti dichiarati morti utilizzando questi criteri inadeguati».

Se è vero che un organo per essere donato deve essere funzionante e se è altrettanto vero che i parametri per definire la morte di un paziente sono ancora al centro della discussione, va da sé che, emergendo molti dubbi sul punto, sarebbe opportuno analizzare la questione in modo approfondito.

È necessario informare che la dichiarazione di morte cerebrale avviene da parte di una commissione composta da un medico legale, o in sua vece un medico di direzione sanitaria, o altrimenti un anatomopatologo, un anestesista-rianimatore, un neurofisiopatologo, oppure un neurologo o un neurochirurgo esperti in elettroencefalografia.

Il tempo di osservazione per l’accertamento della morte cerebrale è di 6 ore per ogni fascia d’età, durante il quale vengono ripetuti dei test per due volte, come sancito dal decreto ministeriale del 2008 (precedentemente vi era una distinzione in 6 ore nell’adulto, 12 nel bambino sotto i 5 anni, 24 nel bambino sotto un anno). Come in altre circostanze è accaduto, l’asticella si sposta sempre di più ampliando le possibilità di dichiarare morte cerebrale anche quando non ci sono i reali presupposti.

Come ci ricorda il sopracitato articolo, il comunicato stampa dell’appello dei Cattolici Uniti recita: «alcuni cattolici ritengono che la morte cerebrale rappresenti la vera morte quando si verifica la cessazione completa e irreversibile di ogni attività cerebrale, spesso chiamata morte cerebrale totale. Altri sostengono che la morte cerebrale non rappresenti la vera morte». L’appello tuttavia, mettendo in discussione le attuali linee guida per la determinazione della morte di una persona, va oltre alla discussione aperta in ambito cattolico e pone dei punti fermi ad un tema che lascia sempre più dubbi e meno certezze. Secondo gli autori di questo appello, l’84 % dei pazienti dichiarati cerebralmente morti negli ultimi dieci anni aveva conservato le funzioni dell’ipotalamo.

In conclusione: “in poche parole, gli attuali criteri per la morte cerebrale ampiamente utilizzati, non forniscono la certezza morale (prudenziale) della morte (…) E’ quindi sbagliato rimuovere organi da pazienti dichiarati morti utilizzando questi criteri inadeguati”. Nella società dello scarto in cui viviamo è necessario essere cauti, considerato che oramai ci stiamo abituando ad assistere alle atrocità più assurde. Si consideri anche l’enorme business che si cela dietro il traffico di organi. Non sarà sicuramente il caso, ma l’idea di arrivare ad essere dei fornitori di “pezzi di ricambio” fa rabbrividire.  Pensiamoci bene prima di dare il consenso alla donazioni di organi, anche perché sono stati registrati svariati casi in cui persone si sono risvegliate pochi istanti prima dell’espianto dei propri organi.

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