La cura dell’altro

di Giuseppe Lubrino

PER CELEBRARE ADEGUATAMENTE LA PASQUA DEL SIGNORE

La Parola di Dio scandisce il tempo della Quaresima e predispone i fedeli a celebrare in maniera adeguata la Pasqua del Signore. Gesù insegna l’arte della vita buona, mostra e indica la via della salvezza, apre il cuore e la mente delle donne e degli uomini di tutti i tempi al discernimento e alla riflessione. Gesù è maestro di vita e di sapienza e utilizza il metodo comunicativo delle parabole per impartire ai suoi interlocutori la verità sul mistero dell’uomo e sull’essere e l’agire di Dio nella storia. Le parabole costituiscono tutt’altro che un linguaggio semplice e accessibile a tutti, sono dei racconti enigmatici la cui retta comprensione richiede ‘uno sforzo’ da parte dell’uditorio affinché si lascia coinvolgere dalle dinamiche dello Spirito Santo che disvela tutta quanta intera la verità della vita.

É in tale contesto che ben si inserisce la parabola riportata dalla redazione del Vangelo secondo Luca dal celebre titolo: “il buon samaritano” (cf. Lc 10,25-37). Luca redige il suo racconto verosimilmente tra il 75-85 d.C., per una comunità proveniente dal paganesimo e a cui Luca vuole fornire una stabilità nella fede mostrando ad essi la solidità e la storicità degli insegnamenti di Gesù (cf. Lc 1,1-4). Particolare attenzione egli pone nella sua opera letteraria al dato storico e al tema della compassione che diventa il ritratto autentico del volto di Dio Padre che in Cristo e mediante lo Spirito Santo realizza il progetto salvifico biblico, compie le promesse fatte ad Israele e sigla con l’umanità intera una nuova e definitiva alleanza.

I farisei rappresentano l’autorità religiosa e politica attiva in Israele al tempo di Gesù e cercano veemente di ostacolare e discriminare il suo ministero pubblico. Essi, fondamentalmente, vivono la fede in maniera nevrotica ed immatura e a causa di ciò hanno e veicolano a loro volta un’idea di Dio distorta e non reale. Il fariseo interpella Gesù sui dettami del decalogo allo scopo di coglierlo in errore e metterlo pubblicamente in cattiva luce. Gesù conoscendo a fondo quello che c’è nel cuore di ogni uomo risponde al fariseo che, a sua volta, insistentemente gli chiede come può egli capire chi é il suo prossimo. A questo punto, Gesù narra la vicenda di uomo che andando da Gerusalemme a Gerico incappa in dei facinorosi che dopo averlo derubato e denudato lo percuotono e lo lasciano a terra in fin di vita. Dopodiché, sulla stessa strada passano un sacerdote e un levita ma si mostrano indifferenti all’accaduto e proseguono per la loro strada. Diversamente,invece, si mostra essere l’atteggiamento di un Samaritano che osservando la sofferenza dell’uomo caduto in disgrazia si ferma e gli presta soccorso e cura.

É risaputo che i samaritani costituivano un gruppo nella Palestina del tempo di Gesù che vivevano ai margini della vita sociale e religiosa del tempo. Pertanto, non erano visti di buon occhio dalle guide religiose ed erano considerati dei reietti dell’alleanza sinaitica. Essi, infatti, facevano parte del regno del nord e precisamente provenivano da coloro che rimasero in patria al tempo dell’esilio e ritenevano di aver conservato la fede in maniera pura rispetto ai rimpatriati che ricostituirono la loro identità intorno al tempio nel regno del Sud, di Giuda. Tale rivalità, era molto diffusa al tempo di Gesù e per questo che Gesù la pone in evidenza in questo suo racconto per dimostrare ai capi religiosi del tempio che anche i samaritani erano destinatari privilegiati dell’azione salvifica di Dio. All’interno della dinamica della parabola, infatti, il samaritano assume l’atteggiamento che piace a Dio contrariamente,invece, all’atteggiamento di diffidenza e indifferenza assunto dal sacerdote e dal levita. Costoro non si fermarono, non furono mossi dalla compassione, non si lasciarono interpellare dall’empatia che per il vangelo é una dimensione essenziale per il vivere credente. Preferirono proseguire la loro esistenza in un’ottica di fede chiusa, legalista, immatura. Partecipo al rito cosicché al termine della funzione ritorno alla mia vita di sempre. Restano ingabbiati nello schema classico: precetto-osservanza, peccato-castigo, esteriorità ineccepibile, interiorità dubbia. Gesù prende le distanze e denuncia il modo legalistico e immaturo di vivere la fede dei due passanti osservanti ebrei. Loda,invece, promuove l’atteggiamento del samaritano.

Il Dio della rivelazione giudeo-cristiana insegna la cura per il prossimo, la prossimità è una condizione ineliminabile del discepolo autentico. Coltivare la compassione alla scuola del Vangelo é crescere in empatia sono il fulcro intorno alla quale ruota la parabola del buon samaritano. Ogni credente che desidera essere un discepolo di Gesù deve coltivare un atteggiamento empatico nei confronti dell’altro senza neppure chiedersi chi egli sia. La capacità di mettersi nelle condizioni del prossimo abilita alla cura stessa del prossimo. Se io riesco a fare mio il tuo dolore riesco anche meglio a lenire le tue ferite, so bene e in quale punto del tuo corpo versare olio e vino, elementi quest’ultimi dalle proprietà terapeutiche. Avere cura del prossimo é il distintivo del cristiano che appartiene a Dio e lo serve e lo ama. Amore a Dio e amore al prossimo sono inscindibili non può esistere una sola dimensione che esclude l’altra e se ciò avviene occorre chiedersi che cosa è che non funziona. La Parola di Dio ci insegna a coltivare un’esperienza di fede matura e autentica e scevra da brutture e forme di religiosità distorte.

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