La strana ricerca del benessere

Di Nicola Sajeva

Da sempre l’uomo ha impegnato le sue migliori energie per raggiungere stati esistenziali più elevati.

La sua signoria sul creato lo ha messo in una posizione privilegiata per consolidare le conquiste che, nel tempo, hanno caratterizzato il corso della civiltà.

Rallentamenti o involuzioni hanno turbato purtroppo questo cammino creativo determinando immani tragedie, scompensi ecologici, orizzonti sinistri, tentativi di autodistruzione planetaria.

Ma il sole che ogni mattina ritorna a sorgere, le sorgenti che nel buio della notte continuano a zampillare, seminano ancora nel cuore dell’uomo la speranza che tutto, prima o poi, può cambiare in meglio, ritornano ad indicare le mille strade, le tante alternative sulle quali l’uomo può testare il valore più importante della sua esistenza: la libertà.

E questa è la palestra dove ognuno di noi può offrire non solo il meglio di se stesso ma, purtroppo, può anche dare consistenza alle deformazioni più patologiche della sua personalità.

Usciti dall’esperienza bellica del secolo scorso, avendo nel cuore e negli occhi viva la visione di stenti, di distruzioni. di mancanza dell’essenziale, gli italiani, legittimamente, hanno cercato di organizzare le proprie forze per conquistare un benessere in grado di rendere la vita degna di essere vissuta.

Apprezzare il poco che si aveva e desiderare moderatamente qualcosa in più sono state, per molti, le linee guida vincenti lungo le quali andavano prendendo forma concentrici e sempre più larghi anelli di benessere. In tale concetto di benessere trovavano posto esigenze materiali ma anche, e soprattutto, bisogni spirituali: la libertà, la pace, la religiosità convivevano serenamente con il soddisfacimento dei bisogni primari, con la ricerca di un lavoro meno pesante, con l’uso dei primi elettrodomestici che lasciavano all’uomo spazi più ampi per sognare e per coltivare liberamente il proprio orticello spirituale.

Ci si sentiva felici con poco, i bambini giocavano con niente, la fantasia era trafficata al massimo.

Mi sono soffermato su queste corroboranti aie soleggiate non per concedermi gioie venate di struggente nostalgia o di inutile rimpianto, ma per tentare di dare una base solida alla speculazione che tenterà di decollare partendo dal titolo di questa riflessione.

Perché mi sembra strana la ricerca del benessere che oggi ci vede tutti protagonisti? Quali veleni viziano l’aria dove cerca di delinearsi ? Quali aspetti del benessere sono degni di essere presi più in considerazione? Non sto mettendo molta carne sul fuoco con l’inutile scopo di fare molto fumo: intendo mettere in rilievo la valenza dell’argomento e dare poi a tutti la possibilità di continuare personalmente per approdare ad una giusta ricerca del benessere. Vedo strana una ricerca mirata alla conquista, al raggiungimento di traguardi solo materiali: una ricerca che non tiene nei giusto conto, non rispetta, non dà spazio e risposta agli impulsi più intimi della nostra sensibilità, può avere una sola conseguenza: l’insoddisfazione, la nevrosi, lo stress, la mancanza di stimoli, il vortice perverso dell’apatia.

«Sazia e disperata» con queste due magistrali pennellate il cardinale Giacomo Biffi rispondeva a chi gli chiedeva di definire con due aggettivi la società emiliana. Benessere e malessere due stati, a prima vista, inconciliabili fanno esperienza di convivenza. Il ricorso alla droga – per giovani e non – è la risposta più eloquente in queste situazioni di stasi, di rifiuto a vedere oltre la fisicità del nostro corpo, di incapacità a spiccare il volo.

Allora strana, perché sbagliata questa ricerca del benessere, strana perché non tiene conto di tutto quanto può riempire il cuore dell’uomo, di tutto quanto può saziare la sua voglia di conquistare mete ambiziose.

La crisi che sta attraversando la società di oggi può allora diventare la prova inconfutabile dell’esistenza dell’anima e quindi dell’esistenza di Dio. Un benessere che non riesce a dare serenità, gioia, appagamento e che alimenta solo insoddisfazione, deve volgere il timone verso altri porti.

Se riusciremo a prendere coscienza di essere sulla strada sbagliata, prima o poi saremo in grado di risalire. Gli adulti non si attarderanno sterilmente a rimpiangere, i giovani finalmente incominceranno a vivere.

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Applausi. E’ proprio così.