L’Italia espone i suoi figli all’omicidio di Stato se ritenuti “scarti indegni di vivere”

La sentenza che assolve Cappato è un Covid legale perché prodotto in magistratura, e infinitamente più letale.

Punta gli stessi fragili e anziani, e li fa fuori tutti in cliniche asettiche. Basta una iniezione e via, senza infettare nessun altro. Ma lasciando sulla coscienza un macigno che solo Dio potrà rimuovere.

In un silenzio assordante che sgomenta, in Italia si è legalizzata, in via giudiziaria, la peggiore delle forme di eutanasia.

Quella del business e degli interessi politici (ideologico-massonici) modello Svizzera verde.

Come per la futura Legge Zan, anche questa zampata satanica ha goduto della cortina fumogena del Coronavirus.

Così una emergenza in via di esaurimento è stata vigliaccamente usata (questo significa non rispettare le sofferenze e i morti) per far passare uno degli abomini più gravi nella storia d’Italia.

So bene che la signora Welby e tanti segnati dalla sofferenza sono accecati dalla menzogna del demonio.

E che tutto questo, le vittorie politiche e giuridiche non risaneranno le ferite inferte dalla sofferenza e non riscatteranno lo scandalo della Croce.

Lì, nel fondo del cuore, solo il Signore può operare. E l’annuncio del Vangelo e dell’amore di Dio che perdona ogni peccato e vince la morte, dando dignità ad ogni dolore e malattia.

Ma oggi appare la gravità della legittimazione di chi ha usato vigliaccamente questi dolori, accecati anch’essi per carità, ma non per questo giustificabili.

Da oggi in Italia si potrà uccidere impunemente. Uccidere, sine glossa.

Non accetto il relativismo del sofisma satanico che è alla base anche del Ddl Zan.

Uccidere attraverso un suicidio una persona gravemente ammalata è come uccidere un ventenne in piena salute. Come un bimbo al secondo mese nel seno della madre.

Questa è una linea che non si può varcare, come non si può varcare la linea della verità in tema di utero in affitto, di generi sessuali e di pseudo-diritti alla concupiscenza.

Oggi l’Italia ha esposto i suoi figli all’omicidio di Stato quando saranno ritenuti scarti indegni di vivere.

Il cortocircuito di un potere ideologico che mentre dice di volerci proteggere dal virus, ci piazza davanti a un plotone di esecuzione, in attesa di diventare colpevoli di inutilità e improduttività.

Il Coronavirus passerà, questa sentenza assassina no, ha solo iniziato a spargere sangue innocente, perché debole, confuso, impaurito. Come il potere mondano ci vorrebbe ridurre tutti.

Ma anche oggi non perdiamo la speranza. Abbiamo la possibilità di arginare il fiume di male, offrendo noi stessi come testimoni di un’altra vita, di un’altra cultura, di un destino eterno che il mondo non conosce.

Siamo chiamati ad amare e ad annunciare a tutti il Vangelo, a mostrare in noi Cristo crocifisso e risorto, perché vivi e in pace anche nella malattia.

Dobbiamo accogliere la fede, crescere in essa e difenderla nella buona battaglia di tutta una vita. Per testimoniare a tutti che la Croce, la sofferenza e la morte non sono l’ultima parola, non sono scandalo, inciampo, nel cammino verso il destino celeste.

Anzi, la Croce è il luogo dove incontrare, nella debolezza, l’amore potente di Cristo, e, uniti a Lui, offrire se stessi in un dono fecondo di salvezza per gli altri. Perché nella sofferenza è nascosto il tesoro più grande, l’amore puro che sa di vita eterna. A noi il compito di si viverlo, annunciarlo e testimoniarlo.

Don Antonello Iapicca (nella foto)

 

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