Utero in affitto (caso Anderson Cooper – CNN): l’allarme del Ruth Institute

Anderson Cooper della CNN, secondo il New York Times, è “il più famoso giornalista apertamente gay della televisione americana”. Per anni Cooper ha evitato di discutere della sua vita privata durante le interviste. Il 2 luglio 2012, tuttavia, ha dato ad Andrew Sullivan il permesso di pubblicare un’e-mail in cui affermava: “sono gay, lo sono sempre stato, lo sarò sempre e non potrei essere più felice, a mio agio con me stesso e orgoglioso”.

Nel 2014, Cooper e il suo partner hanno acquistato Rye House, una tenuta storica nel Connecticut. E a Cooper si è rivolto anche il CEO di Apple Tim Cook per un consiglio prima di fare outing e far sapere pubblicamente di essere gay.

Recentemente Cooper ha annunciato la nascita di “suo” figlio Wyatt Morgan, avuto grazie alla pratica dell’utero in affitto.

Commentando questa “nascita” la Presidente del Ruth Institute, la dottoressa Jennifer Roback Morse, Ph.D., ha chiesto di aprire negli Stati Uniti una seria discussione sui pericoli della maternità surrogata. Infatti Cooper ha avuto un figlio da una madre surrogata di cui non è stato rivelato il nome e, ha spiegato la dottoressa Morse, “è probabile che questa donna che amorevolmente ha portato in grembo Wyatt non avrà alcun contatto con lui in futuro. È così che funziona la maternità surrogata. Una donna, spesso una che è svantaggiata, è pagata per portare a termine una gravidanza. Dopo la nascita, è contrattualmente obbligata a consegnare il bambino all’individuo o alla coppia, spesso ricchi e potenti, che lo ha pagato, sfruttando in tal modo le donne”.

La dottoressa Morse si è chiesta: “questa è la cancellazione del mondo femminile. Dove sono le femministe?”. Tra i molti problemi legati alla maternità surrogata la Morse ha rilevato: “se il medico impianta più uova, sperando che alcune di esse sopravvivano, la madre surrogata è talvolta contrattualmente tenuta a fare aborti selettivi su alcuni bambini. E cosa succede agli embrioni creati ma non impiantati? Alcuni vengono congelati indefinitamente, altri distrutti immediatamente o donati per la ricerca”.

Morse ha continuato dicendo che la procedura della maternità surrogata rende le donne degli oggetti. “L’utero materno risulta in effetti affittato. Dopo la nascita, la madre è legalmente privata del bambino che ha portato nel grembo per un periodo di nove mesi. Se cambia idea alla fine del processo beh, peccato, non può farlo! L’uso del suo corpo è stato pagato. Non ha diritti sul bambino, anche se si affeziona emotivamente a lui o lei”.

Ci sono anche rischi medici coinvolti, ha spiegato la Morse. “I bambini concepiti attraverso la fecondazione in vitro sono a rischio di parto prematuro, basso peso alla nascita, paralisi cerebrale e altri problemi. In alcuni casi, coloro che hanno acquistato un bambino, arrivano ad abbandonarlo o a lasciarlo alla madre surrogata, quando non ha soddisfatto le loro aspettative”.

Questi sono solo alcuni dei problemi legati alla maternità surrogata per la dottoressa Morse. “L’introduzione del profitto nella produzione di un bambino, che invece dovrebbe essere il frutto dell’amore tra un uomo e una donna, ha creato un business da 30 miliardi di dollari in tutto il mondo e in gran parte non è regolamentato”.

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