La testimonianza di chi ha vissuto personalmente le violenze dei comunisti di Tito

LE FOIBE E LE SOFFERENZE PROVOCATE DAI COMUNISTI DI TITO A COLORO CHE FURONO COSTRETTI A LASCIARE LE LORO TERRE D’ISTRIA, DI FIUME E DELLA DALMAZIA. LA TESTIMONIANZA DELL’ESULE MARINA SMAILA

Di Matteo Orlando

Il Giorno del ricordo, celebrato il 10 febbraio di ogni anno, è stato istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004, e vuole conservare e rinnovare «la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle FOIBE, dell‘ESODO dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».

Con l’accordo del 10 febbraio 1947, imposto al termine della seconda guerra mondiale dalle potenze vincitrici, furono strappate all’Italia l’Istria, Fiume e Zara e le isole della Dalmazia, e furono consegnate alla Jugoslavia di Tito che, intanto, si era preparato il terreno, già dal 1943, con le FOIBE (dal latino fŏvea, foiba vuol dire fossa, cava, e indica i grandi inghiottitoi presenti nei terreni carsici)

Con le foibe si voleva eliminare l’etnia italiana nell’ambito dell’esodo istriano e ci si voleva vendicare contro gli oppositori politici (fascisti e non) del regime comunista guidato dal maresciallo generale Josip Broz Tito. Alla fine i morti sono stati tra 15 e 20 mila, comprese le vittime recuperate e quelle stimate, più i morti nei campi di concentramento jugoslavi. In molti morirono prima di essere gettati nelle foibe: o nei campi di prigionia jugoslavi o durante la deportazione verso di essi.

Gli infoibati sono stati uomini, donne e bambini che sparivano dalle loro case, dai loro affetti, senza distinzioni politiche, razziali ed economiche. Furono presi fascisti ed anti fascisti, cattolici (anche preti) ed ebrei, industriali, ma anche agricoltori, pescatori, dipendenti privati e servitori dello Stato come i Vigili del Fuoco, Carabinieri, Poliziotti e Finanzieri, dipendenti dei vari settori dell’amministrazione.

Più di 3 mila persone scomparvero nei gulag (campi di concentramento) di Tito, come Goli otok, chiamata isola Calva, una piccola isola rocciosa dell’Adriatico.

Per sfuggire agli infoibamenti del ’43 e del 45 in tanti tentarono la fuga, soprattutto via mare, per raggiungere la penisola. Così tra i 250 e i 350 mila italiani andarono via da quelle terre. Per gli italiani scappati da quei territori e rientrati nella penisola oltre al danno ci fu anche la beffa. Avevano perso tutto ma, in varie città d’Italia, furono accolti malissimo. E, ancora oggi, nel 2021, attendono gli indennizzi per l’esodo subito!

Nel video che segue sentiamo la testimonianza della signora Marina Smaila che racconta la sua storia di esule fiumana e le foibe.

 

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