Quando la “scienza” non è disinteressata

di Raffaele Cerbini

IL CASO DELL’ANTIDOLORIFICO CHE CREA DIPENDENZA. UNA LEZIONE PER CAPIRE CHE LA “SCIENZA” NON E’ SEMPRE PURA E CHE SULLA SALUTE E’ PERICOLOSO RILASCIARE CAMBIALI IN BIANCO A GOVERNI E COMITATI SCIENTIFICI

Sul canale Disney plus c’è una serie televisiva intitolata Dopesick – dichiarazione di dipendenza – interprete principale: Michael Keaton che ha vinto il golden globe 2022 come miglior attore di serie televisive – che narra la storia vera di una compagnia farmaceutica che trent’anni fa ha lanciato sul mercato un antidolorifico oppioide con la falsa promessa che non avrebbe creato dipendenza. E’ una vicenda poco conosciuta in Italia ma che ha fatto molto rumore negli Stati Uniti.

Perché ne parliamo? Perché dopo quel che è appena accaduto in casa nostra in occasione della pandemia da Sars-Covid 19 serve a capire molto bene che la scienza e la medicina non sono discipline “pure” avulse dalle contaminazioni della politica, o degli interessi economici e scienziati e medici non sono dei “gran sacerdoti”, insensibili alle lusinghe del potere e del denaro. Il che ci riporta a riflettere sui motivi per i quali in Italia, ma non solo, certi “esperti” arruolati dai governi in veste di consulenti e gli stessi governi hanno ostinatamente seguito politiche vaccinali inutili, se non dannose, promuovendo farmaci dimostratisi poco efficaci o addirittura inutili che però avevano alle spalle grandi aziende farmaceutiche che potevano vantare in qualche caso come sponsor i loro stessi governi.

Ma torniamo alla nostra storia, vera.

Una piccola comunità di minatori dei monti Appalachi, in Virginia, nel 1999 viene scelta dalla azienda per testare un nuovo antidolorifico oppioide. I minatori accettano e cominciano l’assunzione  seguendo le indicazioni contenute nelle raccomandazioni all’uso nelle confezioni; ovviamente senza minimamente sospettare  che avrebbero sviluppato una vera e propria dipendenza da droghe.

Il farmaco sembrava funzionare e cominciarono ad assumerlo non solo i minatori, ma anche i familiari e molti altri i quali, consigliati, trovavano effettivo giovamento, senonché con il diffondersi dell’uso aumentava anche la dipendenza, che diventò una vera e propria “epidemia”, una delle più gravi piaghe  sociali che ha colpito gli Stati Uniti negli ultimi trent’anni, col coinvolgimento di centinaia di migliaia di persone in tutto il territorio americano e che ha causato addirittura 400.000 morti negli USA dal 1999 al 2017. Nel 2011 è stata addirittura la prima causa di morte per assunzione di farmaci.

L’azienda farmaceutica per diffondere il farmaco creò un marketing molto aggressivo convincendo i medici a prescrivere l’oppiaceo non più per l’esclusivo trattamento del dolore grave, ma anche per quello moderato ed intercorrente, sostenendo inoltre che potesse essere usato per trattare i dolori cronici senza problemi di dipendenza. Con la connivenza di persone senza scrupoli, alle quali interessava solamente il profitto, le conseguenze si sono invece dimostrate drammatiche, con moltissime morti per overdose.

Ma forse ancora più grave è stato che chi doveva controllare sul corretto uso dell’oppiaceo non l’ha fatto in maniera corretta ed anzi ha giustificato l’uso anche con indicazioni inadeguate, inventando di sana pianta condizioni cliniche inesistenti e manipolando la percezione dei pazienti con affermazioni e addirittura spot televisivi completamente fuori contesto ed ingannatori.

Purtroppo la vicenda non è ancora risolta e negli Stati Uniti si susseguono le cause legali. Attualmente sono in corso oltre 1600 processi contro l’azienda produttrice dell’antidolorifico, che dopo aver creato una dipendenza ha poi cercato di trarre profitto curando ciò che lei stessa aveva contribuito a creare.

Tuttavia questa triste storia dovrebbe almeno mettere in guardia dai rischi che si corrono quando si assumono farmaci che non si conoscono, specialmente quando su di essi vi sono narrazioni a senso unico nelle televisioni e negli organi di stampa che non ammettono dubbi o contradditori, come avvenuto in Italia per tutto il periodo della pandemia.

E per restare in Italia ricordiamo che a differenza degli Stati Uniti, la pubblicità dei farmaci non è libera, ma regolata daldecreto legge 219/2006 secondo il quale la pubblicità dei medicinali su prescrizione può essere effettuata esclusivamente da coloro che sono autorizzati a prescriverli, ovvero i medici, o a dispensarli, ovvero i farmacisti. Allora perché si è permesso a  televisioni e giornali di parlare liberamente dei vaccini, che sono medicinali sottoposti a prescrizione medica, eliminando di fatto il necessario filtro delle istituzioni sanitarie che avrebbero dovuto vigilare sulla appropriatezza prescrittiva?

Tanto più se consideriamo i rischi collegati con l’assunzione di farmaci.

Il primo è legato agli eventi avversi, che non si vedono nell’immediato ma solo a lungo termine. Il secondo rischio, molto più subdolo, è correlato alla informazione ingannevole che sempre sui vaccini è stata fatta. Infatti ben lungi da essere in grado di sconfiggere il virus, come annunciato e ripetuto da governo,  giornali e tv, è ormai ben dimostrato che l’utilizzo degli attuali vaccini non offre altro che una immunizzazione a breve termine, e ogni nuova somministrazione ha un effetto sempre meno efficace e meno duraturo della precedente.  Da qui la necessità di dosi sempre più frequenti e l’insorgenza di ondate pandemiche ricorrenti quando l’effetto svanisce.

A tutto ciò si aggiunge la mancanza di adeguati controlli, il che potrebbe favorire un perverso circolo vizioso che porta alla necessità di ripetere l’immunizzazione anche su coloro che non ne avrebbero alcun bisogno; ovvero le  dosi booster somministrate ai giovani. Nessuno mette in dubbio la necessità di proteggere al meglio i pazienti immunocompromessi o con patologie gravi concomitanti per i quali una immunizzazione ripetuta può avere grandi benefici come per l’influenza, ma l’estensione ai più giovani delle vaccinazioni anti-COVID, non giustificata né giustificabile in alcun modo dal punto di vista scientifico, rischia di ritorcersi in un devastante boomerang.

Speriamo che qualcuno possa trarre insegnamento da tutto questo, perché c’è da scommettere che se lasciamo prevalere gli interessi organizzati di alcuni – case farmaceutiche, “esperti”, governi – sul diritto alla salute di molti, tutto ciò si ripeterà.

 

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