Covid. Tamponi per lo più inefficaci ma buoni ad alimentare il business

Covid. Tamponi per lo più inefficaci ma buoni ad alimentare il business

di Pietro Licciardi

I DUBBI DEL CHIMICO DI UNA ASL CHE RIVELA: «CIRCA IL 40% DEI TAMPONI POSITIVI NON ERA ATTENDIBILE». RESTRIZIONI E DISAGI IMPOSTI SULLA BASE DI DATI FALSI?

Il signor Massimo, un nome di fantasia perché teme ritorsioni da parte della Asl in cui lavora, fa parte del Comitato spontaneo di sanitari e personale amministrativo che si è costituito nello scorso Settembre a Livorno per far luce sulle molte ingiustizie che sono state fatte in questi due anni con il pretesto del Covid, a cominciare dalla sospensione dal lavoro e dallo stipendio dei non vaccinati e dei vaccinati che non hanno completato il ciclo dei booster a ripetizione, i quali – lo ricordiamo – sono ancora a casa, salvo novità da parte dell’attuale governo, almeno fino a Dicembre prossimo. Massimo è un chimico avendo conseguito una specializzazione in biochimica tossicologica e forense e lavora in un laboratorio generico. Tiene a precisare che ha una visione un po’ diversa da quella di un medico o un biologo in quanto considera la molecola secondo i suoi mattoni di base; mentre un microbiologo si sofferma sulla funzione della molecola stessa, ovvero molecole diverse all’interno del corpo umano possono avere la stessa funzione, per un chimico questo non avviene: le molecole restano diverse.

In questi due anni di pandemia con cosa si è trovato ad avere a che fare?

«Mio malgrado mi sono trovato a validare i test molecolari che sono stati fatti per individuare il Covid-19».

Quindi i famosi tamponi che ci siamo fatti tutti e che ancora si continuano a fare. E cosa ha scoperto?

«Esattamente. I famosi tamponi Rt-Pcr. Premetto che inizialmente non sapevo molto su questi tamponi e da chimico mi sono fatto tante domande, a cominciare dal fatto che veniva proposto di fare l’analisi utilizzando inizialmente quattro geni mentre alla fine nei risultati un gene mancava, due geni mancavano e anche il numero dei cicli termici era troppo elevato. Bisogna sapere che cicli termici sono le volte che si scalda e si raffredda affinché si possa duplicare la molecola presente nel campione. Ora, riguardo questi cicli termici sopra 25 hanno poco significato perché l’amplificazione è tale che si rileva anche quello che fondamentalmente non è neppure patologico e cercare di rilevare una malattia diventa una forzatura. Questo lo dicono le pubblicazioni scientifiche in circolazione».

Queste amplificazioni a quanto sono arrivate nei tamponi in circolazione?

«36, 37 e anche 38».

Quindi in pratica non hanno dato risultati attendibili…

«A me sono capitati casi di tamponi fatti con apparecchiature di pronto soccorso – perché sono state utilizzate anche tecniche in prima istanza al pronto soccorso in cui si andavano a cercare solo uno o due geni del virus –  dove vi era un gene solo e fatta fare una pulizia del naso il tampone successivo è risultato negativo».

Stessa cosa per i tamponi fatti in farmacia?

«Quelli della farmacia lavorano in altro modo e vanno a cercare l’antigene, la proteina S, che è una proteina di superficie del virus e serve ad agganciare la cellula dell’organismo ospite nella quale immette il gene N, che è quello che fa ammalare le persone».

E con quale efficacia i tamponi della farmacia individuano l’avvenuta infezione?

«Anche qui vale il discorso che facevo all’inizio. La Sars-Covid produce proteine S diverse da quelle ad esempio dell’influenza? Perché queste proteine S sono prodotte da tutti i coronavirus. Le brochure delle case farmaceutiche produttrici ovviamente dicono che i loro tamponi riescono a discriminare il Sars-Covid ma alla luce di quello che è successo al Parlamento europeo, dove la rappresentante della Pfizer ha affermato che non c’erano prove che i vaccini messi in commercio potessero fermare l’infezione, mi sono venuti dei dubbi».

Certo che se i tamponi non sono attendibili e fanno passare per malato di Covid anche chi si è preso una semplice influenza, tenuto conto di tutte le misure repressive e le limitazioni alle libertà personali che sono state imposte sulla base dei risultati dei tamponi, a occhio la cosa sembra un po’ grave…

«Teniamo presente che se così fosse, e qualche dubbio c’è, si tratta di tutta farina nel sacco di chi ha voluto creare tensione sociale e gettare la popolazione nel terrore per indirizzala verso l’utilizzo, senza un ragionamento, dei sieri Rmna».

In parole povere i numeri dei contagiati che sono stati dati e che i Tg continuano a diffondere, sono in gran parte fasulli, considerata l’inattendibilità dei tamponi.

«Quantomeno sono da rivedere molto, molto attentamente. A me sono capitate sequenze in cui grossomodo un 40% aveva un ciclo termico 30 e con uno o due geni presenti, quindi si capisce che…».

Insomma il 40% dei tamponi positivi sono sbagliati…

«Non prendiamolo come numero certo e assoluto ma come ordine di grandezza, però ci sono state certamente delle sequenze che si sono comportate in questo modo. Io, ma spero anche altri miei colleghi, ho fatto ripetere parecchi test e può darsi qualcuno sia poi uscito corretto. Comunque non è facile saperlo perché l’analisi dura cinque ore e se il turno di lavoro termina l’esito lo vedono i colleghi che subentrano».

Cosa che però in farmacia non avviene, perché si va, si fa il tampone e se risulta positivo parte subito la segnalazione all’Asl… Alla luce di quanto detto è cambiato qualcosa nella composizione dei tamponi?

«Questo non lo posso sapere perché il numero dei tamponi è diminuito enormemente. Pensi che nel periodo in cui c’era più paura e tutti cercavamo di darci da fare si facevano serie di cinque ore per l’intero arco delle 24 ore per 30 giorni al mese. Indubbiamente chi produce i tamponi giura e spergiura che riescono a intercettare la Sars-Covid però avendone visti tanti qualche dubbio mi rimane».

La Rai il primo gennaio di quest’anno ha dato notizia, riportando una indagine pubblicata da Facile.it che in Italia sono stati 26,8 milioni i maggiorenni che hanno fatto uno o più tamponi a pagamento, con una spesa media pro capite di circa 76 euro ovvero circa 2 miliardi di euro in due anni, senza contare quelli effettuati a spese del Servizio sanitario nazionale. Sembra comunque che per qualcuno anche quello dei tamponi sia stato un bell’affare.

«Direi di si e io sono stato uno di quelli che ha alimentato il business. Infatti quando nel 2021 si è parlato di mettere a casa i sanitari non vaccinati per un certo periodo di tempo, fino a quando sono stato sospeso, ho dovuto fare un giorno si e un giorno no il tampone in farmacia».

Di questa situazione, ovvero della scarsa attendibilità dei tamponi le autorità sanitarie e le farmacie erano informate?

«Secondo me non si sono neppure preoccupati più di tanto. Le disposizioni erano di fare i tamponi a tappeto e loro li hanno fatti, se poi i tamponi riuscivano a fotografare la situazione reale a molti non ha neppure importato».

A chi va secondo lei la responsabilità della mancata corretta informazione?

«Sicuramente dal ministero e dalle Regioni sono partite disposizioni di parte. Non so se questo è successo per alimentare scientemente la paura, oppure no ma è certo che dietro a tutto questo c’è stato un grosso business».

Insomma pare di capire anche che le autorità sanitarie hanno messo le mani avanti facendo tamponi a tappeto, come da disposizioni, senza preoccuparsi della loro attendibilità, anche se questo è costato soldi, chiusure di attività commerciali, perdita del lavoro a tanti cittadini…

«Soprattutto ha portato tante persone che non avevano la possibilità di informarsi adeguatamente verso l’utilizzo di certi farmaci».

Ci sono documenti che attestano ciò che lei ha affermato nel corso di questa intervista?

«I documenti ci sono, in cui si specifica che questo tipo di indagine doveva essere svolto in concomitanza con le evidenze cliniche e non da sola. Questo lo dicono tutte le brochure allegate ai kit».

Le aziende sanitarie che continuano a fare tamponi sono consapevoli del fatto che stanno ancora causando disagi senza motivo, soprattutto in presenza di varianti ormai non più così pericolose?

«L’argomento è delicato anche perché ho dei dubbi che le aziende produttrici dei kit riescano a seguire le variazioni all’interno del virus, anche di Rmna, e adeguare i tamponi. Tanto più che oggi abbiamo una medicina protettiva, che si basa sui protocolli e se io agisco in conformità dei protocolli stessi non potrò mai essere chiamato in causa per un evento negativo. Se questo è il pensiero prevalente si capisce come mai si continuano a seguire certe procedure nonostante ormai il virus sia ormai paragonabile ad una semplice influenza».

QUI L’INTERVISTA INTEGRALE

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