Le morti in mare non cesseranno se non si colpiscono malavitosi e ONG

di Pietro Licciardi

TRAGEDIA IN MARE, OLTRE LA METÀ ERANO PAKISTANI. ARRESTATI 10 PRESUNTI TRAFFICANTI

Secondo le prime stime fin qui fatte del naufragio avvenuto al largo della Grecia di un peschereccio sovraccarico di clandestini, quasi la metà dei morti e dispersi proveniva dal Pakistan, il cui primo ministro Shehbaz Sharif ha proclamato una giornata di lutto azionale. Secondo l’agenzia Asia news sarebbero stati infatti 3-400 i pachistani imbarcati su un totale di 700-750 e secondo i media di quel paese potrebbero essere fino a 290 i connazionali annegati nel naufragio.

I parenti delle vittime hanno detto di aver pagato alla organizzazione criminale che gestisce il traffico di esseri umani 2,3 o 2,5 milioni di rupie, circa ottomila euro, a passeggero; una cifra di tutto rispetto che può dare una idea di quanto sia fiorente il commercio di clandestini.

Le autorità pakistane hanno arrestato 10 presunti trafficanti di esseri umani, quasi tutti nella regione del Kashmir, da cui proviene anche gran parte dei migranti, forse 135 persone. Una parte era partita dal Punjab mentre tutti quanti erano stati istradati verso la Libia, da cui sarebbe partita la barca con destinazione Italia. Anche in Grecia le autorità hanno fermato 9 egiziani sospettati di aver guidato il peschereccio sovraffollato.

Usman, uno dei sopravvissuti al naufragio, è riuscito a contattare la famiglia da un campo profughi in Grecia e ha spiegato ai genitori che l’imbarcazione aveva finito l’acqua potabile ed era alla deriva da cinque giorni. Secondo una ricostruzione del Guardian almeno 6 persone a bordo del peschereccio erano già morte per la mancanza d’acqua e le condizioni di sovraffollamento. Una volta sull’imbarcazione i migranti di nazionalità pakistana sono stati «relegati nella parte più pericolosa del peschereccio», mentre donne e bambini sono stati rinchiusi nella stiva.

Gli uomini finora arrestati in Pakistan hanno fatto i nomi dei trafficanti di esseri umani per i quali lavorano e hanno spiegato che il viaggio per l’Europa comincia con un volo, legale, verso gli Emirati Arabi Uniti, l’Egitto o la Libia. Uno dei detenuti ha inoltre raccontato che anche suo figlio era sul peschereccio che è affondato. Gli “scafisti” hanno poi ammesso che altri pakistani che avevano tentato la traversata in precedenza si trovano attualmente nelle prigioni libiche.

Sono migliaia i giovani pakistani che non avendo la possibilità di ottenere un visto legale per l’Europa affrontano viaggi rischiosi anche attraverso l’Iran o la Turchia, mossi anche dalla situazione di crisi economica e politica in cui si trova da oltre un anno il Paese, che affronta una inflazione che ha raggiunto il 38%. 

Purtroppo l’enorme giro si affari che regge il commercio di clandestini rende assai difficile il contrasto della tratta, che quasi sicuramente sfrutta la corruzione degli apparati pubblici dei paesi dai quali partono e transitano i migranti. A questo si aggiunge la politica delle porte aperte adottata dall’Europa, che appare non in grado di fronteggiare quella che ha assunto i connotati di una vera e propria invasione. La tragedia avvenuta nel Mediterraneo nord-orientale dunque non sarà l’ultima, almeno fintanto non si adotteranno politiche più decise di contrasto e non si sanzioneranno le organizzazioni non governative che operano come dei veri i e propri taxi del mare, di fatto a supporto del traffico clandestino di esseri umani.

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