Don Bosco: “Secondo le più rispettabili tradizioni Giuseppe apparteneva agli Esseni”

di San Giovanni Bosco

Informazione Cattolica vi offre una pagina al giorno (in una nostra versione nell’italiano odierno) del libro scritto da San Giovanni Bosco, nel lontano 1867, ma tuttora attuale, sulla VITA DI SAN GIUSEPPE SPOSO DI MARIA SANTISSIMA «PADRE PUTATIVO DI GESÙ CRISTO»

“Bonum est viro cum portaverìt iugum ab adolescentia sua” (Buona cosa è per l’uomo l’aver portato il giogo fin dalla sua adolescenza. TREN. III, 27)

Appena le forze glielo permisero, Giuseppe aiutò suo padre nei suoi lavori. Egli apprese il mestiere di falegname, il quale, secondo la tradizione, era altresì il mestiere del padre. Quanta applicazione, quanta docilità dovette egli usare in tutte le lezioni che riceveva dal padre!

Il suo tirocinio finiva appunto allora quando Dio permise che gli venissero tolti dalla morte i genitori. Egli pianse coloro i quali avevano avuto cura della sua infanzia; ma sopportò questa dura prova colla rassegnazione d’un uomo il quale sa che tutto non termina con questa vita mortale e che i giusti sono ricompensati in un mondo migliore. Ormai da nulla essendo egli ritenuto a Betlemme, vendette le sue piccole proprietà, e andò a stabilirsi in Gerusalemme. Sperava di trovarvi maggior lavoro che nella città natia. D’altronde si avvicinava al tempio ove la sua pietà continuamente lo attirava.

Lì passò Giuseppe i più begli anni di sua vita tra il lavoro e la preghiera. Dotato di una probità perfetta, non cercava di guadagnare più di quello che meritasse l’opera sua, ne fissava il prezzo egli stesso con una ammirabile buona fede, e giammai i suoi avventori erano tentati di fargli qualche diminuzione, perché conoscevano la sua onestà. Sebbene fosse tutto intento al lavoro, egli non mai permetteva al suo pensiero di allontanarsi da Dio. Ah! se si sapesse imparare da Giuseppe quest’ arte così preziosa di lavorare e di pregare ad un tempo, si farebbe senza fallo un doppio guadagno; si verrebbe così ad assicurare la vita eterna guadagnandosi il pane quotidiano con assai maggior soddisfazione e profitto!

Secondo le più rispettabili tradizioni Giuseppe apparteneva agli Esseni, una gruppo religioso che esisteva nella Giudea all’epoca della conquista che ne fecero i romani. Gli Esseni professavano una austerità maggiore degli altri Giudei. Le loro principali occupazioni erano lo studio della legge divina e la pratica del lavoro e della carità, e in generale si facevano ammirare per la santità della loro vita. Giuseppe, la cui anima pura aveva in orrore la più leggera immondezza, si era aggregato ad una classe del popolo, le cui regole sì bene corrispondevano alle aspirazioni del suo cuore; aveva anzi, come dice il venerabile Beda, fatto un voto formale di perpetua castità. E ciò che ci conferma in codesta credenza si è l’asserzione di s. Girolamo, il quale ci dice che Giuseppe non si era mai curato del matrimonio prima di diventare lo sposo di Maria.

Per questa via oscura e nascosta Giuseppe si preparava, a sua insaputa, alla sublime missione che Dio gli aveva riserbato. Senz’altra ambizione che quella di compiere fedelmente la volontà divina, viveva lontano dai rumori del mondo, dividendo il suo tempo tra il lavoro e la preghiera. Tale era stata la sua gioventù, tale altresì, a suo credere, desiderava trascorrere la sua vecchiaia. Ma Dio, che ama gli umili, altre cure serbava per il suo fedele servo.

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