La longa manus della Cina sull’Europa

di Pietro Licciardi

COME PECHINO CONDIZIONE LA CULTURA E LA POLITICA ITALIANA ED EUROPEA

Spie cinesi hanno reclutato deputati tedeschi e belgi influenzandone le iniziative parlamentari, sia nei rispettivi Paesi sia al Parlamento europeo. È quanto dimostrano centinaia di messaggi di un funzionario del ministero per la Sicurezza dello Stato della Cina il cui nome in codice è “Daniel Woo”; personaggio peraltro già noto ai servizi di sicurezza europei. La rivelazione è del settimanale Der Spiegel e dai quotidiani Le Monde e Financial Times i quali hanno svolto una inchiesta congiunta, dalla quale risulta che i cinesi sono molto attivi nell’attirare politici copiando la strategia attuata a suo tempo dall’intelligence russa ai tempi della guerra fredda.

Sempre secondo l’inchiesta giornalistica i cinesi avrebbero chiesto dettagliate informazioni su diversi personaggi della politica europea, come il presidente del Consiglio dell’UE Charles Michel, ma anche cercato di impedire o disturbare iniziative riguardanti Taiwan al Parlamento europeo. Tutto questo in cambio di somme di denaro dai seimila ai diecimila euro pagati in criptovaluta. Woo avrebbe anche cercato il modo di corrompere rappresentanti del Vaticano affinché la Santa Sede pubblicasse un messaggio favorevole alla Cina.

L’episodio, per quanto grave, non stupisce più di tanto poiché lo spionaggio e il tentativo di influenzare gli eventi politici e sociali di Paesi alleati o concorrenti è una pratica “normale”. Per chi avesse dimenticato la cortina di ferro, ricordiamo come il movimento pacifista che agitò tutto l’Occidente mobilitando l’opinione pubblica per un disarmo nucleare unilaterale fu in gran parte orchestrato e diretto da Mosca, che – secondo le rivelazioni all’indomani della caduta del Muro – aveva anche messo in piedi una estesa e capillare rete di informatori in tutta l’Europa dell’ovest.

Preoccupa però quando a farlo è una potenza dalla spiccata vocazione totalitaria come la Cina comunista, che mira non solo a conquistare una egemonia di tipo economico ma anche culturale, secondo modelli antitetici ai nostri, in cui è, o almeno dovrebbe essere, la persona umana, con la sua dignità e diritti al centro di tutto.

E noi italiani non pensiamo di essere al sicuro da questo punto di vista, poiché anche qui sono molto attivi centri culturali legati al governo di Pechino che dentro i nostri atenei condizionano sia la libertà accademica e di pensiero sia la politica. A finanziare e promuovere questi centri è l’Hanban, il potente ente statale, emanazione dell’Ufficio Propaganda del Partito comunista, cui è affidato il compito di diffondere la lingua e la cultura cinesi all’estero. Una struttura imponente, che dispone di grandi mezzi finanziari e che si sta espandendo in tutto il mondo: ci sono 535 istituti culturali – di cui 12 in Italia – e oltre un migliaio di Aule Confucio, emanazione degli stessi istituti.

Il quotidiano Libero nel 2021 ha reso inoltre noto un dossier di 60 pagine in cui comparivano i nomi di parecchi personaggi della politica nostrana, di sinistra e centro, tutti impegnati a far dimenticare i massacri degli oppositori e la negazione dei diritti umani in Cina.

Secondo il dossier l’Italia è una prateria dove il Partito Comunista Cinese (PCC) dilaga, influenzando soprattutto i media. Ciò attraverso le agenzie di stato come Xinha News Service e China Media Group. Ad esempio il China Daily, fondato nel 1981 e distribuito in più di 150 paesi, ha stipulato accordi con almeno 30 quotidiani stranieri per pubblicare inserti di quattro, otto pagine con titoli inneggianti ai successi cinesi nei più svariati settori. Ultimo il Sole 24 Ore, quotidiano della Confindustria italiana che ha stretto un rapporto di collaborazione nel marzo 2019 con l’Economic Daily Group che fa parte del gruppo multimediale Economic Daily Press che comprende 10 quotidiani, sei magazine e un sito di informazione economica in otto lingue e che ha pubblicato, a suo tempo un inserto di otto pagine sulla collaborazione tra Cina e Italia nella lotta alla pandemia da Covid-19.

 

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