La complementarità fra Chiesa e Impero: una storia da riprendere

di Vincenzo Silvestrelli

IL RAPPORTO FRA POTERE TEMPORALE E SPIRITUALE

Il rapporto fra potere temporale e spirituale è necessario per costruire società ispirate ai valori cristiani e orientate al bene comune che deve vedere l’uomo come destinato alla dignità di figlio di Dio  e non solo come cellula meccanica di un ordinamento determinato dal potere.

La attuale situazione della Chiesa e del mondo porta a riflettere su alcuni punti che hanno caratterizzato la storia dell’occidente cristiano. Nella cristianità, cioè nelle società ispirate al cristianesimo faticosamente costruite, il ruolo della Chiesa e quello dell’impero erano complementari per orientare e guidare la comunità umana e portare le persone alla realizzazione libera del proprio fine naturale e soprannaturale, rispettoso delle persone ma non individualistico.

L’impero come idea era rimasto un elemento essenziale per la gestione del potere, inteso come ordine della società ispirato alla legge eterna e giustificato non dalla forza ma dalla giustizia. Tale configurazione rendeva legittimo l’uso della forza  per  realizzare il bene comune che teneva insieme il bene della persona e quello della comunità nell’ambito di un ordine stabilito da Dio.

In questa complementarità fra Chiesa e Impero che caratterizzava il Medioevo, la responsabilità della gestione del potere era condivisa. L’impero doveva realizzare l’ordinato progresso sociale dal punto di vista materiale, mentre la Chiesa doveva aiutare a far conseguire il fine trascendente degli uomini. Le due istituzioni erano perciò destinate alla collaborazione e la loro  dialettica, ispirata agli stessi valori cristiani, era basata sulla necessità di facilitare il compito comune attraverso una fattivo concerto che si basava anche sulla reciproca critica quando sorgevano difficoltà. Possiamo ricordare per esempio come l’impero fino ai tempi di Carlo V (1500 – 1558), si preoccupò anche della riforma della Chiesa quando essa risultava necessaria, seguendo una tradizione cominciata con l’imperatore romano Costantino (280-337) che convocò il concilio di Nicea (325) per assicurare l’unità religiosa dell’impero e condannare l’arianesimo.

In queste vicende alcuni Papi furono anche deposti per assicurare questi processi di riforma come avvenne nel caso dello scisma di occidente. Certamente il rapporto fra potere temporale e potere spirituale è un tema complesso che però non può essere sottaciuto ed è necessario per evitare di avere un cristianesimo imbelle e alla fine irrilevante.

Tutto questo è stato sostituito nella modernità dalla nozione di contratto sociale in cui gli individui conferiscono al sovrano un potere che limita la libertà assicurando un potere assoluto che alla fine trova la sua unica ragione nella forza e porta alla creazione di un potere politico immanente che non ha bisogno di una giustificazione trascendente e quindi non ha limiti come espresso nella filosofia di Thomas Hobbes (1588-1679), il teorico dell’assolutismo regio.

Oggi quindi la società è retta da ordinamenti che affermano il loro potere assoluto e auto giustificante che di volta in volta assume come fine ideologie discutibili e talvolta inumane. Nello stesso tempo la Chiesa non ha lo stimolo di un potere politico che pretenda da essa un orientamento libero dalle influenze mondane. Bergoglio ad esempio mostra dei legami ambigui con oligarchie finanziarie che certamente non aiutano a promuovere il bene comune e sono spesso esplicitamente anticristiane come avviene con i Rothschild, i Rockfeller e Soros.  Avremmo bisogno di stati che ricordino alla Chiesa la necessità di una effettiva indipendenza da mondi ambigui e anche perversi. Per ora solo la Russia valorizza la sua eredità cristiana che ispira la sua azione politica.

Su questi temi ha lavorato Attilio Mordini (1923-1966), intellettuale controverso e osteggiato per le sue scelte politiche che lo videro volontario nella Repubblica di Salò e che andrebbe studiato per ritrovare in anche in occidente una armonia fra stato e chiesa come sottolineato spesso da Benedetto XVI nella conferenza di Subbiaco sul tema dell’Europa e la crisi delle culture. 

«Nel dialogo, così necessario, tra laici e cattolici, noi cristiani dobbiamo stare molto attenti a restare fedeli a questa linea di fondo: a vivere una fede che proviene dal logos, dalla ragione creatrice, e che è perciò anche aperta a tutto ciò che è veramente razionale. Ma a questo punto vorrei, nella mia qualità di credente, fare una proposta ai laici. Nell’epoca dell’illuminismo si è tentato di intendere e definire le norme morali essenziali dicendo che esse sarebbero valide etsi Deus non daretur, anche nel caso che Dio non esistesse. Nella contrapposizione delle confessioni e nella crisi incombente dell’immagine di Dio, si tentò di tenere i valori essenziali della morale fuori dalle contraddizioni e di cercare per loro un’evidenza che li rendesse indipendenti dalle molteplici divisioni e incertezze delle varie filosofie e confessioni. Così si vollero assicurare le basi della convivenza e, più in generale, le basi dell’umanità. A quell’epoca sembrò possibile, in quanto le grandi convinzioni di fondo create dal cristianesimo in gran parte resistevano e sembravano innegabili. Ma non è più così. La ricerca di una tale rassicurante certezza, che potesse rimanere incontestata al di là di tutte le differenze, è fallita.»

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