I russi vedono uno spiraglio in fondo al tunnel

di Pietro Licciardi

RUSSIA-UCRAINA, È ORA DI SMETTERLA? L’ANALISI DELLA SITUAZIONE POLITICA E MILITARE CON L’ANALISTA MIRCO CAMPOCHIARI

Con Mirco Campochiari, analista storico militare, che come i lettori ormai sanno segue con molta attenzione e competenza il conflitto russo-ucraino fin dall’inizio, ci aggiorniamo sull’andamento del conflitto, che prosegue sanguinoso, anche se i media ormai ne parlano poco.

Campochiari, l’ultima volta che la nostra testata si è occupata di questa guerra è stato a Dicembre quando scrivemmo che l’offensiva ucraina iniziata in estate si era ormai arenata. Sul piano militare cosa è successo da allora?

«Sul pano militare sono cambiate tante cose, nel senso che l’allora comandante Valerij Zalužny si è reso presto conto del fallimento, per varie ragioni, dell’offensiva e ha cercato di conservare le sue unità migliori mentre le operazioni erano condotte via via da unità sempre minori: dalla brigata, alla compagnia fino al plotone, andando avanti per punzecchiature, senza grandi progressi. Io credo che a un certo punto l’offensiva sia proseguota per motivi politici, tanto che più del 70% dei mezzi dati dagli occidentali non sono stati utilizzati. Al contrario sono state sprecate molte munizioni di artiglieria per conquiste risibili. Soprattutto è cambiata l’iniziativa, che adesso è dei russi, mentre stanno emergendo tutte le criticità del supporto occidentale e degli stessi ucraini: mancanza di uomini, di rotazione dei reparti, di munizionamento».

Ha parlato di iniziativa russa ma a quanto pare anche loro non sembra stiano conquistando gran che. Si sta combattendo ad Adviivka ma non sembra essere un obiettivo strategico.

«Io la chiamo pressione costante. I russi non si sono lanciati in una grande offensiva anche se hanno provato una manovra su Adviivka il 7 Ottobre, approfittando dell’attacco di Hamas, ma subendo molte perdite. Ci sono invece effetti sul morale. Per il russo medio aver tamponato l’offensiva ucraina è stato un sollievo, inoltre c’è adesso la diatriba tra Zelenskyj e Zalužny mentre l’Occidente si mostra titubante e questo sicuramente fa si che i russi vedano uno spiraglio in fondo al tunnel. Non credo però i russi siano in grado di fare manovre offensive tipo quelle che abbiamo visto all’inizio della guerra, in parte per la qualità ormai scadente delle truppe e in parte perché in questa guerra tutti vedono tutto grazie ai droni ed è molto difficile radunare masse di uomini e mezzi per delle offensive».

Anche in seguito al fallimento dell’offensiva cosa è cambiato nella leadership militare ucraina?

«In questo momento Adviivka è in crisi è questo avviene durante il cambio di comando da Zalužny a Oleksandr Syrskyi e il momento non è dei più felici. Syrsky è di stampo sovietico ed è molto aggressivo, utile in caso di offensiva ma non per la difesa, soprattutto quando gli uomini sono pochi e si deve combattere cercando di non sprecarli. E’ famoso per i suoi contrattacchi attorno a Bakhmut ma non gode della stessa stima di Zalužny e il timore è che cerchi di salvare Adviivka con un sanguinoso contrattacco ma se anche riuscisse gli ucraini comunque rimarrebbero in una sacca».

Alla luce di quanto detto finora c’è ancora la possibilità che magari in primavera si possa risolvere la guerra sul campo di battaglia?

«Non credo ci saranno offensive ucraine, anche perché i fondi americani sono assolutamente essenziali e se anche il loro stanziamento avvenisse in questo mese arriverebbero almeno tra quattro mesi e l’Europa non è nel frattempo in grado di supplire a quel 50% di forniture. Dall’altra parte non credo, come dicevo prima, che i russi siano in grado di lanciare chissà quale offensiva. Cercheranno piuttosto di fare pressione su tutto il fronte per raggiungere delle linee utili a mantenere il terreno in caso di un trattato e allontanare gli ucraini dalle repubbliche separatiste. Credo che per il momento l’obiettivo dei russi sia questo».

Quindi consolidare le posizioni?

«Rettificare la linea di contatto su una linea di armistizio che abbia per loro un senso».

Già a Dicembre erano evidenti le difficoltà di Zelenskyj sul piano politico in quanto dopo aver promesso ai connazionali e agli alleati occidentali che avrebbe riconquistato tutto si è ritrovato ad aver riconquistato quasi nulla. Adesso qual è la situazione politica a Kiev?

«Zelenskyj fece un errore di comunicazione. Le offensive si fanno e non si annunciano perché se si pone a priori un obiettivo poi si è giudicati in base al raggiungimento o meno di quell’obiettivo. Dal punto di vista politico c’è maretta, perché il contrasto tra Zelenskyj e Zalužny ha creato un sacco di attriti. I dissapori pare siano cominciati quando ad Aprile 2022 l’ex capo delle forze armate creò una fondazione per raccogliere fondi per l’esercito e la cosa fu interpretata dall’entourage di Zelenskyj come un espediente per coprire velleità politiche; inoltre pubblicava foto di lui con la moglie, come faceva il presidente ucraino. Insomma tutto questo non piacque politicamente e se ricordiamo dopo Bakhmut, Zalužny scomparve dalle televisioni. Poi sono successe altre cose e nel tempo Zelenskyj ha fatto piazza pulita della catena di comando selezionata dall’allora capo delle forze armate. Tra l’altro adesso Zalužny è un sottoposto di Syrskyi invertendo per la seconda volta i ruoli e questo può anche avere creato della ruggine tra i due. Spesso succede. C’è anche un problema per la mobilitazione: Zalužny ad un certo punto ha chiesto più uomini e Zelenskyj ha annunciato l’arruolamento di cinquecentomila coscritti, subito contraddetto dal generale, che fece sapere di non aver chiesto tutti quegli uomini. Abbiamo capito che Zalužny è stato rimosso quando non si è presentato al parlamento ucraino per formalizzare la richiesta di mobilitazione. C’è dunque maretta. Zalužny è molto amato dall’esercito e queste vicende hanno dato molto fastidio alla coesione del Paese in un momento difficile. Forse avrebbero fatto meglio a lavare i loro panni sporchi in un confronto a quattr’occhi».

Ma la leadership di Zelenskyj è ancora salda o c’è la possibilità di un cambio alla guida del Paese?

«Dipende da cosa avverrà adesso. Lui ha scelto di rimuovere il generale più quotato e rispettato anche dagli occidentali scegliendo Syrskyi, a lui più congeniale ma bisogna vedere se questo pagherà e Adviivka rischia di essere una patata bollente. Se la città cade la colpa sarà del nuovo capo militare e di conseguenza di Zelenskyj. La rimozione di Zalužny invece fa ricadere sulle sue spalle il fallimento dell’offensiva facendone un po’ il capro espiatorio, il che ha evitato a Zelenskyj di assumersi le sue responsabilità».

E’ stato chiaro fin dall’inizio che Kiev senza l’aiuto occidentale questa guerra non avrebbe mai potuto sostenerla e tantomeno vincerla, un aiuto che in questo preciso momento sembra quantomai incerto. Un po’ per la mancanza oggettiva di surplus di armi e munizioni da inviare in Ucraina, un po’ perché sembra serpeggiare almeno in certi paesi un certo scetticismo per una guerra di cui non si vede la fine. Inoltre negli Stati Uniti quest’anno ci sono le elezioni. Quali ripercussioni ci saranno sulla guerra?

«Dividerei la questione in fasi. Un conto è il fronte interno americano, in cui Biden non può presentarsi alle elezioni mentre sta perdendo una guerra, e dall’altra parte gli stanno rinfacciando proprio questo. A ciò aggiungiamoci anche la questione del Mar Rosso, altro scenario delicato. Altra cosa è la questione europea con paesi come la Germania, praticamente spinta a intervenire da altri, ad esempio dalla Polonia, che adesso è il “pilota” del supporto all’Ucraina mentre gli altri paesi li considero abbastanza ininfluenti, anche per la quantità di materiali inviati a Kiev. La stessa Francia ha mandato appena un po’ più dell’Italia nonostante le potenzialità belliche. Poi c’è la questione: sarà l’Europa a farsi carico della mancanza americana? Produrre il famoso milione di munizioni è un po’ difficile. La stessa Rheinmentall tedesca nel migliore dei casi solo alla fine del 2024 riuscirà a produrne 600mila l’anno, il che significa il consumo di tre mesi in una offensiva. Non ci sono reali capacità di sostenere l’attuale livello di attrito. Altro problema sono i limiti dell’Ucraina, che non ha capacità economica per distogliere un certo numero di uomini ogni tot mesi per addestrarli alle armi, oltretutto su mezzi occidentali pensati per eserciti professionisti e non per soldati con novanta giorni di addestramento. Pure la mobilitazione annunciata di cinquecentomila uomini è una impresa colossale. Probabilmente Zalužny non è che rifiutasse il mezzo milione ma poneva una questione importantissima: non gli servivano tutte quelle persone che non avevano mai tenuto un fucile in mano; meglio averne centomila ma con un certo grado di addestramento. In questo i russi sono in vantaggio perché hanno un sistema di addestramento che gli consente di sfornare dalle loro trenta accademie ogni tot mesi degli uomini mentre gli ucraini lo fanno praticamente in stato di emergenza».

Gli Ucraini sembra stiano subendo l’iniziativa russa sul fronte terrestre mentre sul mare hanno ottenuto importanti successi. Con i loro barchini teleguidati hanno affondato diverse navi e rinchiuso la marina russa nei porti. Questo che perso può avere sull’andamento generale della guerra?

«Ha un peso sulla campagna strategica missilistica russa perché vi partecipava parte della flotta. Sicuramente questo è lo scenario in cui gli ucraini hanno ottenuto di più. E’ evidente che la flotta del Mar Nero non è più in grado di esercitare un controllo; tanto è vero che il grano continua tranquillamente a passare, nonostante i missili sui porti. I droni sviluppati dagli ucraini stanno facendo scuola; purtroppo anche per altri come abbiamo visto con gli Shahed, adesso utilizzati anche dagli Huti».

Per concludere; noi abbiamo scritto che Kiev ha raggiunto risultati politici di assoluto rilievo, dimostrando a Putin di non essere affatto una sorta di provincia ribelle dell’impero ma una nazione fiera della sua indipendenza e perfettamente in grado di difendersi. Inoltre ha conquistato una notevole rilevanza sul piano internazionale e un credito economico praticamente illimitato. Non crede a questo punto che Zelenskyj volendo combattere a oltranza stia rischiando di trasformare una vittoria politica e morale in una sconfitta? Del resto anche la Russia è stata abbondantemente ridimensionata nelle sue velleità. Non sarebbe il momento di costringere le parti ad una trattativa?

«Io credo questo sia un discorso interno che deve fare l’Ucraina, che si deve chiedere se ha senso per il futuro del paese combattere per altri anni – perché di anni si tratta – dal momento che non ci sono armi risolutive tali da cambiare lo status quo. Anche il peso specifico dei due Paesi è molto diverso. Io non so se Zelenskyj dopo tutto quello che ha firmato e detto può essere l’uomo della pace. Del resto sarà molto difficile che i russi accettino di negoziare adesso che nonostante le difficoltà e i morti possono quantomeno aspirare agli obiettivi minimi. Non dimentichiamo che Putin ha dichiarato l’annessione degli oblast ma tecnicamente non ne controlla nemmeno uno. Forse Lughansk, al 95%. La difficoltà maggiore per Zelenskyj è riuscire a fare accettare al suo Paese una qualche rinuncia in cambio di un futuro migliore garantito dall’ingresso in Europa. Io ho notato che paesi come l’Inghilterra e anche la Germania, in cui il 18 Gennaio si è svolto un grosso meeting, si stanno muovendo con accordi bilaterali per ovviare al fatto che nella situazione attuale l’Ucraina non può entrare nella Nato e nell’Europa. L’unico modo per dare agli ucraini delle garanzie sul dopo è che paese per paese si stipuli un accordo bilaterale sulla sicurezza. Credo che assisteremo ad una cordata di Paesi che stipuleranno accordi con Kiev e quando l’Ucraina riterrà di avere sufficienti garanzie sarà più disposta a trattare. Credo sia questo lo scenario poiché oggettivamente questa guerra in futuro non sarà molto sostenibile e né auspicabile per la stessa Ucraina considerati i danni. E’ anche il miglior risultato che può ottenere considerato che dopo due anni ancora esiste e combatte mentre i russi non hanno stravinto e invaso l’intero Paese; sono ancora lì che combattono per Adviivka. La migliore narrazione che in questo momento si può fare è quella del piccolo Paese che sta combattendo la grande Russia».

Il che poi è la stessa cosa che stanno dicendo i russi: loro che tengono testa alla Nato e a tutto l’Occidente…

«E infatti la loro è una narrazione più intelligente. Un po’ come gli inglesi che nell’ultima guerra tendevano a magnificare Rommel, così da sminuire le loro sconfitte e aumentare il loro prestigio se fossero riusciti a batterlo. Se fossi ucraino sarei molto orgoglioso, considerato da cosa è partito l’esercito di Kiev e io stesso non avrei mai creduto che avrebbe retto. Il fallimento di Putin è il fatto che si è sforzato molto per dire che l’Ucraina non esisteva e invece adesso l’ha creata proprio lui. Poco importa se l’Ucraina perderà qualche regione ma la nazione che uscirà fuori avrà una cognizione di sé mai avuta nel secolo scorso».

Qui l’intervista integrale

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