In Luciani, da seminarista a Pontefice, era forte l’invito all’amore per la Tradizione

di Daniele Trabucco

QUALCHE RIFLESSIONE

Il 26 agosto 1978 veniva eletto al soglio petrino, quale primo successore del Papa Paolo VI, Giovanni Paolo il primo. Il ricordo di questo pontefice é legato al periodo brevissimo del suo pontificato (33 giorni) e alle speculazioni relative alla morte. Eppure, come disse san Giovanni Paolo II, la forza dell’insegnamento di Papa Luciani é stata inversamente proporzionale alla durata del suo regno.

In occasione dell’omelia tenuta sabato 23 settembre 1978 per la presa di possesso della Arcibasilica Lateranense, il Papa del sorriso invitava ad evitare ogni “irregolaritá liturgica”, dopo le “invenzioni creative” del post-concilio, ed a proporre la parola del Signore con “fedeltá sia a Dio, sia agli ascoltatori”.

La prima condizione é il presupposto per non far cadere nell’errore coloro ai quali la Parola é annunziata.

In Luciani seminarista, sacerdote, Vescovo, Patriarca e Sommo Pontefice della Chiesa universale era forte, dunque, l’invito all’amore per la Tradizione.

I dibattiti successivi alla chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965) con le sue nuove costruzioni teologiche e i tentativi di quelli che l’allora teologo tedesco Ratzinger chiamava “l’autoccupazione ecclesiale” vedevano nel Papa agordino uno strenuo avversario e, al contempo, un uomo che scorgeva il bisogno di ritornare ai fondamenti della fede cattolica.

La quattro udienze del mercoledí su umiltá, fede, speranza e caritá sono l’espressione di un “magistero di per sé compiuto”, volto a recuperare le strutture portanti del cattolicesimo romano.

Luciani, nell’Italia uscita dal ’68 e immersa negli anni di piombo, sente il desiderio e il dovere di riaffermare la sana dottrina cattolica non fine a se stessa, ma funzionale al perfezionamento della vita cristiana.

É, pertanto, all’interno di questo contesto che va inserita la “polemica”, durante gli anni del Patriarcato veneziano (1970-1978), con il prof. Zolli sulla Santa Messa in rito tridentino celebrata nella Chiesa di san Simon Piccolo da don Siro Cisillino (1903-1987).

Dal carteggio con mons. Bosa, l’allora Vicario generale della Diocesi, mi pare emerga non tanto un’avversione, quanto una difficile comprensione, propria peraltro di quegli anni, del rapporto tra il nuovo Messale di Papa Paolo VI e quello di san Pio V e di una fedeltá incondizionata al Papa il cui primato petrino veniva messo in discussione dagli epigoni della scuola bolognese (Dossetti in primis).

Se leggiamo con attenzione gli scritti di Albino Luciani, dalle omelie ad “Illustrissimi”, dalla “Catechetica in briciole” ai testi degli angelus domenicali, si ravvisa sempre l’idea di una cultura teologica mai plasmata dalle esigenze della prassi pastorale, ma sempre strumento per correggerne le storture.

Del resto, fino all’ultimo respiro emesso in quella notte tra il 28 ed il 29 settembre 1978, al centro di tutta la sua vita c’era “Cristo e la Sua Chiesa”.

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