La Terra del Tramonto si chiama Europa

di Raffaele Iannuzzi

DECLINO STATUNITENSE E GUERRA IN UCRAINA: È ARRIVATA L’ORA DELLA VERITÀ PER L’OCCIDENTE?

Questa è l’ora della verità per l’Occidente. Il destino sembra colpire la realtà della nostra civiltà. La Germania, più debole che mai, ha creato la parola che richiama al presente: Abenland, Terra del Tramonto. Il filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976) ci aveva già insegnato a tal proposito la lezione più dura: l’Occidente è la Terra del tramonto.

Tramontare con stile e grandezza non è facile. Certo è che la situazione attuale sembra favorire soprattutto il paradosso: gli Stati Uniti sono una ex superpotenza, l’Unione europea è un combinato disposto di procedure burocratiche e fragilità nazionali che, insieme, tracciano il solco del tramonto.

La guerra in Ucraina è una proxy war, ossia una guerra per procura: la Casa Bianca invia interi arsenali militari, l’Ue segue la scia, la mattanza aumenta e il caos rischia di impennarsi in maniera esponenziale.

Da cosa deriva questa debolezza occidentale? Gli Stati Uniti sono una nazione attraversata da una guerra civile strisciante, con giganteschi problemi interni, un’inflazione ai massimi storici e una classe dirigente che somiglia alla gerontocrazia sovietica, uno schiaffo in piena regola al giovanilista sogno americano. Il presidente Sleepy Joe Biden è la figura principale di questa deriva.

L’Europa non ha più una guida, perché la Germania si sta decomponendo, sotto il peso di un conflitto che, ora, nella sua fase più cruenta, ha bisogno del sacrificio di qualche testa eccellente. Il primo candidato è l’ex cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, amico di Vladimir Putin, legato mani e piedi a interessi russi, Gazprom in testa. Il capro espiatorio serve a lavarsi la coscienza, ma non risolve il problema: la Germania è fuori dal grande giro europeo.

La Francia rivede Emmanuel Macron all’Eliseo, ma la sua debolezza politica è oggi più evidente di ieri. La sociologia politica francese si sta esercitando sulla disillusione verso la democrazia da almeno due decenni e, uno studioso come Pierre Rosanvallon rappresenta il caposcuola di questa corrente di pensiero.

Segnali sempre più fragorosi evidenziano che le società europee sono vittime di un ribellismo sociale figlio di un nichilismo diffuso, che rifiuta tanto l’autorità politica quanto i vecchi valori. Un mondo in mezzo al guado che grida alla luna, mentre cerca di imbucarsi in un ufficio per sbarcare il lunario. Benvenuto nella globalizzazione in salsa francese. Non molto diversa da quella italiana, salvo la spocchia dei nostri cugini d’oltralpe.

La Spagna è una comprimaria, che rispetta il ruolo di seconda fila che, a parte la parentesi anni Ottanta, le diatribe indipendentiste catalane e qualche film di Pedro Almovodar, non ha fatto parlare di sé, accodandosi al carro europeo. Anche qui si muove di tutto nella società e antagonismi di vecchia scuola non mancano, l’Europa ha un marchio di fabbrica da rispettare: ribellismo sociale, nichilismo, rifiuto dell’autorità, depressione economica, abbandono della fede cristiana. Dove può andare un continente ridotto così?

Non a caso i media che contano stanno lanciando l’immagine di un’Europa che ha ritrovato unità e marcia compatta, dietro agli Stati Uniti, come un sol corpo di spedizione punitiva occidentale, salvo poi non ammettere di essere in guerra contro Putin, perché, anche in questo caso, come in Russia, la parola “guerra” non si deve pronunciare mai. Il Nemico è uno solo, gli eserciti del Bene hanno la Verità dalla loro parte e la Libertà sta stendendo un manto di fiori per la vittoria prossima ventura. Ma i fatti sono testardi e, alla fine, nonostante la spirale del silenzio, la verità viene a galla.

Mentre questo scenario, che il filosofo francese Jean-François Lyotard (1924- 1998) avrebbe definito in termini di “fine delle grandi narrazioni”, troneggia sulla scena dei quotidiani massacri in Ucraina, lo stato dell’arte è presto detto: le sanzioni, dati storici alla mano, hanno sempre rafforzato chi le subisce, come Sergio Romano ha affermato con dovizia di particolari. Per questo l’Europa se non cambiano le cose subirà un tracollo economico-sociale e l’economia di guerra rischierà di far saltare la ripresa post-Covid. Al tavolo con Putin potranno sedersi, come terze parti, la Turchia e la Cina, con un coro di Paesi di mezzo mondo che con l’Occidente filoamericano non vogliono avere niente a che fare. L’Italia forse pagherà un alto prezzo, perché non ha una classe dirigente all’altezza della situazione, è immersa in una crisi sociale prossima a diventare una polveriera, sfiora i sette milioni di poveri assoluti, natalità sotto zero, apatia e disillusione per la democrazia da parte dei cittadini alle stelle.

La vera questione dell’autodeterminazione non riguarda tanto l’Ucraina, quanto i Paesi dell’Ue, perché esiste anche l’autodeterminazione politica.

Dopo Trump, l’Europa ha coltivato l’illusione di trovarsi di fronte all’America della “nuova frontiera”, in grado di riprendere in mano la leva di una geo-economia a macchia di leopardo, a tutto vantaggio dei più forti e con la Cina in potenziale difficoltà. Oggi, invece, vediamo sul campo un attore antico e nuovo nello stesso tempo, la Cina, che sta alla porta a contare i missili che sibilano nei cieli dell’Ucraina, con il pallottoliere in mano e una partita doppia da reinventare, sapendo che la Russia, alla fine, non sarà più come prima.

Da questo scenario di devastazione postmoderna uscirà probabilmente vincitore un solo blocco geopolitico: l’area asiatica, il nuovo Pacifico trionfante, con la guida cinese e il sostegno di nuovi blocchi ormai colonizzati da questo gigante economico, tra cui un pezzo di Africa (e la Russia qui potrà anche dire la sua).

Solo l’Europa sembra aver già perso e l’Occidente delle origini, che è europeo, ha già realizzato la profezia inscritta nel suo antico nome teutonico: sì, Terra del Tramonto. A noi il compito di sperare, operare e pregare affinché non sia così…

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